55. Lacrime e malizia

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Restiamo in silenzio per un po', lo stereo dell'auto spento per non rovinare la nostra quiete. Sospiro prima di voltarmi con il busto verso di lui. «Non ce la faccio a stare zitta.» pronuncio con convinzione. Solleva un sopracciglio senza nemmeno sforzarsi di puntare i suoi occhi su di me. «Strano.» commenta facendo di nuovo ricadere il silenzio fra noi due. Mi mordo l'interno guancia, indecisa se dirglielo tutto d'impulso o rifletterci un attimo sopra. Aggrotto la fronte in un'espressione leggermente accigliata. «Io non ti capisco.» confesso appoggiando nuovamente la schiena allo schienale del sedile. Aiden mi osserva distrattamente con la coda dell'occhio. «Non vedo perché dovresti anche solo provarci.» Le mie labbra si schiudono per lo stupore della sua risposta. Mi passo le mani sul viso prima di lasciarle ricadere sulle gambe con pesantezza. «Hai ragione, non dovrei.» Rimane in silenzio, nonostante io possa notare dal modo in cui stringe il volante di essere rimasto sorpreso dal mio aver ammesso che ha ragione. «Ma ciò non vuol dire che smetterò di farlo.» Sospira con ironia. «Perché devi sempre essere così testarda su ogni cosa?» Stringo le labbra in una smorfia. «Non sono testarda su tutto.» I suoi occhi si posano finalmente su di me. «Vorresti dirmi che permetti alle persone di avere l'ultima parola in una conversazione con te?» Sollevo un angolo della bocca in un accenno di sorriso. «Ora chiedi troppo.» Aiden rotea gli occhi al cielo in risposta.

Dopo ulteriori attimi di silenzio, decido finalmente di dirgli ciò a cui stavo pensando per tutto questo tempo. «Perché?» Alla mia domanda si volta con lentezza nella mia direzione. «Perché sono così figo? Questo non te lo so dire.» A sto giro è il mio turno di roteare gli occhi al cielo. «No, cabron. Perché prima hai agito in quel modo?» Si limita a scrollare le spalle, senza pronunciare parola. «Voglio una risposta seria, non un'alzata di spalle.» Aiden inizia a tamburellare le dita sul volante. «Voglio, voglio, voglio. Quante cose vogliamo nella vita, ma come mi disse una persona: "non sempre possiamo ottenere tutto ciò che desideriamo".» Comprendo a chi si sta riferendo e decido di stare al suo gioco. «Una persona molto saggia, c'è da ammetterlo.» Solleva nuovamente le spalle. «Ho visto fare di meglio.» «Ho visto di meglio.» pronuncio piccata con l'intento di infastidirlo a mia volta, voltandomi di scatto verso il finestrino.

Fuori inizia a piovere e in modo silenzioso le gocce di pioggia iniziano a ricadere sui finestrini della macchina. Fisso con tranquillità il percorso da loro svolto lungo tutto il vetro. La vita è fatta di curve, rampe e dirupi perché, se fosse stata una linea retta, sarebbe stata troppo breve per essere goduta a pieno. «L'ho fatto perché volevo farlo.» Rido con ironia senza nemmeno voltarmi verso di lui. «Certo, mi ero dimenticata che tu fai le cose solo perché hai voglia di farle.» Vorrei tanto credere alle parole di Savannah, ma quando sono con lui è come se riuscisse a distruggere tutti quei pensieri carini che sono riuscita a farmi sulla sua persona. «Cosa ti aspettavi di sentire da me?» domanda sospirando, come se non avesse nemmeno più voglia di parlarne. «Il vero motivo nascosto dietro le tue azioni.» Una risata amara lascia le sue labbra, portandomi così a voltare il volto nella sua direzione. «Ora perché ridi?» domando leggermente stizzita dai suoi modi. «Cosa credevi? Che ti giurassi amore eterno dopo averti difesa?! Questo si chiama essere patetici.» Le sue parole mi feriscono, ma zittire il mio orgoglio ferito è ancor peggio. «No, questo si chiama farsi dare lezioni di vita da qualcuno che non sa nemmeno cosa sia l'amore.» Aiden mi osserva con i suoi magnetici occhi azzurri, assicurandosi di farmi notare il suo atteggiamento di superiorità. «Non conosci niente di me.» pronuncia come se avessi tentato di avvelenarlo. «Non lo nego, ma se c'è una cosa che so, è che se fossi stata al tuo posto, non avrei mai permesso a Julia di andare a quella missione.» I suoi occhi scattano immediatamente su di me. «Visto che fai tanto la saputella, dimmi tu perché avrei deciso di mandarla.» Nego con il capo. «Non ho detto che so perché tu l'abbia fatto, ti ho detto ciò che avrei fatto io al tuo posto, sono due cose completamente diverse.» Lo osservo con ovvietà, mentre le sue narici si dilatano leggermente per il fastidio.

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