Unexpected

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Ashton era andato via, col volto tra le mani e il respiro mozzato e per quanto avessi voluto stringerlo per farlo sentire meglio, non l'avevo fatto. Codarda e convinta che quell'abbraccio sarebbe significato accettare il suo pentimento. Rimasi immobile alle sue parole e alle indebitate scuse che ricevetti. Scuse che non dovevano essere le mie orecchie ad udire ma quelle piccole e chiare di Luke.
Tutto quello che avevo fatto era stato rimuginare sulle sue parole, una dopo l'altra.
Se avesse mentito io ci avrei creduto alle sue stupide sentenze.
Se le sue parole fossero state bugie e le sue mani fingessero di tremare allora io avevo abboccato in pieno al suo inganno. Allora era stato davvero bravo a fingere di essere fortemente dispiaciuto così tanto da scappare per fuggire verso un rifugio sicuro.
Ammisi che la reazione di Ashton non poteva essere una farsa; il suo viso non era mai stato così scavato e pallido, le sue labbra non erano mai state così bianche e inespressive. Nel suo volto risplendeva un'alone cupo e malinconico di tristezza e dispiacere.
Sentii il mio cuore spezzarsi in mille pezzi al solo pensiero.

Percepii il mio cuore battere, gradualmente, più veloce di prima, quando i miei occhi scrutarono un alto ragazzo dai capelli dorati e due iridi color oceano. Si avvicinava spedito verso la mia panchina fissando i suoi passi.
Sorrisi quando arrivò al capolinea e si adagiò con poca leggiadria sulla panchina in cui ero rimasta quasi tutto il pomeriggio.
"Ciao Luke." Mi girai per ammirare i suoi occhi ma mi accorsi che non stavano guardando verso la mia direzione. Spostai anche io lo sguardo e mi ritrovai a guardare due bambine che ridevano felici e sicure di essere sotto l'occhio protettivo del padre che a sua volta, sorrideva.

Guardai di nuovo verso di lui che non aveva ancora risposto al mio saluto.
"Come va?" Parlai ancora sperando che la bocca del ragazzo si aprisse per pronunciare anche solo una parola.
"È okay." Disse lui continuando a fissare le sue mani lunghe e screpolate non degnandomi di un solo sguardo.

"Che ci fai qui?" Chiesi cercando altre domande a cui Luke avrebbe potuto rispondere.
Non rispose, rimase in silenzio e con la scaltrezza e la velocità di una volpe acchiappò il suo diario dallo zaino e ne strinse la copertina.
"Niente." Disse liquidando la mia domanda con la risposta più scialba che potevo aspettarmi.
Aprì il piccolo diario caotico e scrisse di getto un mucchio di parole che non riuscivo a comprendere perchè troppo piccole da quella distanza.
Si girò un po' più verso destra per non essere osservato mentre continuava a scrivere alla rinfusa dozzine di pensieri senza fermarsi un attimo.

Riaprii il diario che avevo poggiato sulle mie gambe qualche ora fa e continuai a scrivere nella stessa pagina cercando di usufruire di ogni spazio pulito rimanente. Mi prefissai di scrivere in un modo poco comprensibile per essere sicura che Luke non capisse in tal caso si girasse a guardare.

Dear diary,
i suoi modi di fare mi confondono allo stesso modo del suo umore cangiante.
Non so mai come comportarmi con te, Luke. Come devo riuscire a capirti se un minuto prima i tuoi occhi brillano chiari e luminosi e un secondo dopo sono cupi e tenebrosi?
Se le tue labbra si aprono in un sorriso e qualche momento dopo sono serrate in una smorfia di disgusto o rabbia?
La tua indifferenza mi confonde e chiedo ripetutamente a me stessa: cosa ho sbagliato per ricevere quest'apatia in cambio?

Pensai che andarmene senza dire una parola fosse la cosa giusta da fare, così sistemai tutte le mie cose dentro lo zainetto e lo posizionai sulle mie spalle cominciando a camminare.
Sentii qualcuno seguirmi qualche secondo dopo e mi voltai a guardare intimorita che potesse essere qualcuno che volesse importunarmi. Vidi l'alto ragazzo che era seduto di fianco a me un minuto prima e increspai le sopracciglia voltando di nuovo il mio viso verso la strada deserta.
Notai solo poche macchine passare da quella strada che ogni giorno percorrevo per ritornare a casa.
I miei passi e quelli del ragazzo che camminava dietro di me, si univano all'unisono.

Sentii Luke fare dei movimenti più svelti, cercando di raggiungere la mia posizione.
"Che cosa vuoi?" Dico al biondo girandomi per osservare meglio le due iridi incerte.
Colma d'ira mi girai di nuovo verso la mia direzione e camminai sempre più veloce tanto da sentire il mio fiato spezzarsi.
A trenta passi circa da casa, Luke riuscì a raggiungermi e afferrò il mio braccio tirandolo leggermente verso di sè. Facendomi sobbalzare per la sorpresa del suo gesto.
Il suo sguardo fisso sul mio, il blu dei suoi occhi di nuovo brillanti contrastavano i miei scuri e profondi.
Mi sembrò di perdere ogni possibilità di respirare quando il suo volto si avvicinò clamorosamente al mio.
Nessuno dei due si mosse da quella posizione e quell'istante sembrò durare un secolo.
Sentii la sua bocca gettare un sospiro indeciso fuori da quelle rosee labbra strette dalla presa del suoi incisivi.
La sua mano si posò sul mio viso caldo e il suo pollice accarezzò lievemente la mia pelle.
Poggai la mia mano sulla sua e la spostai senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi confusi.
Afferrai lo zaino che avevo appoggiato per terra e camminai per la mia strada, lasciando alle mie spalle un Luke basito.

Ed ero sconvolta anche io del gesto che avevo appena commesso; non posso precludere a me stessa la voglia che ho di stringerti e sentirmi protetta tra le tue braccia come la prima volta, non posso fingere di non desiderare le tue labbra sottili sulle mie ma a volte penso che se avessi dovuto decidere chi incontrare nella mia vita forse avrei scelto di tenerti lontano se solo avessi saputo il male che avrebbe fatto sopportare i tuoi silenzi e digerire i tuoi improvvisi cambiamenti d'umore, Luke Hemmings.

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