51. Attimi di panico

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Osservo le persone presenti nella stanza, rendendomi conto che conosco effettivamente un quarto di tutti loro. Non ho stretto molte amicizie in questo periodo, non è stato il mio primo pensiero; così come non lo sono stati tanti altri. Sono accadute così tante cose che mi sento come se avessi perso d'occhio il mio obbiettivo, il motivo per cui sono ancora qui. Le figure delle persone mi passano davanti, ma io non mi sforzo nemmeno di riconoscerle, mi limito a rimanere seduta sul divanetto del salotto mentre i pensieri mi affollano la mente e mi occupano il tempo. Da quando ho conosciuto Zack, la mia vita ha preso una piega inaspettata. In tutti questi mesi sono successe talmente tante cose che non mi sono mai effettivamente fermata a pensare a una cosa del genere. Cosa ne sto facendo della mia vita? Il rapporto con mia sorella è come se non esistesse più, la mamma è a migliaia di miglia di distanza, Sebastian è morto, papà non si fa vedere da quando ero piccola; è come se non avessi più una famiglia, oppure sono cresciuta abbastanza da comprendere che non ce n'è mai stata una. Forse quella che era una ragazzina, ora sta diventando una donna. Una donna che è dovuta crescere troppo in fretta.

Sono costretta a riprendermi dai miei pensieri quando vedo qualcuno lanciare Zack sul divano. Mi sposto di scatto per non essere colpita dal corpo del ragazzo. Con sguardo gelido mi appresto a fulminare il malcapitato che ha deciso d'interrompere il mio momento di pace e riflessione interiore.

«Non è il momento.» pronuncia Aiden dopo aver notato i miei occhi. «Perché non lo sarebbe?» Lo fisso con aria disinteressata e allo stesso tempo infastidita dai suoi modi. «Perché questo coglione ha appena fatto la cazzata più grande che potesse mai fare.» Corrugo le sopracciglia in un'espressione confusa. «In che senso?» domando nella speranza di capirci qualcosa di più. Non ho mai visto Aiden tanto furioso con qualcuno.

Zack mugola di dolore toccandosi il labbro gonfio e spaccato. Nessuno si preoccupa di rispondermi. Aiden si limita a fare avanti e indietro per la stanza con una mano nei capelli. «Potresti calmarti e dirmi cosa diamine sta succedendo?» tento un approccio più gentile nella speranza di ottenere finalmente una risposta. «Non dirmi cosa fare, Kalea.» Rimango sorpresa quando lo sento pronunciare il mio nome e non uno dei tanti soprannomi che mi ha affibbiato nel corso dei mesi. Per quanto la situazione sia critica, non posso fare a meno di sentirmi infastidita per il tono che ha utilizzato nei miei confronti.

Mi alzo di scatto dal divano e mi paro di fronte a lui. «Tu così a me non parli.» Cerco il contatto visivo con i suoi occhi per fargli notare quanto io sia seria in questo momento. Mi afferra per il mento e avvicina il suo volto al mio. A tale gesto avverto alcuni brividi percorrermi la braccia e la schiena. «Kalea questo non è uno dei nostri soliti giochetti, è una situazione estremamente seria.» Aggrotto la fronte con fastidio. «Pensi che io stia scherzando?» I miei occhi si incupiscono e lo stesso fanno i suoi. Avvicina pericolosamente la sua bocca alla mia. «Stammi bene a sentire, se ora va tutto a puttane, siamo tutti fottuti, te compresa e, sfortunatamente, non per mano mia.» Gli occhi mi si spalancano di colpo mentre le labbra mi si schiudono per lo stupore. Cosa ha appena detto? Sembra accorgersi solo dopo di quello che ha pronunciato, ma piuttosto che sembrarne sorpreso, si limita a leccarsi le labbra con un sorrisino malizioso a incorniciargli il volto.

Una volta che si allontana da me, quello stesso sorriso scompare, tornando ad assumere la sua espressione seria. «Ora che abbiamo messo in chiaro le cose.» Mi guarda con la coda dell'occhio. «Torniamo al problema.» Serro con rabbia le labbra ancora dischiuse da prima. Fa sempre questo! Inizio a essere stanca dei suoi giochetti mentali. Inizio a mordere ripetutamente l'angolo del labbro, piantando la punta del canino nella carne tenera e leggermente pigmentata di rosso. Mi fa sentire così frustrata e irritata che mi viene voglia di prenderlo a schiaffi e tirargli dietro oggetti di qualsiasi genere.

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