Tre settimane sono volate come se nulla fosse e al contrario di ciò che pensavo, stare in punizione non mi ha fatto sentire così oppressa. A scuola non ho fatto altro che evitare tutti tutto il tempo, non avevo particolarmente voglia di socializzare. Per sua fortuna Zack ha cercato tutto il tempo di evitarmi, appena si accorgeva che stavamo prendendo lo stesso corridoio, cambiava strada per entrare in aula; per grazia divina abbiamo solo due corsi insieme: matematica e chimica.
Finisco d'impacchettare le mie cose negli scatoloni e mi soffermo a osservare la stanza vuota. Non avverto la solita sensazione di vuoto nel petto di quando sai che qualcosa ti mancherà, forse perché so già che in questo posto non ho molti ricordi a cui essere affezionata, o forse perché sono io a essere proprio insensibile a questo genere di cose; non sono stata male nemmeno alla mia partenza dalla Colombia eppure erano quasi diciotto anni in cui vivevo in quella casa, piena fino all'orlo di ricordi, brutti e belli. Mi accorgo di essermi persa tra i miei pensieri solo quando la voce di mia sorella mi riporta alla realtà. «Hai preso tutto?» Annuisco sollevando lo scatolone e portandolo giù dalle scale fino alla macchina parcheggiata vicino all'ingresso del condominio. Quando anche Sophia porta giù l'ultimo scatolone si chiude la porta alle spalle e poi chiude anche il bagagliaio della macchina, con non poca fatica viste tutte le nostre cose. Mi siedo nel posto del passeggero e quasi rabbrividisco al ricordo di tutto ciò che è successo mentre ero seduto da questo lato della macchina. Mentre mi sto allacciando la cintura mi ritrovo a pensare ad Aiden, alla sua figura, alla sua personalità così particolare che non sono ancora stata capace di decifrare. Quel ragazzo è così strano ed enigmatico, ho la continua sensazione che stia cercando di sfidarmi e di mettermi alla prova. Ogni volta che i nostri sguardi si incontrano è una competizione a chi è più criptico e misterioso. «Ultimamente ti vedo spesso con la testa tra le nuvole, qualcosa non va, hermana?» Scuoto il capo in risposta. «Pensavo solo al trasferimento e a come sarà la nuova casa.» Mento sperando che mi creda. Il suo sguardo mi conferma però che non se l'è bevuta nemmeno un po'. Sospiro rassegnata sotto il suo sguardo curioso. «In questo ultimo periodo sono successe così tante cose ravvicinate e poi c'è stato come un momento in cui ho cliccato pausa sul tasto della mia vita. Nelle ultime settimane è stato tutto così monotono che però non mi è dispiaciuto, ho avuto come la sensazione che improvvisamente la nostra vita iniziasse a rimettersi in ordine e ad avere un senso.» confesso guardandola negli occhi. Mi rivolge un piccolo sorriso mentre i suoi occhi color nocciola sembrano brillare di felicità. «Ammetto che ho avuto la tua stessa sensazione negli ultimi giorni. Non so cosa accadrà con il trasloco, ma spero solo che le cose possano andare sempre meglio. In Colombia la vita non era facile, lo sai bene anche tu e quando ho visto la minima possibilità di andarmene, ho sfruttato l'occasione per andarmene; non era mia intenzione abbandonare la mamma, ma avevo un bisogno profondo di cambiare aria. Quanto successo con tu sai chi mi ha dato la spinta di accettare di corsa la proposta, non riuscivo più a stare in quegli ambienti saturi della sua presenza; so che tu e lui avevate un bellissimo legame, ma penso tu già sappia cosa io pensi di lui.» parla con tono duro alla fine del suo discorso. Mi mordo il labbro annuendo, cercando allo stesso tempo di non mostrarle la mia tristezza. Si vede che non le fa piacere parlare di Sebastian, nonostante io conosca già quanto accaduto, il suo nome è ormai diventato un tabù. Per tutto il viaggio guardo le cose sfrecciare fuori dal finestrino. Avendo la macchina piena siamo costrette ad andare piano e il viaggio dura più del previsto. La macchina si ferma davanti al vialetto di una piccola villetta a un piano solo. Spalanco gli occhi e successivamente mi volto mia sorella che mi guarda sorridendo e scuotendo la corta chioma corvina che le arriva poco sotto il mento. «Questa è la nostra nuova casa?!» domando a bocca aperta. La mora mi guarda sorridendo e annuendo mentre scende dalla macchina. Di corsa slaccio la cintura e spalanco lo sportello della macchina per fiondarmi fuori e osservare tutto meglio. «Ma è enorme! Ovviamente parlando in termini di paragone in confronto alle case in cui abbiamo vissuto fino a ora. Come potremo mai mantenere una casa del genere?» le chiedo con tono leggermente allarmato. Mi passa di fianco con in mano uno scatolone e con la mano libera mi fa una piccola carezza sul capo. «Con il trasferimento nel South Bronx, essendo una zona molto più pericolosa rispetto quella in cui vivevamo prima, mi hanno aumentato lo stipendio. Presumo che l'abbiano fatto anche per incoraggiarmi ad accettare, visto che secondo le ricerche che ho svolto in questo distretto non c'è un capo centrale da almeno cinque anni. L'aumento di stipendio è anche perché assumerò un ruolo più alto rispetto a prima.» Dopo avermi spiegato le motivazioni non posso fare altro che correre ad abbracciarla. «Dai Kalea, ora dammi una mano a portar dentro gli scatoloni, i mobili li ha portati già sta mattina la ditta del trasloco.» Mi lascia un bacio sui capelli e poi si dirige all'ingresso aprendo la porta con le chiavi. Non appena mia sorella entra in casa avverto la tasca posteriore dei jeans vibrare. Afferro il telefono incuriosita da chi potrebbe mai cercarmi.
Da numero sconosciuto: "Tua sorella è veramente carina con quella maglietta gialla."
Spalanco gli occhi e immediatamente sollevo lo sguardo dal cellulare per potermi guardare attorno. Ma chi diamine è?! Penso non riuscendo a vedere nessuno nei paraggi. Magari è qualche vicino. Ipotizzo mettendomi a guardare le finestre delle case di fronte e adiacenti alla nostra. Il telefono vibra di nuovo tra le mie mani.
Da numero sconosciuto: "Ma è più bello il tuo sguardo spaventato."
Sollevo nuovamente lo sguardo mordendomi il labbro. Chiunque sia ha deciso di giocare con la mia pazienza. Armata di coraggio decido di digitare la mia risposta.
A numero sconosciuto: "Sarebbe bello poter commentare in altrettanto modo la tua faccia da culo, ah no, scusa, tu hai paura di farti vedere, fifone/a."
Il telefono vibra quasi immediatamente in risposta.
Da numero sconosciuto: "Hai del coraggio a rispondere così a qualcuno che nemmeno conosci, o forse mi conosci, ragazzina."
A quel nomignolo il mio cervello ha un lampo di genio. Aiden. Chi mai avrebbe potuto essere se no? La vera domanda è come fa ad avere il mio numero di telefono. Un sorrisetto divertito si forma sul mio viso mentre scrivo la mia risposta.
A numero sconosciuto: "Guarda un po' con chi ho il piacere di parlare, Aiden lo stronzetto. Come hai avuto il mio numero?"
Attendo la sua risposta dopo averlo salvato in rubrica con il nome "stronzetto", ma essa sembra non arrivare, dunque, per non sprecare tempo, inizio a portare dentro alcuni scatoloni. Quando torno fuori sento qualcuno afferrarmi per un braccio e trascinarmi verso il lato della casa. Sento le mie spalle aderire al muro mentre la figura alta e muscolosa di Aiden mi tiene ferma. Un sorrisetto vittorioso increspa le mie labbra. «Avevo ragione.» pronuncio facendo schioccare la lingua sul palato. «Come mi hai chiamato?» domanda guardandomi dritto negli occhi. Il suo tono sembra estremamente serio ma uno strano luccichio nelle sue iridi mi fa intendere che questa situazione lo incuriosisce. Il sorriso non accenna a lasciare le mie labbra. «Ti ho chiamato: Aiden lo stronzetto.» gli rispondo calcando per bene il nomignolo che gli ho dato. Si passa la lingua sulle labbra per nascondere il sorriso che gli stava spuntando. Si china su di me avvicinandosi al mio orecchio. Diversi brividi percorrono il mio corpo quando il suo respiro caldo si scontra con la pelle sensibile del mio collo. «Ho ucciso per molto meno di un soprannome.» Il tono è caldo, basso ma minaccioso. Perché tutto questo mi sembra così sensuale? Non ha senso. Ho bisogno di farmi curare. Si allontana leggermente ma lo trattengo dal colletto della giacca di pelle che indossa, adesso è il mio turno di avvicinarmi al suo orecchio. «Assicurati che a sto giro io almeno sia morta davvero, non vado matta per le cose lasciate a metà.»
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Need to love
Storie d'amoreESTRATTO DEL CAPITOLO 12: "Diversi brividi percorrono il mio corpo quando il suo respiro caldo si scontra con la pelle sensibile del mio collo. «Ho ucciso per molto meno di un soprannome.» Il tono è caldo, basso ma minaccioso. Perché tutto questo mi...