58. Il ballo (parte 1)

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Mi piego sulle ginocchia con il fiatone, il cuore che mi martella nelle orecchie. «Muovi il culo, pigrona!» L'urlo "d'incitamento" di Eris mi fa digrignare i denti in una smorfia esausta. «Mi spieghi che senso ha tutto questo?» domando indicando i vari attrezzi posti nella palestra nel mentre che tento di riprendere fiato. Sto sudando in posti in cui non credevo fosse possibile sudare. «Non ti manderò al macello senza nemmeno aiutarti prima a difenderti.» Posiziona le mani sui fianchi, osservandomi dall'alto della sua postura rigida e per niente esausta. «Eris, so difendermi da sola e di certo non mi insegnerai a combattere nel giro di qualche giorno.» Posiziono una mano all'altezza della milza per placare una fitta causata dallo sforzo. «Credo sia proprio questo il problema.» mormora prima di lasciarsi ricadere sul materassino alle sue spalle. Mi siedo sul pavimento a gambe incrociate per permettermi alcuni minuti di pausa. «Possiamo smetterla con questa pagliacciata allora?» Non faccio in tempo a finire di pronunciare la mia domanda che la sua gamba si muove nella mia direzione per tirarmi un calcio. Rotolo sul fianco riuscendo a schivare il colpo. Sollevo i miei occhi su di lei con espressione truce. «Credevo fosse una pausa.» mormoro sollevandomi di scatto da terra. «Quando qualcuno ti vuole uccidere, l'ultima cosa che fa è aspettare che tu ti rimetta impiedi. O reagisci. O muori. Non hai altre opzioni.» Pronuncia pronta ad assestarmi un pugno sullo zigomo. Afferro il suo braccio, bloccando così il colpo che era pronta a infliggermi e, con agilità, le scivolo dietro le spalle per spingerla dalla schiena e tentare di farla cadere a terra.

Eris ritrova immediatamente l'equilibrio e così punta i suoi occhi su di me. «Smettila di combattere come se avessi due molluschi al posto delle braccia!» Mi urla contro nella speranza di provocare in me qualche reazione. «Eris non voglio farti male.» Cerco di limitarmi a schivare i suoi colpi per non essere costretta a contraccambiare. «Hai detto che sai difenderti? Bene, allora dimostralo!» Mi mordo l'interno guancia per evitare d'insultarla almeno un centinaio di volte in spagnolo. Non riesce proprio a capire che non voglio farle male. Di certo non posso nemmeno dirle che se mai dovessi perdere il controllo, rischierei di sfregiarle la faccia o spaccarle qualche osso.

Tento di distendere le mani per far scivolar via la tensione che mi sento dentro. «Secondo me la tua è tutta scena.» Continua a provocarmi Eris, sempre nella speranza di riuscire a ottenere una reazione da parte mia. Scuoto il capo mentre la osservo saltellare in giro per distrarmi. «Non otterrai nulla con le provocazioni, conosco alla perfezione questi trucchetti.» mormoro senza però abbassare la guardia. «Non è una provocazione, credo davvero che tu sia un'incapace.» La guardo con uno sguardo che sembra dire: "ma sul serio?". Lei si limita ad annuire. «Oh be', allora grazie. Pensavo riponessi un po' più di fiducia in me.» confesso con stizza, lasciando la mia postazione per voltarmi ad afferrare la borraccia ricolma d'acqua posta sulla panca.

Non riesco a fare nemmeno un sorso che il braccio di Eris mi stringe la gola da dietro in una presa ferrea. «Mai voltare le spalle; che si tratti del tuo nemico o di un tuo amico, entrambi fanno male quando pugnalano alle spalle.» Un sorrisino si dipinge sul mio viso. «Non bisognerebbe mai nemmeno sottovalutare il proprio avversario.»

Con un movimento fluido della spalla applico la giusta pressione sul suo corpo, nel giro di mezzo secondo si trova distesa a faccia in su sul pavimento di fronte a me. Questa volta è il mio turno di osservarla dall'alto. «Magari i miei bicipiti non sono i più sviluppati del mondo, ma penso che il mio punto di forza sia un altro.» confesso con ironia. La ragazza dai corti capelli bianchi sbuffa. «L'essere imprevedibile, è questa la tua più grande qualità.» ammette ad alta voce.

Sorrido pronta a ringraziarla per il complimento, ma la sua gamba si muove fino a colpire la parte posteriore delle mie ginocchia, facendo così in modo di piegarmi in avanti e finire a quattro zampe sul pavimento. «Stronza mangia noccioline.» borbotto soffiando una ciocca di capelli per allontanarla dal mio viso.

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