Apologies

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Le scuse non mi sono mai piaciute; il modo con cui la gente le pronuncia con sufficienza o la speranza che fa brillare gli occhi ansiosi di ricevere il famoso "ti perdono" in cambio.
La redenzione non l'ho mai accettata. Quando sei responsabile di aver danneggiato una persona a tuo piacimento, a maggior ragione, non puoi riceverla.

Le scuse di Ashton non possono essere accettate, non potrà ricevere il perdono. Non sarò mai in grado di ammettere il perdono e di conseguenza affermare che Michael sia morto solamente a causa sua, di concedere ad Ashton di vivere una vita priva del peso del rimorso e del rimpianto.
Deve sopportare lo stesso dolore che sono riuscito a trattenere dentro di me per tanto tempo, deve digerire ed adattarsi al risentimento che sosterrà sulle sue spalle come una pesante pietra da trasportare dietro di sè ogni giorno.

Dear Michael,
non è cattiveria, non è crudeltà, non è brutalità o durezza. È quello che ho deciso che sia giusto ed è questo quello che cercherò di difendere fino a che non troverò che sia correrto che Ashton riceva il condono.

Sento bussare alla porta con durezza e scendo in fretta le scale per aprire la porta.
Mia madre stesa sul divano non distoglie lo sguardo dalla porta e segue il mio cammino con gli occhi stanchi e socchiusi.
"Mamma, perchè non hai aperto tu?"
Sussurro a mia madre cercando di non farmi sentire da chi aspetta dietro la porta.
"Non ho sentito." Afferma girandosi verso la televisione dandomi completamente le spalle.
Sospiro forte abbastanza per essere sentito.

Guardo dall'occhiello sulla porta e osservo il viso di Calum distorto.
Apro la porta e il suo volto si illumina in un sorriso tanto brillante e smagliante da provocare istintivamente il mio.
"Come mai qui?" Chiedo con interesse a l'unico vero amico che ho sempre avuto al mio fianco.
"Avevo voglia di parlarti." Disse lui riducendo il suo sorriso al minimo tutto d'un colpo, spegnendo il mio con la stessa velocità con cui il lampo colora il cielo in tempesta.

Apro di più la porta e lo faccio entrare, cammina prima di me salendo le scale e girando l'angolo come se l'avesse fatto un miliardo di volte. Mi guarda prima di entrare per ricevere il permesso, annuisco e entrambi entriamo richiudendoci la porta alle nostre spalle.
"Di cosa vuoi parlare?" Domando ad un Calum cupo e con lo sguardo sulla chitarra che Michael mi aveva regalato.
"La sai suonare ancora?" Disse il moro cambiando chiaramente argomento.
"Si, ma non suono da tanto." Rispondo cercando di soddisfare la sua domanda e assecondando la diversa piega che sta prendendo il discorso.
"Posso provare?" Chiede Calum con lo sguardo luminoso rivolto verso la chitarra poi si gira a guardarmi.

Non mi da nemmeno il tempo di annuire che si trova posizionato davanti la chitarra bianca in attesa di una risposta che sa che non riceverà.
Afferra la chitarra con cura e fermezza, strimpella qualche nota per accordarla.
Incurvo le sopracciglia sorpreso dalla fluidità e la sicurezza con cui il moro suona le note di I miss you dei blink182.
Comincia a cantare e colgo il suo accento in ogni parola che pronuncia, mi immergo nel suono della sua dolce voce e mi sembra di sentire il suo cuore tra le mie mani pompare sempre più veloce ad ogni emissione di voce.
Tutte le parole di quella canzone mi riportano alla prima volta che l'ho sentita cantare da Michael e tutti i tentativi che avevo compiuto nel sembrare minimamente intonato cantando questa canzone.

"Where are you, and I'm so sorry, I cannot sleep, I cannot dream tonight."
Canto sussurrando sperando di non essere sentito ma noto la scaltrezza con cui Calum smette di suonare per un attimo e sposta lo sguardo sui miei occhi.
Riposa gli occhi attenti sulla chitarra e continua a cantare sulle note di quella canzone malinconica che Michael mi ha fatto amare la prima volta che l'ho ascoltata.

"I need somebody and always." Sento le parole uscire dalla sua bocca lentamente, cambiando leggermente il ritmo della canzone.

"This sick strange darkness comes creeping on so haunting every time." Questa volta canto più forte ma senza esagerare, arriccio il naso al suono di quelle parole che vengono pronunciate dalla mia voce.
Ammetto che racchiudono in sintesi la mia tetra e sofferente anima.

Calum smette di suonare e riposa la chitarra attentamente al suo posto e viene a sedersi di fianco a me. Guarda con nervosismo i suoi palmi ed incrocia le dita tese e contratte cercando di rilassarle.
Sento le sue braccia cingere le mie spalle e le sue labbra pronunciare l'ennesimo "mi dispiace".

"Sei così bravo Luke." Sussurra il moro stringendo ancora le mie spalle in un abbraccio che sembrava non finire mai.
"Non molto" faccio una pausa poi continuo "non come lui." Affermo trattenendo le lacrime che cercano scaltre una via d'uscita. Chiudo e apro gli occhi in fretta reprimendo il desiderio di lasciare sfogare i miei occhi pieni e cupi che avrebbero bagnato involontariamente le mie guance.

Scioglie l'abbraccio e mi guarda negli occhi con uno sguardo sincero e protettivo.
"Sei bravo come lui. Eravate alla pari lo siete sempre stati e voglio che tu capisca che la tua vita non deve essere un continuo paragone con Mikey. Hai delle buone qualità, Luke, devi sfruttare al meglio le potenzialità che hai; continua a suonare, continua a cantare, ti prego. È questo quello che avrebbe voluto lui: che diventassi qualcuno e che ti dedicassi alla musica. Michael è stato il primo a notare il tuo dono, il primo a sentirti cantare e colui che ti ha insegnato quello che sai. Fagli vedere il tuo coraggio perchè sa, come so anche io, che ne hai da vendere."

Dice Calum tutto d'un fiato lasciandomi quasi di stucco.
Non mi sarei mai aspettato quelle parole da lui e in questo momento.

Ho sempre saputo che credesse in me e in ogni cosa che facevo ma non ricordavo che conoscesse la passione per la musica che Michael mi aveva trasmesso e l'amore che ci avevo messo nell'imparare tutto quello che la sua bocca pronunciava come se fosse oro da colare, poesie da ricordare a memoria.

"Calum." Pronuncio senza parole cercando un'argomento di cui poter parlare nella mia testa piena di pensieri e idee troppo astratte.

Fortunatamente sento bussare alla porta e lascio Calum seduto in camera scendendo le scale e precipitandomi davanti la porta.
Osservo dietro l'occhiello e il viso che vedo mi fa rimanere immobile per almeno un minuto riflettendo sul da farsi.
"Luke, sei in casa?" Dice la voce stridula di Ashton.
"Lo so che sei lì, ti prego aprimi." Mi supplica sul punto di piangere.
Decido di aprire leggermente la porta e appoggio la testa allo stipite in attesa di conoscere le sue intenzioni.

Il suo viso rosso e corroso dalle lacrime sembra non farmi provare nessun sentimento di sconforto.
"Scusami Luke, volevo solo un'amico ed ho rovinato tutto." Singhiozza il riccio tra un respiro mozzato e l'altro.
Vedo il suo corpo comprimersi e le sue ginocchia scrutare lo zerbino ruvido, le sue mani sul viso si spostarono sistematicamente sui sui capelli tirandoli leggermente per la disperazione.
"Smettila Ashton."
Ammonisco le sue azioni che ai miei occhi appaiono senza significato e prive di vere emozioni, noiose e supplichevoli.
"Ti prego Luke, perdonami." Cerca di parlare ancora ma la sua voce si ferma e comincia a singhiozzare più forte e frequentemente.
"Ashton, alzati." Dico stufo di vederlo in ginocchio.

Si alza obbediendo al mio comando ma il suo viso è ancora coperto dai suoi grandi palmi.
Sposto le mani dal suo volto con freddezza e cerco il suo sguardo affranto con i miei occhi cupi e distaccati.
"Io non so più cosa fare, come faccio a farmi perdonare?" Pronuncia tremolante fissando i miei occhi indifferenti.
"Non avrai il mio perdono, Ashton."
A quelle parole il suo viso si bagna di altre lacrime e il suo mento trema.

Il cuore comincia a scoppiare nel mio petto e sento il battito accellerare singhiozzo dopo singhiozzo.
"Non piangere così." Dico al ragazzo che continua a piangere disperato e contorto dal dolore.
"Volevo bene a Michael, sto cercando di cambiare, perdonami." La mano del riccio si poggia sulla mia spalla, stringendola, l'altra accostata sul suo cuore.

"Una soluzione c'è sempre."
Annuncio guardando il suo viso costellato di lacrime.
Sorrido leggermente cercando di farlo smettere di piangere, cercando di calmarlo.
Sorride anche lui perplesso.

Mi chiedo cosa sia successo all'umanità che avevo calpestato e nascosto nella parte più cupa ed intima di me nei confronti di Ashton.
Il suo volto, le sue lacrime, i suoi singhiozzi, mi avevano convinto a cambiare i miei piani e le mie idee su di lui.
Quel pomeriggio di un grigio e scuro giorno di fine autunno, le mie labbra sorrisero al viso triste e distrutto che avevo ripudiato per un'intero anno ed aveva causato in parte la morte del mio amato fratello; mi convinsi che le mie idee fossero sbagliate e che la redenzione esistesse per tutti.

Mi convinsi che Ashton avesse il permesso ad una seconda possibilità, ma lontano da me.

you complete mess | l.hDove le storie prendono vita. Scoprilo ora