24. Pessime scelte (parte 1)

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Il viaggio a casa è silenzioso, nella macchina non vola nemmeno una mosca. Guardo l'orario sul cruscotto e mi rendo conto che è già mezzanotte. Sospiro consapevole che ho sforato già da un'ora il coprifuoco che mi ha imposto mia sorella. Non sono sicura di voler tornare a casa e quando manca poco alla via che conduce al mio isolato, svolto nella direzione opposta e continuo lungo una strada che ho conosciuto da poco. Stringo le mani al volante fermandomi allo stop. Con velocità afferro il mio cellulare posto sull'altro sedile e invio un messaggio a Sophia dicendole che ho incontrato una mia amica e che viste le sue pessime condizioni, la riaccompagno a casa e resto con lei per prendermene cura. Quando ho finito di scrivere è già il mio turno di svoltare all'interno dell'incrocio. Prendo la strada che conduce alla periferia e solo a quel punto mi concedo il lusso di accendere nuovamente la radio; questa volta mi assicuro di scegliere una stazione che trasmette delle canzoni felici. Osservo i miei occhi attraverso lo specchietto retrovisore e non posso essere più felice nel notare che si sono sgonfiati e non sono più arrossati come prima. Non sopporto mentire a mia sorella, ma ultimamente è come se non facessi altro, come se mentire fosse sempre la soluzione migliore in qualsiasi situazione. La cosa peggiore è dovermi ricordare di tutte le bugie che le dico. Appoggio un gomito sul finestrino e mi mantengo su la testa con il pugno chiuso mentre continuo a guidare con una mano sola. Non so nemmeno io perché abbia deciso di farlo, ma l'esitazione si fa strada in me solo dopo aver parcheggiato sul ciglio della strada dal alto opposto alla struttura del quartier generale degli Scorpions. Mi passo le mani sul viso struccato e stanco. La mia attenzione passa al suono della nuova notifica che mi è arrivata.

Da Hermana :) : "Va bene, nessun problema, spera possa sentirsi meglio il prima possibile. Domani mattina dalle un'aspirina per il post sbornia."

A Hermana :) : "Certo. Buonanotte."

Lascio ricadere il cellulare nella tasca dopo averlo spento. Non ho intenzione di vedere altre notifiche da parte dei social. Non mi interessa affatto sapere che Maluma sta facendo la diretta con qualcun'altro che nemmeno conosco.

Scendo dalla macchina e la chiudo alle mie spalle prima di prendere un respiro profondo. Mi stringo nelle spalle per il freddo. Se avessi saputo che erano queste le mie intenzioni, mi sarei di certo portata dietro la giacca.

Un gruppo di motociclisti è fermo con le loro moto nel piazzale adiacente all'ingresso e parlano animatamente tra di loro. Riconosco giusto qualche faccia ma non so nessuno dei loro nomi. Quando passo loro accanto cerco di non soffermare eccessivamente lo sguardo su nessuno. Mi sorprendono quando si voltano nella mia direzione e mi salutano con un sorriso in volto o alzando in aria le birre che alcuni hanno fra le mani. Questo inaspettato gesto di gentilezza mi fa sorridere e con un cenno della mano ricambio il loro saluto.

Entro all'interno dell'edificio senza troppo problemi e mi dirigo nell'unica stanza di cui ricordo il percorso. Rispetto all'ultima volta ci sono molte più persone e posando lo sguardo sul divanetto vedo le uniche tre persone che conosco. Eris ha una chitarra elettrica in mano e con una base che fuoriesce dalle casse segue il tempo facendo un assolo improvvisato, che dopo qualche secondo si tramuta essere nell'assolo di una canzone che conosco. I feel like I'm drowning. Two Feet. Non male come pezzo. Lo sguardo si sposta su Zack che sta giocando a poker con qualche altro ragazzo della banda. Con un respiro profondo mi faccio avanti nella stanza e quando la visuale completa giunge ai miei occhi, ne rimango totalmente pietrificata. Sulla poltrona nell'angolo più nascosto della stanza è seduto Aiden, sulle sue gambe una ragazza dai capelli rossi e dal fisico perfetto si diverte a ridere del ragazzo che le lancia dei chicchi d'uva nella scollatura profonda. Dal momento di shock iniziale, la mia espressione si tramuta in una altamente indignata e schifata. Mi chiedo perché lei permetta ad Aiden di trattarla così. Facendo un passo avanti finisco per far cadere a terra una bottiglia di birra vuota ed essa va in frantumi. Molti si voltano nella mia direzione mentre altri continuano a farsi i fatti proprio senza troppi problemi, cose se ciò accadesse frequentemente. Imbarazzata mi inginocchio immediatamente a raccogliere i cocci di vetro. Qualcuno mi strappa con forza un pezzo di vetro di mano, finendo per farmi tagliare. Porto il pollice alla bocca per cercare di far fermare l'uscita del sangue dal taglio. Sollevo gli occhi verso l'alto in direzione della persona che ha compiuto tale gesto. Zack mi guarda dispiaciuto. «Mi dispiace Kalea, non era mia intenzione farti del male.» La cautela nel suo modo di parlare mi fa capire che pensa che comportandosi in modo gentile con me io possa perdonarlo. «Non credo tu abbia pensato la stessa cosa prima di spingermi giù da quel tetto.» Gli rivolgo un'ultima occhiataccia prima di tornare a raccogliere i vari vetri rotti. Mi rialzo buttando i cocci nel primo cestino che trovo. Aiden sembra accorgersi della mia presenza solo in questo momento, ma nonostante ciò non accenna a muoversi di un millimetro dal suo posto. Vuole fare l'indifferente con me? Bene, starò al suo gioco. Zack si avvicina pericolosamente a me e d'istinto faccio due passi indietro. Eris studia entrambi con sguardo criptico mentre continua a pizzicare le corde della chitarra a mani nude e poi con il plettro. «Kalea, dico davvero, sono dispiaciuto per quanto successo.» continua a scusarsi nel tentativo di riappacificarsi con me. Sbuffo fuori l'aria dalla bocca infastidita dalla sua insistenza. «Sai quanto me ne importa delle tue scuse patetiche.» La mia glacialità e noncuranza sembrano ferirlo. «Perché ti comporti così? Questa non sei tu!» Per poco non gli rido in faccia. «Io non sarei questa?» tramuto la sua esclamazione in una domanda. Mi avvicino a lui con passo lento e lo sguardo duro, il ragazzo in risposta inizia a indietreggiare fino a ritrovarsi con le spalle al muro. «Solo perché tu non hai avuto modo di conoscere la parte furiosa, rancorosa e vendicativa che risiede in me, non vuol dire che io non sia anche questa.» Mi indico con un dito gesticolando con l'altra mano per il nervoso. La sua espressione muta improvvisamente. «Tu devi perdonarmi.» Il tono serio con cui lo dice non nego che mi lascia sorpresa. «Io non devo proprio fare niente!» Scuoto il capo a destra e a sinistra a enfatizzare il mio non aver alcuna intenzione di fare ciò che dice. Mi afferra per le spalle e inizia anche a farmi male, ma cerco di mantenere un'espressione seria e incazzata. «Io non ti riconosco!» Mi scuote. «E io non ti ho mai conosciuto realmente.» Cerco di liberarmi dalla sua presa ma non ci riesco visto il modo con cui continua a stringermi. Improvvisamente si stacca da me e nel modo più inaspettato possibile mi tira uno schiaffo in faccia; dalla forza dell'impatto il mio volto si ritrova dall'altra parte. Appoggio una mano sulla guancia e dopo aver incontrato lo sguardo sorpreso di Eris, mi volto nuovamente in direzione di Zack. Il mio primo istinto non è quello di scoppiare a piangere o correre via, mi assicuro di guardarlo nel modo più schifato possibile. «Così magari ti ricorderai di quello che tu mi hai tirato nel parcheggio.» Dal momento dello schiaffo, nella stanza è calato un profondo silenzio, a sentirsi sono solo le sue parole e il mio respiro affannoso, carico di rabbia. «Dici che ci tieni a me, che non permetteresti mai che mi succeda qualcosa e poi la sera stessa mi spingi giù da un palazzo nel tentativo di uccidermi, ora vieni qui, davanti a me, con gli occhi da cane a chiedermi di perdonarti, dicendo nuovamente che non mi avresti mai fatto male e poi, che fai? Mi tiri uno schiaffo?! Lasciatelo dire, sei semplicemente un bipolare del cazzo. Sul serio, fatti curare, e pure da uno bravo.» Mi ritrovo a ridere per l'assurdità della situazione. «I-io, non volevo...» inizia a balbettare mortificato. Per quanto fino a questo momento avessi tentato di mantenere la calma, ora quel briciolo di lucidità che rimaneva sembra sparire definitivamente. Lo afferro per il colletto della maglia e lo sbatto nuovamente al muro senza troppa delicatezza. «Hijo de puta! Non provare a fare la vittima con me perché se no giuro che ti faccio diventare una delle mie.»

Alcuni passi si avvicinano nella nostra direzione e un braccio dalla mano tatuata con una rosa si frappone tra di noi. So chi è, ma non ho la minima intenzione di schiodare via il mio sguardo da quello di Zack che ora, sembra ancora più in panico di prima. «Se mi uccidi poi devi avere il coraggio di farmi sparire!» Colgo al volo la sfida di Zack che davanti ad Aiden sembra aver improvvisamente tirato fuori le palle. Lascio andare la presa sulla sua maglia e inizio a mettergli apposto il colletto con un sorriso. «Non mi servono i tuoi consigli, so già come sbarazzarmi di un cadavere.» 

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