59. Il ballo (parte 2)

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Le mani tremano e sudano a causa del nervosismo. Stringo le palpebre per non sforzarmi di continuare a osservare il mio riflesso nello specchio. «Mi spieghi che ti succede adesso? Eri così entusiasta di questo vestito, non capisco cosa sia cambiato.» Eris tenta di farmi aprire con lei, io però testarda continuo a rimanere con le labbra sigillate per la paura. Le mani di Eris si posano sulle mie spalle prima d'iniziare a scrollarmi con forza. «Kalea non chiuderti in te stessa!» Quasi mi urla contro per destarmi dal mio stato di trance. «Eris, non ce la faccio. Io non ce la faccio.» Lascio che le mie mani mi coprano il viso per sforzarmi di non scoppiare in lacrime. «Non ce la fai a fare cosa?» Alla sua domanda mi sento esplodere di colpo; con le mani afferro il tessuto morbido della gonna e, con gli occhi arrossati per le lacrime che sto trattenendo, la guardo negli occhi. «Non riesco ad andare in giro vestita in questo modo! Non posso permettere che le persone vedano la mia pancia, la larghezza dei miei fianchi, la misura sproporzionata delle mie gambe. Non posso.» La ragazza dai capelli bianchi sospira prima di passarsi le mani sulle braccia. «Solo perché non sei magra come le altre ragazze, non vuol dire che la tua bellezza sia sottovalutata, anzi. Vuoi sapere una cosa? Se indossassi io quel vestito, non ci starei affatto bene, con tutto che sono più magra di te, e sai perché?» Alla sua domanda le faccio segno di no con il capo. «Perché per quanto io possa avere dei chili in meno, non potrò mai avere la tua eleganza, il tuo carisma, la tua sensualità. Quando io agito i fianchi, sembro mia madre che tenta d'imparare i passi di zumba; tu invece hai il ritmo e il movimento nel sangue, cosa che ti fa sembrare una dea.» Nonostante le sue parole incoraggianti, non posso fare a meno di osservare le mie gambe che sporgono dalle spaccature laterali del vestito.

L'espressione di disgusto sul mio volto sembra far capire a Eris quanto le sue parole non abbiano avuto l'effetto desiderato. La ragazza al mio fianco fa un respiro profondo prima di avvicinarsi a me di un passo. «Non c'è un singolo uomo nel clan che non ti abbia desiderata almeno una volta, Aiden compreso.» Scuoto il capo in segno di dissenso. «Eris, io non voglio essere desiderata dagli uomini, io voglio essere rispettata.» I suoi occhi azzurri si fissano nei miei. «Allora non abbassare la testa proprio adesso, hai una corona da non lasciar cadere.» La mia espressione si fa leggermente confusa. «Una corona?» domando appena in un sussurro. «Tu Kalea non lo vedi, ma hai così tanto potenziale, che se solo tu volessi, saresti la regina di New York.» Resto spiazzata di fronte alle sue parole tanto sincere. «Lo pensi davvero?» Gli occhi della ragazza si fanno di colpo più comprensivi. «Se solo credessi un po' più in te stessa, ora non mi domanderesti questo.» Per quanto io cerchi di non darlo a vedere, non posso fare a meno di essere completamente spiazzata dalle sue parole. «Eris, io non sono nessuno. Sono una semplice ragazza venuta dal nulla, già tutto questo per me è assurdo. Come puoi essere tanto convinta delle tue parole?» Lei si limita a sorridermi, ma senza aggiungere altro.

Afferro dalla scrivania la maschera interamente fatta in pizzo rosso che dovrei indossare; con delicatezza ne accarezzo i bordi con i polpastrelli. Faccio un respiro profondo prima di posizionarmi nuovamente di fronte allo specchio, afferrando poi i lembi laterali in stoffa della maschera e allacciandoli successivamente sul retro della mia nuca. Il rosso del pizzo fa risaltare ancora di più i miei intensi occhi verdi.

Il rumore di un clacson fa voltare sia me che Eris l'una verso l'altra. Con curiosità mi muovo a passo svelto lungo il corridoio, raggiungendo poi la finestra in salotto, da cui poi mi affaccio dopo aver spostato leggermente la tenda per non farmi notare dall'esterno. I miei occhi si spalancano quando mi rendo conto di cosa abbia appena prodotto quel suono. Eris mi fa segno di spostarmi per permetterle di fare la mia stessa cosa e, quando anche lei lo nota, emette un fischio leggero dalla bocca. «Questa si che è roba pesante.» commenta osservando con occhi curiosi la limousine bianca parcheggiata sul mio vialetto di casa. Deglutisco rumorosamente. «Non sono sicura di volerci andare.» confesso leggermente intimorita da quella che è la portata dell'evento.

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