Goodbye

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Osservavo Luke da lontano mentre la madre non faceva altro che cucinare e spiegarmi come tagliare finemente le patate o sbucciare le zucchine.
Non facevo altro che pensare che quelli sarebbero stati gli ultimi minuti che avrei potuto spendere a tracciare col mio sguardo i lineamenti del biondo.
Lui non mi scrutava nemmeno, ogni tanto i suoi occhi saltellavano per sbaglio sul mio volto e mi rendevano ancora più triste. Poi scappavano al riparo sul caminetto spento.

Partire non era stata la decisione migliore che avessi mai preso, magari restare era tutto quello di cui avevo bisogno ma continuavo a pensare: più lontano da Ashton camminerò, meno guai commetterò.
Mi convinsi di questo anche se sapevo che stare con il riccio era sempre un grande piacere per me: la sua risata mi rendeva così solare e indifferente a tutti quei grossi problemi che sentivo addosso.

Poi però i miei pensieri si adagiavano di nuovo sul pensiero di Luke lontano da me più di 15 mila km, mi stampai quel numero in testa e non riuscì a fare a meno di piangere.
Mi mostrai debole davanti a lui per l'ennesima volta, le mie lacrime solcarono mari delicati e rosei per un'altra occasione.

Niente e nessuno potevano rimpiazzare il pensiero costante di Luke nella mia testa: delle nostre gambe incrociate sul letto, i nostri corpi che si riscaldavano a vicenda e quelle pozze azzurre che versavano lacrime inutili su decisioni già prese.

"Ehi Hazel, cos'hai?" Si allormò la madre di Luke nel togliersi i guanti per accarezzarmi le spalle, confortante.
Non riuscì a trattenere un sospiro che corse veloce fuori dalle mie labbra umide, il ragazzo si girò con uno sguardo superficiale poi continuò a fissare il camino.

"Vuoi un po' d'acqua? Un succo di frutta?" Chiese preoccupta la donna mentre mi stringeva la spalla tra le mani. Scrollai la testa e corsi su per scale per poi chiudermi in bagno.
Non avevo nessuna voglia di essere guardata come se nulla stesse per accadere. Con quello sguardo di ghiaccio il ragazzo riuscì a congelare ogni parte del mio corpo.
Mi sedetti sulla tavoletta chiusa del water e osservai le mie scarpe mentre alcune lacrime pizzicavano e solleticavano al tempo stesso, il mio viso.

"Stai bene?" Domandò la madre appoggiata alla porta, pronunciai un flebile 'si' mentre continuavo a cullarmi come avrebbe fatto mio padre in quel momento.
Ritornò in cucina e restai sola tra il silenzio di quel bagno che odorava di pulito.
Mi guardai un po' attorno quando sentii qualcuno bussare.
"Signora, sto bene, sto scendendo." Cercai di dire sentendo il labbro tremare ancora.

"Hazel, puoi aprirmi?" Sentii la sua voce e osservai la porta con gli occhi ancora lucidi.
"Mia madre ha detto che è ora di pranzo." Parlò quando finalmente aprii la porta e scrutò il mio viso sciupato dalle lacrime, i miei occhi rossi ed i suoi troppo limpidi.

Cercò di afferrarmi la mano mentre scendevamo per le scale ma decisi di non farlo. Decisi di scansarmi verso il muro ed evitarlo come lui aveva fatto precedentemente.

Forse era proprio questo che ci rendeva simili oltre al dolore: era la testardaggine.
Cocciuta, mi sedetti vicino alla madre e le sorrisi per farle capire che adesso andasse tutto bene.
Lei fece lo stesso ed elencò le ricette che aveva usato per preparare quei piatti.

"Sai, è un modo per distrarmi." Commentò la madre aggrovigliando tra la sua forchetta qualche filo di pasta.
Capii a cosa si riferisse poco dopo quando il ragazzo irritato si alzò dalla tavola e si avvinghiò un'altra volta sulla poltrona davanti il camino.

Spostai la sedia e mi diressi verso di lui infuriata.
"Smettila," dissi urlando a pieni polmoni, respirai ancora e ancora e poi continuai "il tuo comportamento da bambino insolente non cambierà le cose!" Dissi a voce alta con le mani tra i capelli.
"Dovremmo passare gli ultimi minuti che ci restano insieme invece mi stai ignorando perchè hai deciso di fare i capricci." Confermai prendendo la mia borsa tra le mani per poi spostarla sulla mia spalla, mi avvicinai alla porta e aspettai che dicesse qualcosa ma non sentii niente.

"Addio, Hazel." Udii il ragazzo sussurrare quelle parole che non avrei mai voluto sentire pronunciare.
Mi sembrò tutto più reale e pronto ad avvenire.
Il giorno successivo sarei stata lontana 15 mila km da Luke e le uniche parole che sarebbero rimaste impresse nella mia mente furono quelle che avevo sempre odiato.

"Addio, Luke." Dissi, trattenendo le mie lacrime pietose.

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Quando arrivai in casa, mia madre era indaffarata nel sistemare le magliette che avevo gettato alla rinfusa dentro la valigia.
"In cucina c'è un ragazzo che ti aspetta." Mi disse girandosi verso di me, confusa. Corrugai le sopracciglia e cominciai a correre.
Pensai che Luke avesse cambiato idea e che fosse venuto a salutarmi come meritavo.

Invece quando arrivai notai una chioma di capelli arruffati e dal color nocciola, un sorriso tenue sul suo volto che sembrava parecchio triste, come il mio.
"Tua madre mi ha detto che domani vai via." Disse cercando di sorridermi come per farmi capire che niente andasse storto e che fosse felice della mia scelta.
In realtà la scelta era stare lontano da lui e dalla droga che riusciva a procurarmi.

Annuii perchè incapace di continuare a parlare, mi sedetti vicino a lui e lo guardai.
"Perchè vai via?" Mi chiese con uno sguardo come se fosse adirato per la mia improvvisa decisione.
"Non ce la faccio più qui, voglio stare con mio padre." Sussurrai spaventata di sapere il suo parere.
"Potevi dirmelo, sai che con me puoi parlare." Sospirò tenendo le mani strette tra le tempie, i suoi occhi erano tetri e scuri non riuscii a capirne il motivo.

"Voglio lasciarmi tutto alle spalle, Ashton." Dissi scuotendo la testa ripetutamente mentre cominciai ad alzarmi per afferrare un bicchiere dalla dispensa e riempirlo di acqua.
"Tutto ma non Luke," Affermò con un leggero sorriso sul volto, si alzò e avvicinò a me "mi mancherai." Continuò, poi posò un bacio sulla mia fronte e mi fece un cenno con la mano per avvertirmi che stesse per andare via. Lo salutai anche io inarcando le mie labbra in un lieve sorriso.

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