Terminato l'orario di lezione mi affretto a tornare a casa. Parcheggio malamente la macchina nel vialetto e corro in direzione dell'ingresso.
Salgo di fretta le poche scale del piccolo portico e infilo le chiavi nella serratura, aprendola.
Entro in cucina come un uragano e mia sorella mi guarda spiazzata dal mio ingresso. Anche gli occhi di Cage sono su di me. «Ma è sempre qui?!» domando di colpo senza nemmeno pensare a ciò che dico. Sophia, in evidente imbarazzo, mi rivolge uno sguardo truce. «Kalea! Pensavo avessi imparato ad avere un filtro cervello-bocca! Chiedigli scusa!» In risposta sollevo entrambe le sopracciglia. «Io cosa?» Cage decide d'intervenire. «Cucciola, non è necessario, non mi ha offeso.» Lo guardo schifata per il modo in cui ha chiamato mia sorella. Lo indico con una mano rivolgendo un sorrisetto alla mora. «Visto? L'ha detto anche lui, non è necessario.» Sophia emette un sospiro rumoroso continuando a guardarmi male.
Mi siedo al mio solito posto e tiro fuori dalla tasca la cassetta, facendola strisciare sul tavolo la porgo alla donna seduta al mio fianco. «Ho bisogno che tu mi faccia un favore enorme.» Le si blocca la forchetta con il boccone di pollo a mezz'aria. «Cos'è?» Mi domanda ora con sguardo molto più serio. Mi mordo l'interno guancia pensando a cosa dirle; infine sospiro e decido di raccontarle semplicemente la verità. «Nella cassetta è presente il video di sorveglianza di una telecamera della palestra della scuola.» La sua espressione si fa ancora più seria e Cage sembra improvvisamente interessato alla conversazione. «Io cosa dovrei farci?» Prendo coraggio stringendo le unghie nella pelle gamba. «Nel video c'è il mio professore di educazione fisica che si masturba sulle foto di alcune studentesse.» Cage per poco non si affoga con il pollo e in fretta afferra il bicchiere d'acqua per poter bere e mandare giù il boccone. La forchetta di mia sorella ricade nel piatto producendo un suono piuttosto acuto e fastidioso. «Mi spieghi perché tu avresti una cassetta del genere?» Il suo sguardo indagatore mi fa capire che è entrata in modalità poliziotta, dunque non demorderà finché non le dirò la verità. «Ho conosciuto una ragazza, da poco è uscita dal riformatorio.» Sophia mi interrompe parlandomi sopra. «Perché frequenti persone del genere?!» Mi mordo il labbro per non commentare infastidita la sua interruzione tanto superficiale. Se sapesse che altre persone frequento in realtà, per non parlare che una di queste è proprio seduta accanto a lei e le sta tenendo la mano sotto il tavolo. «Prima lasciami finire di parlare.» Annuisce facendosi indietro con il busto. «Non è che io la frequenti, ma durante l'ora di attività sportiva il professor Flitch mi ha presa di mira, facendo anche un commento piuttosto razzista. Questa ragazza si è messa in mezzo per difendermi e dopo ciò abbiamo finito per parlare di quanto successo e di come fosse finita in riformatorio. Il figlio del professore la prendeva in giro e dopo aver passato sei mesi in riformatorio, voleva fare giustizia, ma la polizia non le ha creduto, pensando che fosse solo una vendetta da parte sua. Ti sto chiedendo questo favore perché voglio fare la cosa giusta, ora che hai il potere di farlo. Per favore.» La guardo supplicante. Mi guarda per alcuni secondi prima di abbassare il capo. Comprendo che non ha intenzione di aiutarmi e così mi alzo di scatto dalla sedia sbattendo le mani sul tavolo. «Come puoi non aiutarmi?! Quando è successa quella cosa a me hai detto che non potevi aiutarmi perché essendo negli Stati Uniti non avevi alcun potere sulla giurisdizione colombiana e ora, ora che hai la possibilità e il potere di fare qualcosa, ti tiri indietro?!» La mia rabbia e la mia delusione sono palpabili nell'aria. Sophia tenta di afferrarmi una mano con le sue ma mi ritraggo come se mi fossi scottata al suo tocco. Punta i suoi occhi nei miei con tristezza. «Hermanita, vorrei con tutto il cuore poter fare qualcosa, ma tu non potresti nemmeno avere quella cassetta! Non sei un'addetta alla sicurezza e nemmeno un'investigatrice, non posso accettarla come prova veritiera.» Con gli occhi mi chiede scusa ma io sono troppo delusa per perdonarla.
Riafferro il piccolo oggetto di plastica e lo rimetto velocemente in tasca. Afferro il mio zaino poggiato sul pavimento e recupero le chiavi della macchina. «Non aspettarmi per cena.» pronuncio con voce impassibile chiudendomi la porta alle spalle con un tonfo secco.
STAI LEGGENDO
Need to love
RomanceESTRATTO DEL CAPITOLO 12: "Diversi brividi percorrono il mio corpo quando il suo respiro caldo si scontra con la pelle sensibile del mio collo. «Ho ucciso per molto meno di un soprannome.» Il tono è caldo, basso ma minaccioso. Perché tutto questo mi...