After the sunset

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Rosso, arancione, rosa, giallo.
Osservavo i colori di un vecchio giorno che stava per tramontare insieme a quelle calde tonalità che auspicavano ad una tiepida settimana. I colori ambrati e torridi mi distrassero per un attimo dalla sensazione di frigido gelo che la mia pelle percepiva. Mi strinsi nelle mie spalle e infilai le mani sotto le gambe accavallate che poggiavano su quel muretto vicino casa.
Sentii le braccia di Luke a contatto con le mie spalle, strette e fredde, mi sembrò di essere avvolta da una coperta calda e confortevole.
Sorrisi a quel gesto gentile e premuroso che Luke mi rivolse.
E continuai ad osservare il sole che stava per scomparire completamente seguito dai suoi colori brillanti che diedero posto alle lucenti sfumature di blu e celeste.
Mi voltai verso Luke che era rimasto ipnotizzato da quel cambiamento repentino di colori. La sua espressione era beata e rilassata e mi sembrò di notare un mezzo sorriso.
"È bellissimo qui." sussurrò piano per non rompere la tranquillità che si era creata.
Non distolsi lo sguardo dal suo viso ormai pieno di ombre. Osservai il modo in cui i suoi occhi chiari diventarono più scuri e le sue pupille si dilatarono adattandosi alla variazione di luce. L'iride scomparve quasi del tutto.
"Si è proprio bello." sospirai pensando che forse era giunta l'ora di andare.
Non ne avevo abbastanza, non volevo andare via, non volevo interrompere questo momento di calma e gioiosità per ritonare dentro casa.
"Forse dovremmo ritornare in casa, sta facendo sempre più buio." disse lui guardando i miei occhi leggendo nei miei pensieri.
Mi strinse un po' di più a lui quando concluse la sua sentenza e mi senti al sicuro e in uno stato di pace tale che mi sembrava di stare sulle nuvole.
"Hai ragione." affermai io controvoglia facendo una smorfia.
Scese dal muretto e aiutò anche me.
"Potremo restare ancora." dissi poi contraddicendomi.
Sorrise come se avesse sentito quello che aveva bisogno di udire, si avvicinò di più a me e mi strinse ancora in un abbraccio. Poggiai la testa sul suo torace e mi sembrò di sentire il battito del suo cuore accellerare. Mi sentii bene nel sapere che il mio cuore batteva alla stessa velocità. Adagiai il mio mento sul suo petto e senza vergogna gli rivolsi un'espressione triste e imbronciata.
Subito dopo sorrisi e mi seguì anche lui imitando il mio viso accigliato.
Pensai che a Luke venisse meglio.
Prese la mia mano, poggiò il suo palmo sul mio e dopo incrociò le nostre dita.
Sentii un rumore familiare, era la mia suoneria. Afferrai di fretta il mio cellulare e notai che era mia madre a chiamarmi, sentii l'urgenza di andare.
"Luke, devo andare." Sospirai a quelle parole che non avevo voglia di pronunciare.
Lui annuì solamente e slegò le sue dita dalle mie.
Percepii una sensazione di vuoto appena girò sul suo posto e mi salutò con la mano. "Ciao Hazel." Parlò finalmente e distolse il suo sguardo dal mio.

Camminai con urgenza verso casa stranamente allarmata dalla chiamata di mia madre. Arrivai in fretta e salii le scale.
Mi ritrovai a cercare le chiavi di casa che non riuscii a trovare, decisi di citofonare quando sentii il rumore di qualcuno che urlava e di qualcosa che si frantumava in mille pezzi. Non riuscii a decidere se fosse stato un piatto o il mio cuore.
Nessuno venne ad aprirmi, nascosi il mio viso tra le mani e trascinai la mia schiena sulla porta fino a poggiarmi per terra.
Mia madre urlava parole che non riuscivo a comprendere, la loro posizione era troppo lontana per riuscire ad udire qualcosa.
Non riuscii a trattenere le mie emozioni che esplosero in un mare di lacrime che trovarono approdo nelle mie guance asciutte.
"Devi andare via da qui, o vai via tu o andiamo via noi." Mia madre urlò e fu l'unica cosa che riuscii a sentire data la distanza e la velocità con la quale le sue parole uscivano dalla sua bocca.
E mio padre rispose che sarebbe andato tutto meglio, che dovevamo solo mettere tutti i pezzi di questo puzzle insieme, che aveva bisogno di noi.
Allo stesso modo io avevo bisogno di lui, del suo essere sempre così accondiscendente e gentile con me, del modo in cui mi guardava quando parlavo di Orlando e chiedevo di tornare a casa in lacrime. Mi ripeteva che saremo tornati, che mi avrebbe riportato quando avremo avuto abbastanza risparmi per tirare avanti.

Sentii dei passi avvicinarsi alla porta e il rumore di qualcosa di pesante appoggiarsi sul pavimento.
"Abbiamo solo bisogno di tempo Trecy, lo sai che ti amo ancora."
Sospirai di seguito alle parole che mio padre pronunciò, mi asciugai in fretta le lacrime che avevano bruciato il mio viso come se fossero state lame di fuoco. Mi alzai dal pavimento e bussai alla porta, sperando di essere sentita questa volta.
Mio padre aprì la porta con gli occhi lucidi, le guance rosse e un pesante borsone tra le mani.
"Dove stai andando?" chiesi con la voce che tremava ancora per il pianto che sembrò non volesse fermarsi più.
Posò la borsa sul pavimento e mi strinse in un abbraccio, sentii la sua voce rompersi cercando di annunciarmi qualcosa.
"Vado via per un po'." Mi disse trattenendo le lacrime, mi guardò negli occhi e mi accarezzò viso come era a lui solito fare quando mi vedeva piangere.
"Non voglio che vai via, dove vai? Mamma, dove va?" Urlai cercando una risposta da uno di loro.
"Tuo padre non può restare qui." disse mia madre con la voce finalmente tranquilla e il viso stravolto dalle lacrime.
"No, può restare, deve restare mamma!" Alzai la voce più che potevo cercando di scandire bene le parole che uscivano dalla mia bocca rotte e singhiozzate.
"Hazel, ci vediamo presto." Annunciò mio padre uscendo dalla porta di casa con un solo borsone in mano e tutto il suo passato frantumato in milioni di pezzi.
"Mamma, fermalo ti prego." Parlai a mia madre che osservava la scena con distacco.
"Papà." Urlai sullo stipite della porta quando lui era già in macchina pronto per partire. Corsi verso la portiera dell'auto che non era ancora chiusa e sentii i passi di mia madre seguirmi.
"Voglio venire con te, papà." Sussurrai tra le lacrime fissando lo sguardo perso di mio padre fissare il manubrio della sua vecchia macchina.
"Non puoi, rimani con la mamma. Ci rivediamo presto, vedrai, le passerà." Cercò di ammettere a se stesso più che a me, le parole che aveva appena pronunciato.
"No, papà." Chiuse la portiera e mise in moto la macchina.
Le braccia di mia madre cercarono di stringermi in un abbraccio da cui scappai. Cercai di rincorrere la macchina di mio padre ma non ci riuscii. Mi sedetti per terra tra le lacrime, il respiro mozzato e i singhiozzi che non smettevano di uscire dalle mie labbra.
"Papà." Urlai nella buia e nebbiosa sera di quel giorno malinconico in cui mio padre se ne andò.
E non riuscii a trovare un modo per smettere di piangere, non riuscii a trovare un modo per sopravvivere senza di lui.

you complete mess | l.hDove le storie prendono vita. Scoprilo ora