29. Così ebbe tutto inizio (parte 2)

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Per favore a fine capitolo fermatevi a leggere l'angolo autrice :)

Cammino lungo il marciapiede osservando le persone che mi passano accanto. Okay Kalea, in Colombia ti divertivi tanto a rubare i libri dalla biblioteca senza essere scoperta, questo è il momento per tirare fuori quelle abilità che avevi. Faccio un respiro profondo prima di urtare di proposito una persona ma, facendolo risultare casuale. La donna si china a raccogliere i fogli che le sono caduti e io con lei per aiutarla; mentre lei raccoglie i fogli più lontani allungandosi, io raccolgo quelli più vicini, sfruttando l'occasione per afferrare il portafoglio che sporge dalla borsa e racimolare le banconote che ci sono dentro; nascondo i soldi nel reggiseno senza farmi vedere e poi le porgo i fogli che ho raccolto io. Mi rivolge un sorriso ringraziandomi e io le sorrido di rimando. Se solo sapesse che le ho appeno rubato trecento dollari dal portafoglio. Chi è che gira con così tante banconote? Guardo i passanti con le mani nelle tasche della giacca e, puntando i miei occhi su tutti, vado alla ricerca della mia prossima preda.

Poco fuori da un panificio mi accorgo di una signora anziana piuttosto arrabbiata e dall'aria spocchiosa. Che sia la nonna di Aiden? Penso con ironia notando i suoi gesti. Mi avvicino incuriosita. «Non ho intenzione di pagare dieci dollari per due chili di pane!» Il proprietario del negozio la guarda sconvolto. «Questo è il prezzo, non posso farci nulla.» Sospirando mi faccio avanti e porgo al signore una banconota da dieci dollari. «Pago io per la signora, le dia pure il pane.» Sorrido con educazione e il panettiere sembra esserne molto sorpreso. Consegna il pane in una busta all'anziana ed essa mi guarda con occhi dolci; non so per quale motivo ma mi abbraccia, io con educazione ricambio il suo gesto. Se ne va tutta sorridente e io ritorno sui miei passi. Cosa sono dieci dollari se in compenso ho questi? Penso osservando gli orecchini d'oro e la collana di pelle che ho rubato alla signora mentre mi abbracciava. Non me l'aspettavo, pensavo che sarebbe stato più difficile prendere la collana, ma alla fine ci ho guadagnato anche degli orecchini. Infilo nuovamente le mani in tasca e torno a camminare.

Aiden's P.O.V.

Controllo l'orario sul blocco schermo del telefono e noto che è già passata un'ora. Dovrebbe essere di ritorno, le avevo dato una scadenza. Dopo poco dal mio pensiero la vedo camminare a inizio vicolo nella mia direzione. La mia espressione si fa dura. Sapevo che mi avrebbe deluso, sta venendo in qua a mani vuote, poi dice che devo smettere di sottovalutarla. Senza dire una parola mi infilo in macchina e aspetto che entri anche lei. Apre la portiera e scivola sul sedile con un sorrisino in volto. La guardo con un sopracciglio alzato. Perché sta sorridendo se sa di aver fallito miseramente? Cerca di sedurmi per farmi credere il contrario? Le tendo la mano. «Ridammi la giacca.» Mi guarda sorpresa quando mi sente usare un tono tanto duro. La sua espressione felice si tramuta in una scocciata e quasi arrabbiata. Si volta con il busto nella mia direzione. «Perché mi devi giudicare sempre così in fretta?» Mi osserva con stizza e curiosità. «Sei qui, davanti a me, a mani vuote. Cosa dovrei dirti? Complimenti per aver fallito?» Aggrotta la fronte e si morde un labbro; seguo il suo gesto con lo sguardo e mi ritrovo a pensare che le labbra senza rossetto hanno un non so che di affascinante. «Sarei stata stupida a girare con le mani piene di cose rubate.» Rotea gli occhi al cielo e la vedo infilare le mani in tasca. Cosa vuole fare? Tirare fuori una manciata di caramelle? «Hai fregato le caramelle ai bambini?» La prendo in giro voltandomi a guardare dal finestrino se c'è qualcuno nel vicolo. Quando mi volto nuovamente verso di lei per poco non mi strozzo con la mia stessa saliva. «Dove hai preso tutte queste cose?» domando con stupore rigirandomi una collana di perle tra le mani mentre osservo il generoso bottino che ha tirato fuori. «Ho fatto semplicemente quello che mi hai chiesto, non ti svelerò i miei trucchi.» La sua esclamazione fa sorgere un sorrisino sul mio volto. Allora non è così ingenua. Mi sporgo verso i sedili sul retro e afferro un borsone completamente vuoto. Glielo porgo. «Metti pure tutto qui dentro.» Le faccio segno col capo di farlo. Mi guarda con aria di sfida. Quando mi guarda così non so se ho più voglia di ucciderla, o se è più forte la voglia di farmela proprio in questa macchina. La guardo dalla testa ai piedi. No, okay, forse "farmela" è un parolone, non è così bella e poi si veste anche abbastanza in modo maschile. Devo però ammettere a me stesso che quando sta mattina era piegata in quel modo sullo sgabello, non era poi così male. «Se non volessi darti tutto quello che ho rubato?» La sua voce femminile mi riporta alla realtà. Mi avvicino pericolosamente a lei per metterla in soggezione con la mia vicinanza. Ormai ho capito che le fa un certo effetto avermi vicino, penso che sarà il punto su cui farò più leva per ottenere quello che voglio con lei. «Me lo prenderò da solo.» Utilizzo appositamente un tono più basso e seducente. Fatica a mantenere il contatto visivo ma poi qualcosa le fa cambiare espressione. Con il busto si protende nella mia direzione e un dolce profumo rosato mi arriva alle narici. «Fatti avanti allora.» Mi provoca. Ogni volta che penso di aver capito il suo punto debole, lei manda a monte tutte le poche certezze che penso di avere su di lei. La cosa peggiore è che non capisco perché in fondo, questa cosa di non riuscire a manipolarla come gli altri, mi piaccia. Allungo la mano per afferrare un paio di occhiali costosi che ha rubato. Un dolore acuto alla mano mi fa distogliere l'attenzione dal suo sguardo. Le unghie lunghe e affilate di Kalea sono piantate nella mia pelle. Stringo i denti ritirando la mano. Mi rivolge un sorriso che definirei quasi psicopatico. «Piccola bastarda.» La insulto per via del dolore. Si allontana da me di scatto. Prende tutto quello che ha rubato e lo getta con prepotenza nella borsa. Per un momento temo che possa rompere le collane d'oro che sembrano tanto fini e delicate. Spalanco gli occhi quando si infila una mano sotto la maglia e, dopo aver rovistato un po' all'altezza del seno, tira fuori un mazzetto di banconote stropicciate e mezze arrotolate. Lancia anche quelle nella borsa e poi scende dalla macchina sbattendo lo sportello.

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