10. Inaspettato (parte 2)

4.6K 158 4
                                    

Mamma mia che mal di testa, mi sento così intorpidita che ho come l'impressione che mi sia passato sopra uno zoo intero. A fatica apro gli occhi e, quando vedo tutto bianco mi spavento. Ma dove mi trovo? Batto più volte le palpebre riconoscendo che sono in una stanza d'ospedale. Tutto ciò che è successo mi torna in mente in modo violento. Una fitta alla testa mi porta ad alzare la mano e un lamento di dolore lascia le mie labbra. Guardo in basso accorgendomi dell'ago infilato nel mio braccio; mi ritrovo a spalancare gli occhi mentre sbianco alla sua vista. «Agofobica?» Una voce proveniente dalla finestra mi fa sobbalzare. Comodamente seduto sul ripiano della finestra c'è Aiden, con una gamba a penzoloni fuori e una vicino al petto, mentre mi osserva con quei suoi occhi magnetici, ora ancora più splendenti alla luce del sole. Mi irrigidisco e rimango a bocca aperta. Cosa diavolo è venuto a fare qui? «Attenta che entrano le mosche.» Mi prende in giro con evidente divertimento. «Tu cosa ci fai qui?» domando tra un colpo di tosse e l'altro a causa della gola secca. Non molto distante sul comodino mi accorgo di una bottiglietta d'acqua e velocemente mi affretto a recuperarla, iniziando a sorseggiare la bevanda con avidità. «Osservo il compito in cui Zack ha fallito.» Mi guarda negli occhi con strafottenza, portandosi alle labbra una sigaretta per poi accenderla e fare già qualche tiro. Per poco non sputo l'acqua con rabbia. Avevo i miei dubbi, ma ora ne ho letteralmente la certezza! Non me l'aspettavo da Zack, ma Aiden è letteralmente uno stronzo. «Forse sono più dura a morire di quanto tu creda.» Il mio tono è freddo e tagliente. «Hai intenzione di finire quello che lui non è riuscito a concludere?» domando con sguardo completamente indifferente. «Come già ti ho detto una volta, anche se fosse non te lo direi. I tuoi occhi sono cambiati, ora iniziano forse anche a piacermi.» Fa un tiro dalla sigaretta con un sorriso malizioso stampato in volto. «Staremo a vedere se sarai anche capace di sopravvivere a tutto il resto.» Mi sfida con la voce e con lo sguardo prima di saltare giù dalla finestra. Spalanco gli occhi e di corsa vado ad affacciarmi alla finestra. Lo sento ridere mentre cammina sul cornicione del piano di sotto, per poi fare un balzo e atterrare sul balcone del primo piano e successivamente arrampicarsi sull'albero lì vicino e scendere fino al vialetto. Guarda verso l'alto e con presunzione mi fa una sorta di saluto militare a due dita, solo in modo molto più sciolto. Lui mi ride in faccia e io ho anche l'indecenza di preoccuparmi per lui, Dio, Kalea, riprenditi che evidentemente la botta è stata troppo forte. «Kalea...» Una voce tremante mi fa voltare verso il lettino su cui ero sdraiata prima e la faccia sconvolta di mia sorella mi lascia intuire quanto questa situazione sia fraintendibile. Sono davanti a una finestra, con le braccia fasciate fino ai gomiti e, con nel braccio sinistro un rivolo di sangue che scorre fuori dalla ferita lasciata dall'ago che ho finito per strapparmi via quando mi sono alzata. «I-Io...» sussurro torturandomi il labbro con i denti non sapendo che dire. «Mi dici perché l'hai fatto?» domanda con sguardo colmo di lacrime e la voce rotta dal pianto; i suoi occhi sono rossi e gonfi come se avesse pianto per ore e, a quella vista, sento il mio cuore stringersi nel petto con sofferenza e un forte magone di tristezza attanagliarmi lo stomaco e la gola. Dio, starà pensando che ho tentato di suicidarmi visti i graffi sulle braccia, non posso permettere che creda davvero a queste cose, non voglio che pensi affatto che in qualche modo possa essere colpa sua. Non posso nemmeno dirle la verità però. Sono combattuta, ma decido di prendere un respiro profondo e avvicinarmi a lei afferrandole le mani. «Per favore, fidati delle mie parole, so quello che sembra, ma ti giuro che non è quello a cui stai pensando.» Il suo sguardo ferito sembra non credermi e per non stancarmi troppo la conduco con me sul letto per sederci e parlare. «Ti posso giurare con tutto il cuore che non è quello che sembra, però ora voglio raccontarti ciò che è successo realmente. Spero che tu possa sinceramente credere alle mie parole, tanto lo sai anche tu che non avrei nessun motivo per mentire.» Deglutisco sapendo tra me e me che in realtà, in parte, le mie parole saranno una grande, anzi, grandissima bugia. Annuisce facendomi così segno di proseguire con il discorso. «Durante la notte sono uscita a fare un giro, avevo bisogno di schiarirmi le idee, non riuscivo a dormire e il pensiero del trasferimento non smetteva di assillarmi. Tutto ciò a cui riuscivo a pensare era a come sarebbe cambiata la mai vita una volta cambiata zona. Avrei avuto paura anche a camminare di giorno? Avrei dovuto iniziare a girare con qualcosa per difendermi? Mille domande mi stavano assillando in quel momento, dunque ho provato il disperato tentativo di fare una passeggiata e respirare un po' di aria fresca. Nell'isolato ho notato la casa abbandonata e irrazionalmente ho deciso di entrarci e andare sul tetto per osservare il panorama. Non mi sono accorta di essere troppo vicina al bordo e mettendo male il piede sono inciampata e così sono caduta giù. Cadendo mi sono accorta dell'albero che era lì attaccato e ho cercato di aggrapparmi per fermare la mia corsa, in questo modo ho finito per graffiarmi le braccia ma negli ultimi pochi metri non ho resistito e sono finita per cadere del tutto. Da quel momento puoi immaginare che non so più cosa sia successo, ma deduco che qualcuno mi abbia notata visto che sono qui e ancora viva per giunta.» Le braccia di mia sorella mi stringono forte a lei e quasi soffoco in quella stretta tanto forte. «Pensavo seriamente che fosse successo qualcosa a scuola di cui non mi hai parlato e che per questo avessi deciso di farla finita.» confessa facendo un respiro sollevato. Le rivolgo un piccolo sorriso consapevole che però non ha ancora finito di parlare. «Ovviamente, come già puoi intuire da sola, sei in punizione: non potrai più uscire di casa se non per andare a scuola e basta. La punizione durerà fino a che non ci saremo trasferite, dunque tre settimane buone. Se fosse per lo spavento che mi hai fatto prendere, dovrei metterti in punizione per tutta la vita. Certe volte mi chiedo cosa ti dica la testa! Come ti è saltato in mente di uscire di notte e per lo più di andare in un palazzo disabitato! Alcune volte mi chiedo se tu sia davvero mia sorella, visto quanto incosciente sei in confronto a me.» La sua ramanzina continua ancora per un po' e io me la sorbisco tutta, consapevole che tutto ciò che è successo, la sua preoccupazione e il mio farmi male è solo colpa mia. Zack, quel ragazzo deve solo sperare di non incontrarmi mai più per strada, perché se una volta che avrò la patente lo vedrò in giro, lo tirerò sotto senza un briciolo di esitazione. Deve trovarsi un buon nascondiglio, sono veramente tanto incazzata. Un cellulare suona e Sophia mi rivolge uno sguardo preoccupato. «Che succede adesso?» domando con un cipiglio in fronte per la confusione. «Dalla preoccupazione ho finito per dirlo alla mamma. Sono due giorni che chiama ogni ora nella speranza che tu sia sveglia per poterti parlare.» Mi spiega Sophia con un sorriso piuttosto imbarazzato. Spalanco gli occhi sbiancando pericolosamente. «¡Oh por el amor de Dios, que alguien me salve! » sussurro con un fil di voce conscia di ciò che mi attende. Allungo la mano verso mia sorella aspettando che mi passi il telefono, quando lo fa rispondo e lo porto all'orecchio. «¿Mamá?»

*

¡Oh por el amor de Dios, que alguien me salve! = Oh per l'amor di dio, che qualcuno mi salvi!

¿Mamá? = Mamma?

Need to loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora