Luke

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Caro Michael,
La casa è in disordine e non ho nessuna voglia di sistemare la mia roba.
Le cuffie suonano nelle mie orecchie una musica assordante che mi tiene sveglio e mantiene calmi i miei pensieri. Avevo davvero bisogno di un giorno di riposo da scuola, di un po' di pace.
Se ascolto la musica ad alto volume riesco a smettere di pensare a quanto mi manchi e a quando non ero figlio unico. C'è troppo silenzio da quando sei andato via.
Mi avevi detto che dovevo smetterla di scrivere su questo diario, odiavi quando passavo il mio tempo a scrivere e mi lamentavo tutte le volte che aumentavi il volume dello stereo.
Adesso sono io ad alzarlo fino a che non riesco a sentire nemmeno il mio respiro.
Non so se mi vedi e se sei arrabbiato con me perchè continuo ad annotare ogni cosa su queste pagine ma mi conforta. Scriverti mi fa stare meglio.
A scuola pensano che sia un ragazzo misterioso perchè a volte scompaio per qualche giorno e non parlo con molte persone oltre che con Calum. Tutti mi guardano con occhi diversi e le ragazze mi fissano come se fossi un dio greco. So che se ci fossi tu rideresti di questo e saresti felice di come tuo fratello è cresciuto sotto le tue regole ma questa situazione non fa per me. Sai che odio essere osservato, stare con tanta gente. Mi piace stare solo e avere i miei spazi.
Solo ora capisco che la mamma aveva ragione quando ci diceva che siamo come dolce e salato, come cioccolata e polpette.

Mi alzai dal letto togliendo le cuffie dalle mie orecchie e andai verso la scrivania per posarle sullo scaffale e andare in cucina. In lontanza vidi una foto di me e Michael da bambini mentre giocavamo in soffitta.

Era passato ormai un anno da quando Michael era stato trovato morto nella stanza di fianco alla mia. Overdose ci avevano detto.
Michael era dipendente da almeno un anno e io lo sapevo ma non avevo fatto niente per aiutarlo ingenuo nel pensare che un giorno avrebbe smesso da solo con le sue forze e che questa non era una vera dipendenza.
Invece lo era: la mattina faceva sempre fatica ad alzarsi e prima di andare a scuola si chiudeva in soffitta per almeno un'ora. Era in ritardo a scuola quasi ogni giorno, andava male in quasi tutte le materie e faceva quello che voleva senza chiedere il permesso a nessuno. Tornava tardi a casa e dormiva quasi tutto il pomeriggio, si alzava alla sera, usciva e ritornava nelle prime ore del mattino.
Tutte le volte che tornava più tardi del solito bussava alla mia porta e mi chiedeva se ero sveglio, io gli dicevo di entrare e lui mi guardava stanco e pronunciava sempre le stesse parole "Vieni, andiamo in soffitta". Io lo seguivo perchè sapevo cosa stavamo per fare e sorridevo.
Ci sedevamo sulle sedie a dondolo e guardavamo l'alba dalla finestra.
Era stato difficile i primi mesi abituarsi a quel silenzio, a non sentirlo più mentre cantava sotto la doccia le canzoni dei green day o sentirlo suonare la chitarra. Mi aveva insegnato a suonare e avevo provato con cura a diventare bravo come lui ma da quando è morto non ho più toccato una chitarra.
Non sono più entrato nella sua stanza, non ne ho il coraggio.

you complete mess | l.hDove le storie prendono vita. Scoprilo ora