25. Pessime scelte (parte 2)

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Il silenzio cala nuovamente nella stanza alla mia affermazione e ora gli occhi di tutti sono davvero puntati su di noi. «Ma fammi il piacere Kalea! Piuttosto che stare qui a fare tanto la coraggiosa e la saputella, perché non vai a succhiare qualche cazzo?» Il mio sguardo si incupisce alle parole di Zack. «Dammi un solo motivo del perché dovrei farti uscire da questa stanza sulle tue gambe.» La cattiveria con cui lo dico sembra incuriosire Aiden che, nonostante il suo braccio ancora tra di noi, ci lascia ucciderci a parole. Quello stronzo mi sta studiando, vuole vedere come reagisco alle provocazioni. «Perché io sono fondamentale per questa gang.» A questo punto il moro accanto a noi sembra intenzionato a prendere parola ma, io poggio la mia mano sulla sua bocca, pronta a rispondere prima di lui. «Ah sì? Eppure mi sembra che tu abbia fallito nell'uccidermi, non era un ordine degli Scorpions farlo? Per lo più hai tentato di uccidermi nel modo più stupido che io conosca. Se non mi fossi graffiata le braccia aggrappandomi all'albero, il primo pensiero di mia sorella non sarebbe stato il suicidio, ma l'omicidio e, a confermare la sua tesi, le sarebbe bastato controllare la mia giacca e trovare le tue impronte digitali e anche quelle di Aiden, dunque avresti messo nei casini anche qualcun altro oltre a te.» Sono a un soffio dal suo viso e la mia voce è carica di presunzione. Spalanca la bocca punto nel vivo. Sento Aiden sorridere leggermente sotto la mia mano, quindi mi affretto a toglierla e a pulire il palmo sulla felpa. Ew, alito di stronzo. Zack continua a rimanere in silenzio non sapendo che dire. «Vedo che ho ragione.» Il tono presuntuoso è dedito a girare il coltello nella ferita che gli ho inferto nell'orgoglio. I suoi nervi sembrano essere meno saldi dei miei e in fretta alza la mano pronto a tirarmi un altro schiaffo, ma Aiden gli afferra il polso con dei riflessi strabilianti. «Non ho detto niente al primo schiaffo solo perché stavo facendo altro, ma sai bene quanto me che, qui dentro, non è tollerata la violenza contro le donne. Potete scannarvi a parole quanto volete, non dico niente, ma alza ancora un dito su di lei, e ti metto fuori, proprio in questo momento, con un badile in mano a scavarti la tua stessa fossa.» I brividi si formano sulle mie braccia, la cattiveria di Aiden è quasi tangibile nell'aria. Zack spalanca gli occhi spaventato e deglutisce rumorosamente. Abbassa la mano e anche lo sguardo, come se si stesse sottomettendo a lui. Gli occhi magnetici di Aiden si puntano su di me e dopo avermi afferrato il polso mi trascina via. «Hey!» protesto mentre mi porta in un'altra stanza e non ne capisco il motivo.

La stanza in questione è una cucina piuttosto spaziosa e moderna, sui toni del nero e del grigio. Mi lascia andare e io incrocio le braccia al petto. «Perché mi hai portata qui?» Rotea gli occhi al cielo. «Perché devi fare sempre così tante domande?» Lo guardo male senza rispondergli. Sospira intuendo che non ho intenzione di demordere. «Avevo bisogno di parlarti, in privato.» spiega poi guardandomi negli occhi. «E se io non volessi parlare con te?» domando ancora infastidita dalla nostra ultima discussione avvenuta settimane fa. «Certo che sei rancorosa come persona.» commenta quasi se stesse riflettendo ad alta voce. «Puoi giurarci!» Sposto alcune ciocche ricce dal volto per non essermi d'intralcio. «Questa cosa potrebbe essere sia positiva che negativa.» Questa volta è il mio turno di roteare gli occhi al cielo. «Aiden, dimmi cosa ti serve e finiamola qui, ho una gran voglia di andarmene da sto posto.» confesso senza vergogna. «Potremmo proprio partire dal perché sei venuta qui.» Il suo sguardo ricerca una risposta e io mi mordo un labbro guardando tutto nella stanza fuorché lui. Non sono certa di volerglielo dire. Tentenno prima di sospirare sconfitta. «Non volevo tornare a casa e non sapevo dove andare.» Gioco con le mie stesse mani per allentare la tensione. «Perché non volevi tornare a casa?» La sua domanda mi mette nuovamente in difficoltà. «Perché non ero dell'umore per farlo.» Taglio corto non volendo fargli sapere troppi fatti miei. «Come sei arrivata qui?» Che razza di domande stupide mi fa? «Volando.» gli rispondo ironicamente. Lo sguardo che mi rivolge mi fa alzare le mani. «Con la macchina, ok?» Mi guarda da sotto le ciglia. «Non sapevo avessi una macchina.» confessa. «La settimana scorsa ho preso la patente e mia sorella mi ha ceduto la sua.» Sollevo le spalle con indifferenza. Aiden spalanca gli occhi come se avesse appena sentito uscire dalla mia bocca che sono arrivata qui cavalcando un unicorno fatato. Si avvicina pericolosamente a me. «Quindi, vorresti dirmi che quando hai guidato la mia macchina non avevi ancora la patente?!» La sua voce si è abbassata di qualche ottava, rendendo il suo tono estremamente basso e minaccioso. Faccio un piccolo sorrisino. «No, non l'avevo ancora.» Continuo a sorridere. «Kalea, non sorridere, non c'è niente di divertente. Avresti potuto sfasciarmi la macchina! Cazzo!» Lo guardo male mettendo il broncio. «Solo perché non avevo la patente non voleva dire che non sapessi guidare.» Offesa dal suo tono torno a incrociare le braccia al petto. «Ma se l'hai appena presa...» Mi guarda dalla testa ai piedi. «...Li hai almeno sedici anni?» Spalanco gli occhi non aspettandomi una domanda del genere da parte sua. «Ne ho diciotto, Aiden.» Lo guardo come a dire "ma che cazzo? Sei cieco? Ti sembra che ho sedici anni?". Tira un sospiro di sollievo e io non comprendo il perché di tale reazione. «Allora perché l'hai presa così tardi?» Ma fa sul serio? Cosa gli importa? «In Colombia l'età per prendere la patente sono i diciotto anni, essendomi trasferita qui meno di un anno fa, non avevo ancora l'età giusta per farla e in più mia sorella non aveva abbastanza soldi per farmela fare qui a New York.» Sollevo le spalle con tranquillità. Mi guarda attentamente, senza dire nulla. Sbuffo. «Mi volevi parlare solo di questo?» domando annoiata. Nega con il capo e da non so dove tira fuori una canna già pronta, e dopo essersi seduto sull'isola della cucina, se l'accende. Con la mano mi indica di sedermi accanto a lui. Con riluttanza lo faccio, ma tenendomi a debita distanza. Sbuffa fuori una nuvola di fumo piuttosto biancastra e compatta per poi voltarsi nella mia direzione. Mi guarda in un modo che mi fa stringere lo stomaco. Mai nessuno mi aveva guardata così. Perché il suo sguardo mi manda così in confusione? «Sai, sei veramente complicata. Sei l'unica persona che non riesco a decifrare.» Mi volto di scatto verso di lui. Perché me lo sta dicendo? «L'unica cosa certa che so è che probabilmente ti starai chiedendo come mai le persone mi temono tanto qua dentro.» Mi limito ad annuire, sapendo che ha perfettamente ragione, ma troppo orgogliosa per ammetterlo ad alta voce. «Vedi, sono io che tengo all'in piedi tutto questo.» Lo guardo non capendo a pieno. «Mi spiego meglio: io sono la faccia di questo clan, la mente che organizza i piani e il braccio che fa sì che le cose vengano fatte come dico io.» confessa analizzando la mia reazione. Incuriosita mi avvicino a lui di poco. «Sento che c'è un "ma".» Spalanca gli occhi non aspettandoselo. Fa un altro tiro buttando fuori l'aria prima di rispondermi. «In effetti c'è un "ma". Io sì, sono il capo, ma gli ordini più importanti devono prima essere approvati da MC.» «Chi è MC?» domando di scatto. «Nessuno lo sa, gira sempre completamente incappucciato e con una maschera a coprirgli il volto, anche la sua voce è modificata.» Mi spiega con tranquillità. Annuisco avendo compreso e non avendo nessuna domanda per la mente. «Almeno il clan ha una bella faccia come rappresentante.» Solo quando mi rendo conto di averlo detto ad alta voce spalanco gli occhi. Le mie guance si tingono di rosso mentre Aiden ridacchia leggermente facendo altri tiri. «Lo prenderò come un complimento.» Lo guardo male con la coda dell'occhio. «Non montarti la testa, narcisista.» borbotto nel tentativo di sminuire le mie parole. «Come se fossi la prima a dirlo.» La sua nonchalance quasi mi infastidisce. «Non sei così bello, mi sembra strano che te lo dicano in tante.» Guardo il mobile di fronte a me. «Ma non hai appena detto che ho una bella faccia?» domanda ridendo sotto i baffi. «Le persone possono cambiare idea.» Mi giustifico in un modo piuttosto infantile. Mi guarda continuando a fumare, come se non volesse staccare il contatto visivo con i miei occhi. «Hai fatto in fretta però.» Si prende beffa di me senza che un sorrisino lasci mai le sue labbra. Scrollo le spalle come se la cosa non mi toccasse.

Passano alcuni minuti in cui rimaniamo in silenzio mentre lui continua a fumare con calma. Fa l'ultimo tiro e poggiando la testa contro il muro alle sue spalle butta fuori il fumo. Involontariamente mi fisso a osservare il suo profilo; il naso dalla linea dritta, la mascella non troppo squadrata ma abbastanza definita, il collo tatuato e teso con in risalto il pomo d'Adamo. «Non che non mi faccia piacere, ma è inquietante sentirmi fissato come se stessi cercando di spogliarmi con gli occhi.» Non si gira neanche nella mia direzione e io arrossisco colta con le mani nel sacco. Gli colpisco il braccio con uno schiaffo leggero. «Non ti stavo spogliando con gli occhi!» gli rispondo con tono piccato. Mi rivolge un sorrisino, inclinando appena il capo nella mia direzione. «Oh sì, lo stavi facendo proprio per bene. A quale indumento sei arrivata?» continua a prendersi gioco di me. Inizio a picchiarlo scherzosamente. «Smettila! Non è vero.» Metto su un piccolo broncio. Mi afferra le guance con due dita e leggermente le fa molleggiare, facendo così arricciare le mie labbra. «Guarda che broncio. Ti ho proprio colta in flagrante, eh?» Si beffeggia ancora di me sapendo che in questo momento se lo può permettere perché glielo sto lasciando fare. Mi libero dalla sua presa sulle mie guance e gli faccio una linguaccia. «Continuo a dire che ti sbagli. Sei troppo brutto per attirare la mia attenzione.» Scuoto la testa a occhi chiusi sorridendo.

Non capisco come, ma improvvisamente mi ritrovo stesa del tutto sull'isola della cucina, Aiden è sopra di me, con una mano poggiata accanto alla mia testa si tiene alzato e con l'altra tiene sollevata una mia gamba sul suo fianco. Le mie guance avvampano all'stante, incendiate dall'estrema vicinanza fra i nostri corpi. «Se sono così brutto come dici, perché allora sei arrossita tanto?» Mi provoca guardandomi dritto negli occhi. Mi lecco le labbra imbarazzata e il suo sguardo ricade esattamente lì. «Ti stai sbagliando, ancora. Non sono arrossita a causa tua, è solo colpa del caldo che c'è in questa stanza.» Mi giustifico appiattendomi contro il granito più che riesco, in modo tale da aumentare la distanza fra di noi. Inizia a muovere leggermente la mano sulla mia gamba, facendo su e giù nella parte esterna. «Il caldo...» Deglutisco a fatica mentre sento il fiato mancarmi per l'intensità del momento e le sue parole, pronunciate con quel tono tanto basso e provocatorio, non aiutano. Mi guarda intensamente negli occhi e io non posso fare a meno di notare quando sia bello il contrasto tra il celeste della sua iride e il bianco arrossato nel resto della cornea. Una voce tranquilla e femminile, proveniente dall'altra stanza, lo fa staccare immediatamente da me, e con agilità scende dall'isola. Mi metto seduta sistemando la felpa e poggiando le mani sulle guance arrossate e calde.

La ragazza che nell'altra stanza era sulle sue gambe si affaccia sulla porta mentre Aiden le va incontro. «Eccoti finalmente.» Mi rivolge un piccolo sguardo sorpreso che in fretta si trasforma in uno truce. «Cosa ci facevi con lei?» gli domanda con tono infastidito. Aiden mi rivolge uno sguardo freddo, diverso da quello di poco fa carico di calore e fiamme. «La stavo semplicemente rimettendo al suo posto, sai che non mi piacciono i colpi di testa.» La ragazza gli sorride soddisfatta e lancia a me uno sguardo di sfida. Io sono sconvolta. La rossa esce dalla porta ancheggiando sensualmente, e nel mentre che Aiden le tira sfacciatamente uno schiaffo sul sedere, sempre quest'ultimo si volta nella mia direzione e mi rivolge un occhiolino.

Rimango seduta sulla penisola fissando un punto indefinito del pavimento. Alcune ciocche scure mi ricadono di fronte al viso ma non faccio nulla per spostarle. Madre de Dìos!. Diamine che frustrazione! Tempo fa non mi sarei mai lasciata convincere così facilmente, gli avrei come minimo fatto sudare sette camicie. Ha giocato a fare il peccaminoso con la peccatrice peggiore di tutte. Aiden non sai chi hai deciso di provocare. 

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