56. Alcune scelte fanno male

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Fisso il soffitto mentre Aiden resta al mio fianco a fare lo stesso. Di colpo lo vedo voltarsi verso di me, poggiandosi sul materasso con un fianco. Lo osservo con la coda dell'occhio cercando di far finta di nulla. Protende la mano nella mia direzione, afferrando con delicatezza un mio riccio, per poi iniziare a rigirarselo attorno al dito. «Li trovo affascinanti.» pronuncia di colpo. La mia espressione si corruga. «I capelli ricci?» domando cercando di comprendere le sue intenzioni leggendo fra le righe delle sue parole. Annuisce. «Ti rendono più selvaggia e ribelle.» Mi volto su un fianco, poggiando un braccio sotto la testa per poterlo guardare meglio negli occhi. «Sarebbe stato strano se fosse stato il contrario.» rispondo con ironia alla sua affermazione. Rotea leggermente gli occhi al cielo. «Rispecchiano la tua personalità.» Aggrotto le sopracciglia con espressione ironica. «Ma se sono la ragazza più tranquilla e pacata di questo mondo.» La risatina ironica di Aiden fa sorgere un sorriso sul mio volto. «Tu? Tranquilla e pacata? Forse ho conosciuto la persona sbagliata.» Stringo le labbra in un'espressione pensierosa e allo stesso tempo ironica. «Anni fa non ero così.» Sospiro voltandomi con la schiena sul materasso per poter osservare il soffitto.

Gli occhi di Aiden si fanno improvvisamente curiosi su di me. Un sorriso malinconico sfugge al mio controllo. «Non ho avuto un'infanzia chissà quanto difficile, sono sempre stata una bambina molto curiosa e allegra. Il mio sport preferito, oltre alla danza, era rincorrere le galline che aveva mia nonna in cortile. Giocavo a palla con gli altri bambini della strada in cui abitavo e andavo a scuola con tutti gli altri. Seppur possa sembrare strano, non ho mai effettivamente sentito la mancanza di un padre.» Aiden si fa più vicino a me dopo quest'ultime parole. «Non sai chi sia tuo padre?» Scoppio in una fragorosa risata. «Oh, lo so benissimo chi è, proprio per questo mia madre ha fatto di tutto per tenerlo lontano da me.» La sua espressione si acciglia per la confusione e la voglia di scoprire di più. «Mio padre trafficava droga. In realtà mia madre l'ha sempre saputo, ma se io e mia sorella potevamo permetterci di andare a scuola, era soprattutto grazie ai suoi soldi sporchi. Ma quando compii due anni le cose si fecero più complicate e mia madre decise di allontanarlo da noi per il nostro bene. Io non ne soffrii più di tanto, d'altronde avevo appena due anni, ma mia sorella Sophia ci stette veramente male, quando se ne andò lei aveva otto anni, aveva passato tutta l'infanzia con lui, io no.» Se possibile la sua espressione si fa ancora confusa. «Nonostante l'allontanamento da noi, ha continuato a mandare soldi a nostra madre per aiutarci con le varie spese scolastiche e non.» Aiden annuisce, comprendendo la situazione. «Allora cos'è cambiato?»

Serro gli occhi, sentendo dentro di me il dolore scorrere sotto forma di ricordi. «Con l'adolescenza sono subentrati tutti i problemi. Di solito le ragazze non vedevano l'ora di crescere e cambiare, per me fu un trauma. Nel giro di appena un anno mi ritrovai con le labbra un po' più carnose, gli occhi vispi, e una terza abbondante di seno; per non parlare di come tutto il mio corpo si è rimodellato facendo divenire i miei fianchi più larghi e il mio sedere più sporgente. Dalla bambina che rincorreva le galline, ero diventata la ragazza che ogni ragazzo desiderava. » Sento la base del naso pizzicare per l'emozione. «Non ti faceva piacere essere diventata tanto bella?» Mi volto di scatto verso di lui, il dolore che riempie i miei occhi. «Non se ogni giorno dovevo sentire le mani di persone posarsi in maniera indesiderata sul mio corpo.» I suoi occhi si spalancano per lo stupore. «Ti hanno stuprata?» Nego con il capo. «Per fortuna no, non sono mai riusciti a farlo.» Lo sento mentre tira un sospiro di sollievo. «Però ci hanno provato.»

Mi sollevo con la schiena contro lo schienale del letto e mi tiro le ginocchia al petto. Deglutisco rumorosamente. «Ogni singolo giorno c'era sempre il solito gruppo di ragazzi che si divertiva a fare a gara a chi mi toccasse più volte il culo o il seno al giorno. Le cose andarono avanti così per circa un anno. Non dissi mai nulla, avevo paura che alzassero le mani su di me se solo ci avessi provato. Me lo ricordo perfettamente, era un martedì, avevo quindici anni ed ero appena uscita da scuola. Presi la solita strada che ero abituata a fare per tornare a casa ed essendo il periodo di maggio, decisi di fermarmi qualche minuto all'ombra di un edificio per riprendere fiato. Non l'avessi mai fatto. Uno dei ragazzi di quel gruppetto che era solito molestarmi, segretamente mi aveva seguita. Mi prese per le spalle e mi fece sbattere contro il muro. Confusa dalla situazione tentai di dirgli di smetterla, ma lui mi strappò la maglia e mi infilò la stoffa in bocca per farmi stare zitta. Compresi in fretta la situazione e ciò che stava per accadere, quindi presi a dimenarmi per liberarmi dalla sua presa. Mi diede uno schiaffo talmente forte che sentii la mia faccia girarsi dall'altra parte.» Faccio un respiro profondo, trattenendo la mia voglia di versare lacrime. Ora arriva la parte più difficile.

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