Winter

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Le mani fredde e screpolate raggelarono al soffio pungente del vento. Sentivo l'inverno penetrare indisturbato sotto la mia pelle facendomi rabbrividire ad ogni passo che lentamente calciavo.
Ritirai i palmi delle mie mani sotto la felpa e nascosi il naso tra la lana calda e morbida della mia sciarpa.
Soffio dopo soffio mi sembrò di congelare lentamente, sempre di più.

Ho sempre odiato l'inverno e la sensazione improvvisa dei brividi che si espandono dalla schiena a tutto il mio corpo, gli occhi lucidi e rossi che sembra siano costantemente sul punto di piangere. Le labbra bianche e secche, piene di taglietti quasi invisibili che bruciano ad ogni sorriso.
Non sono mai stata favorevole all'inverno e nemmeno all'estate. Non mi sono mai piaciuti gli estremi; preferisco la primavera e l'autunno, i toni intermedi. I periodi perfetti in cui non devi nasconderti dentro un pesante e capiente maglione di lana, non devi scoprirti completamente con minuscole canottiere e crop tops indecenti.
Ho sempre preferito la frescura e il sole pallido della primavera, al caldo e limpido cielo azzurro dell'estate, il moderato vento d'autunno alla gelida neve dell'inverno.
L'unico aspetto positivo dell'inverno è sempre stato il natale; con le luci colorate che animano le strade e le famiglie felici che comprano i regali, gli alberi alti fino al soffitto colmi di decorazioni che illuminano i salotti delle case della città, l'aria serena e lieta, la tranquillità e la quiete delle vacanze.

Quest'anno speravo con tutto il mio cuore che natale non arrivasse mai.
Non sarei mai stata capace di immaginare la mia festa preferita senza una parte della mia famiglia, senza mio padre e le sue ricorrenti tradizioni.
Il modo sereno e dolce di svegliarmi la mattina presto con un sorriso sul volto e un vassoio colmo di torta al cioccolato.
L'abitudine che aveva di lasciare la porta aperta prima di uscire per poi rientrare con le braccia incrociate dietro la schiena che cingevano il mio regalo di natale.
Il profumo di caffè caldo che proveniva dalla cucina misto alla fragranza del tacchino che mamma cucinava.
Gli abbracci interminabili che i miei genitori si scambiavano e i sorrisi che illuminavano i nostri volti.

Quest'anno sarebbe stato tutto diverso, quest'anno non sarebbe stato natale.

Mi risvegliai dai miei pensieri e notai di essere arrivata nel posto in cui ero diretta. Entrai a passo pacato nel negozio di musica della città e mi ritrovai ad osservare il bancone delle ultime uscite discografiche. I miei occhi cominciarono a brillare quando si posarono su quello che stavo cercando da settimane: il nuovo cd di James Blunt. Lo afferrai tra le mie mani e lo sfiorai con cautela come se fosse la cosa più preziosa che avessi mai avuto tra i miei palmi.
Osservai il prezzo e arricciai il naso con dissenso; avevo portato con me solo la metà di quello che il cd costava in realtà.
Lo guardai ancora tra le mie mani e lo appoggiai nello scaffale sospirando.

Sentii il respiro di qualcuno sul mio collo e lo sguardo fisso sul mio viso, avvampai di terrore e riproposi a me stessa di non voltarmi a guardare di chi si trattasse.
Delle mani bianche con delle lunghe dita affusolate sfiorarono quello che avevo appena riposato nel bancone.
"Che bella scelta, Hazel." Affermò una voce che conoscevo già, guardando con un ghigno sul volto il nuovo cd di Blunt.
Luke mi sorrise e mi salutò con un occhiolino, rimasi impassibile a quel gesto e camminai verso l'uscita del negozio.
Quando fui finalmente fuori, sospirai per il sollievo di non dover più fingere che non mi interessasse del suo sguardo su di me e delle sue labbra incurvate in un socievole sorriso.
Sentii il tintinnio delle campanelle che la porta emetteva quando qualcuno usciva dal negozio e cominciai a camminare di fretta per la mia strada quando il rumore dei passi di qualcuno si avvicinava sempre di più.
Luke era di nuovo di fianco a me e osservava minuziosamente la mia espressione perplessa. Quando mi fermai di getto lo scrutai con uno sguardo interrogativo e mi sorrise in cambio cedendomi una busta rigida completamente bianca.
La afferrai titubante e ne osservai il contenuto. Il nuovo cd di James Blunt era racchiuso tra la carta bianca.
"Pensavo che ti piacesse e ho deciso di comprartelo." Sorrise il biondo spostando il suo sguardo sulle mie mani che reggevano distrattamente la copertina fredda del cd.
"Non dovevi, Luke." Affermai convinta di quello che stavo dicendo, ed in parte felice, evitando di guardare nei suoi occhi, distaccata.
"Speravo di vedere un tuo sorriso." Sospirò buttando gli occhi azzurri al cielo, li spostò subito dopo di nuovo su di me guandandomi come se stesse aspettando qualcosa.
Gli mostrai un sorriso forzato e lo ringraziai, poi cominciai a camminare sperando di non essere seguita.

Sentii i suoi passi affiancare i miei e sbuffai continuando a scrutare la strada. Il suo sguardo bruciava la mia pelle, ogni secondo che passava sentivo le mie guance incendiarsi sempre di più.
Indisposta, buttai i miei occhi verso quelli di Luke che sembravano tutto fuorché felici. Arricciai le sopracciglia e scossi la testa leggermente cercando di distogliere il mio debole sguardo da quello ipnotizzante di Luke.
Un brivido attraversò la mia schiena quando sentii la sua mano gelida sfiorare la mia. Avvertii le sue dita aggrapparsi alle mie e cingere forte il mio palmo. Contemplai le diverse colorazioni della nostra pelle, la sua candida e chiara, la mia rosea e liscia.
Lasciai la presa e camminai osservando il movimento delle mie gambe ad ogni passo.
"Mi spieghi cosa ti prende?" Parlò ad alta voce Luke guardando fisso i miei occhi insicuri e sommessi.
"Che cosa ho fatto di sbagliato?" Urlò piu forte questa volta alzando le mani al cielo.

"Non ti capisco mai, Luke. Un minuto mi sorridi e l'altro mi guardi come se fossi l'unica persona al mondo che non vorresti vedere." Sentii la voce tentennare, se dapprima era affievolita adesso era diventata forte e ferma.
"Spiegami cosa c'è che non va nel mio comportamento, cosa sbaglio? Dimmi qual è il problema." La sua voce potente tuonò nelle mie orecchie e mille parole si susseguirono pasticciosamente tra i miei pensieri, affollando la mia mente.
"Non riesci ad accorgerti da solo?"
Non ricevetti nessuna risposta così decisi di continuare a dimostrare le mie ragioni ed i suoi torti.
"Non riesci a notare il continuo cambiamento del tuo umore?" Affermai al ragazzo che si trovava di fronte a me con uno sguardo perplesso e spaesato sul volto.
"Non posso crederci, Luke, non fingere di non notare, non fingere di non capire!" Urlai nel vuoto di quelle strade e sentii la mia voce ritornare indietro sottoforma di eco.
"Non riesco a contenere le mie emozioni." Ammise le sue colpe, il biondo osservando la punta delle sue scarpe.
"Si, è proprio così!" Parlai ad alta voce scrutando il viso pallido di Luke.
"Lo so che il mio comportamento non è divertente e non è nemmeno facile da sopportare o capire ma non voglio che ti allontani da me solo per questo." Affermò il biondo con una voce supplichevole quasi sul punto di piangere.
Percepii il mio cuore battere più forte a quelle parole e alla vista del suo viso contratto.
Guardò con curiosità il mio volto e aspettò che parlassi di nuovo. Rimasi in silenzio e cercai qualcos'altro da dire ma nessuna idea affiorò nella mia mente. Lo guardai per un'ultima volta stretto in quei jeans neri e con lo sguardo perso nel vuoto ancora in attesa di una mia risposta.
"Devo andare, Luke, grazie per il cd." Annunciai girando su me stessa cominciando a camminare via da lui.

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Strisciai i miei piedi pesanti il più lontano possibile e mi ritrovai a camminare per una via poco illuminata cinque isolati più avanti lo store musicale.
Sentii della musica parecchio forte provenire da un bar che non avevo mai visto prima. Mi fermai davanti la vetrina e sottovoce pronunciai le parole scritte in nero sull'insegna rossa: smuke's.
Arricciai le sopracciglia curiosa e osservai con attenzione le finestre oscurate della vetrina cercando di intravedere qualcosa.
Dei tavoli da biliardo, un vecchio banco bar di legno e due dozzine di ragazzi dediti a giocare e a finire i loro drink.

Decisi di entrare, senza pensarci troppo mi ritrovai seduta su uno di quegli scomodi sgabelli di legno girevoli.
"Cosa ti porto, ragazzina?" Parlò un uomo muscoloso e tatuato dagli occhi neri come la pece. Lo guardai perplessa cercando una via d'uscita da quel torvo sguardo.
Non pronunciai parola aspettando che dicesse qualcos'altro, fortunatamente qualcun'altro prese posto vicino a me.
"Vodka liscia, Jack." Annunciò una voce che mi sembrò di conoscere, mi voltai di fretta per notare se le mie orecchie avessero sentito bene.
La figura stanca di Ashton poggiava fiacca sullo sgabello in attesa di ricevere il suo ordine.

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