2. Dubbi

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«Kalea.» mi chiama nuovamente mia sorella. «Mh, dimmi.» domando indirettamente e in modo distratto. Notando che la mia attenzione è riportata su altro, seguo la direzione del mio sguardo per capire cosa mi stia distraendo. Con aria severa si avvicina al mio orecchio per fare in modo che nessuno, oltre a me, senta ciò che ha da dirmi. «Sta lontana da quel ragazzo Kalea, non è gente per te e fidati, te lo dico più da poliziotta che da sorella maggiore. Con tipi come lui è come scherzare ogni secondo della tua vita con il fuoco, hai il cento per cento di probabilità di rimanere scottata.» spiega scostandosi lentamente da me e tornando ad osservare Miss Harris con aria seria. «Mi spiace per l'inconveniente, ma sono certa che Kalea si farà perdonare in men che non si dica. Avrei solo una cortesia da chiederle Miss Harris.» Sophia si ferma leggermente prima di iniziare a sorridere. «Mi dica.» La professoressa sorride a sua volta. «La prossima volta, lasci parlare Kalea; è una ragazza grande e vaccinata, può benissimo riferirmi per conto proprio ciò che ha fatto, penso che sia abbastanza matura da capire le sue azioni e le conseguenze a cui va incontro.» Le sorride nuovamente. «Ora mi scusi ma, ho una centrale da mandare avanti.» Si volta tornando a lavorare, lasciando totalmente allibita la donna sulla trentina. «Si vede che sono sorelle...» sussurra a bassa voce convinta che nessuno la senta. «Prof ha qualcosa da contestare?» domando sollevando leggermente un sopracciglio mentre non mi tolgo dal volto un piccolo sorriso, tutto fuorché gentile. «No, niente.» ribatte stizzita, tornando successivamente a parlare con altri studenti. Forse a sto giro ho esagerato. Rifletto fra me e me guardandomi intorno.

Il giro in centrale prosegue ancora per diverso tempo, ma ogni secondo che passa io sono sempre più persa nei miei pensieri. Non capisco perché Sophia abbia sentito la necessità di dirmi quelle parole. Non sono attratta da quel ragazzo e, non vedo il motivo per cui dovrebbe attrarmi. Sono rare le occasioni in cui lei diventa tanto protettiva con me, l'ultima volta successe con un'unica persona che ora non osa nemmeno più nominare. Quello tra me e lui era un rapporto veramente particolare. Ma questo ragazzo? Non ha fatto assolutamente nulla e lei è saltata sulla difensiva. Alla fine Miss Harris ci conduce nuovamente a scuola e, finalmente, posso incamminarmi per tornare a casa. Cammino per la strada all'imbrunire, con le chiavi strette in una mano e il telefono, con in prima fila i numeri d'emergenza, nell'altra. Bella quanto vuoi l'America, ma quando sei una donna e vivi nel Bronx, hai il doppio delle cose a cui stare attenta. Seguentemente ai miei pensieri non faccio altro che guardarmi attorno per strada, assicurandomi che nessuno salti improvvisamente fuori dai vicoli per aggredirmi.

Arrivo davanti al portone del condominio e sospiro sollevata alla vista della macchina di mia sorella nel parcheggio. Apro il portone con le chiavi e velocemente lo richiudo alle spalle dopo essere entrata, iniziando a correre per le scale. Raggiunto il pianerottolo del terzo piano, mi fermo davanti alla porta dell'appartamento 3C e suono il campanello, aspettando che Sophia mi venga ad aprire.

«Kalea finalmente sei arrivata, mi stavo preoccupando, ormai lo sai che inizia a fare buio presto la sera.» Mi lascia entrare e mi dirigo in cucina mentre la sento chiudere i molteplici ganci che abbiamo messo alla porta. «Quando faremo riparare la serratura? Sono tre settimane che devo sempre aspettare che arrivi prima tu a casa. Non ho ancora capito per quale motivo la mia chiave abbia deciso di non funzionare, nonostante tu ne abbia addirittura fatta una copia! La cosa sorprendente è che la tua invece continua ad andare!» Mi lamento con lei sbuffando. «Hermanita lo so, come tu sai bene che sono tre settimane che faccio i doppi turni e che, la prima legge di sopravvivenza nel del Bronx è che non conviene mai uscire di casa dopo il calar del sole.» mi spiega accompagnando il suo tono dispiaciuto con un sospiro sconsolato. Le vado vicino nella speranza di abbracciarla e consolarla un minimo. «Grazie Kalea, ne avevo proprio bisogno, ma ora va in camera tua a sistemare lo zaino, nel frattempo io preparo la cena.» Mi sorride rincuorata sinceramente dal mio gesto. Faccio come dice e una volta ritornata in cucina decido di darle una mano a preparare la cena e ad apparecchiare la tavola.

«Oggi ti sei veramente superata.» parlo a bocca piena, deliziata dal sapore del cibo che ha preparato, fin dal primo boccone che ho mangiato. «Non è niente di che Kiki, come ogni oltra cena, ma per favore, mangia a bocca chiusa.» Ride portandosi la mano al viso per coprirsi la bocca. «Scusa.» mi scuso coprendomi con la mano per nascondere il boccone che sto ancora masticando. «Bene, ora tocca al dolce» esclama alzandosi e tirando fuori dal frigo delle piccole coppette. I miei occhi si illuminano nella frazione di mezzo secondo. «Quando hai avuto il tempo di fare il budino?» le domando mentre mi viene già l'acquolina. «Non si svelano i trucchi del mestiere.» Ride aprendo la credenza per prendere il caramello da versarci. Una busta non molto grande cade a terra e velocemente mi allungo per raccoglierla. Sophia cerca immediatamente di strapparmela di mano. La guardo con aria indagatrice. Cosa mi nascondi Sophia? Le domando con lo sguardo, portando successivamente la mia attenzione sul retro della busta. "Avviso di sfratto"; questo è ciò che c'è scritto sopra. Le mani iniziano a tremarmi e gli occhi corrono sulla figura immobile di mia sorella. «Cosa significa?» La mia voce trema, non sapendo bene come esprimere la paura che sto provando in questo momento. «Te l'avrei detto, ma volevo prima vedere se fossi stata in grado di risolvere la situazione.» Abbassa lo sguardo sedendosi nuovamente sulla sedia e, poggiando il caramello sul tavolo accanto ai budini. «Avresti potuto parlarmene, avrei compreso la situazione.» Si passa le mani tra i capelli sospirando lievemente. «La lettera è arrivata circa una settimana fa. Ci sfrattano perché vendono l'edificio. Il proprietario è andato in rovina e, per fare soldi, ha deciso di vendere l'ultimo edificio che gli rimaneva. Ho provato a parlarci, a convincerlo a non farlo, ma nulla, non ha cambiato idea. Abbiamo altre tre settimane prima di essere cacciate fuori.» «Tre settimane?!» la voce mi esce stridula e più alta del solito di qualche ottava. Sophia si limita ad annuire. A questo punto è il mio momento di passarmi le mani nei capelli. «Ho già trovato un'altra casa in affitto, ma c'è solo un problema...» lascia la frase in sospeso non avendo il coraggio di guardarmi negli occhi e proseguire. «Qual è il problema?» domando cercando di incitarla a parlare. «..la casa si trova nel South Bronx.»

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