Time

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Senti il profumo inebriante di camomilla e rose e qualcuno muoversi di fianco a me, percepii il calore di una figura esile stringermi tra le sue braccia e ne sorrisi leggermente notando che si trattasse di Hazel.

Non avevo dormito quasi per niente troppo impegnato a pensare a quanto bella la ragazza fosse senza nessuno strato di cotone che l'avvolgesse.
Mi ero chiesto tante volte come sarebbe stato amare qualcuno a tal punto da perdere il respiro, o come sarebbe stato osservare tutto ciò di cui hai bisogno andar via davanti i tuoi occhi.

Quella sera Hazel me lo ricordò almeno quattro volte che sarebbe andata via ed avrebbe lasciato me e qualsiasi altra persona a cui teneva, qui, ad aspettare con ansia un suo ritorno.
Odiavo ed ho sempre odiato la parola 'aspettare' perchè implicava così tanti altri sentimenti correlati che sapevano solo farmi stare ancora più male.

Se avessi saputo che se ne sarebbe andata e non sarebbe ritornata forse avrei lasciato perdere, avrei dimenticato con fatica e controvoglia tutto quello che avevo trascorso con la ragazza dai capelli mossi e profumati, dalla pelle morbida e olivastra.

Avrei voluto stringerla per più tempo, avrei voluto baciarla per più tempo, consolarla per più tempo, aiutarla per più tempo.
Sentii le lancette del mio orologio ticchettare sempre più in fretta e mi sembrò di impazzire.
Non avevo più tempo.

"Hazel." Sussurrai cercando di svegliarla delicatamente, il suo corpo ancora nudo e coperto da qualche lenzuolo, il suo collo liscio e sgombro dai sui capelli vellutati e la sua pelle candida esposta ai lievi e pallidi raggi del sole che penetravano dalle fessure della serranda.

La ragazza si mosse un po' e poi si lamentò con qualche gemito, si stiracchiò ed infine aprì gli occhi e mi sembrò di sprofondare nella verità che non avevo ancora concepito ed assimilato.
Non avevo più tempo.

Non ci pensai un attimo ad avvicinarmi al suo viso per sfiorarlo ancora una volta, poggiai il mio palmo sul suo collo e riscaldai le mie labbra con le sue.
Quando mi spostai percepii che la mia espressione non fosse una delle migliori al momento: sentivo il viso corrugato e raggrinzito da mille rughe, il mio volto sembrava perplesso ma non lo ero.
Era solo terrorizzato.

"Buongiorno anche a te." Ridacchiò la ragazza anche se un po' confusa per la mia espressione. Poggiò le sue mani sul mio petto e la sua testa, la osservai chiudere nuovamente gli occhi. Respirai ancora del suo profumo e cercai di non tremare per la forza che avevo esercitato nell'espirare.

"Mi mancherà questo odore." Sussurrai e lei sospirò richiudendo gli occhi. Le carezzai il viso con la punta delle dita e la vidi trasalire.
"Anche a me il tuo," disse tracciando delle linee rette sul mio petto ma la fermai, protestando.
"Non è vero." Ammisi osservando verso di lei, mi scrutò con uno sguardo triste e deluso come se avessi detto qualcosa di offensivo.

"Mi mancherà il tuo profumo e i tuoi continui cambiamenti d'umore, ed ogni altro aspetto di te." Disse la ragazza osservando i miei occhi con cautela, sembrava sincera e cercai di assorbire quella sua affermazione.
"Non saresti in grado di andare via se è vero quello che mi stai dicendo." Dissi con un tono forte e crudo al contrario dei miei gesti, dolci e lievi, gli stessi della notte seguente.

"Lo sto facendo anche per te." Affermò chiudendo gli occhi quando le mie mani le sfiorarono il collo delicatamente.
"No Hazel, non dire che lo stai facendo per me, a cosa servirebbe? Ti stai sbagliando se pensi che starti lontano possa farmi del bene." Scrollai la testa ancora poggiata sul cuscino mentre una suoneria continuava a risuonare all'interno della stanza.

Capii che non si trattasse del mio cellulare quando la ragazza si alzò coprendosi solo con un lenzuolo e osservando per un attimo lo schermo camminò verso la porta.
Rimase ferma e mi guardò prima di rispondere.
"Ehi papà." Disse al telefono allontandosi da me e uscendo dalla stanza, sentii la sua voce più lontana e tutto quello che volevo fare era origliare la sua conversazione col padre. Mi alzai e avvicinai alla porta senza paura delle possibili conseguenze.

"Si, non vedo l'ora di vederti." Affermò la ragazza, sentii un rumore giù nel mio petto ma non me ne curai, continuai ad ascoltare.
"Domani?," chiese un po' stupita poi continuò "è presto papà dovevo salutare i miei amici e fare le valigie." Pensai a me stesso dopo quella chiamata, a me stesso dopo quella giornata.
Non vidi altro che buio.
Non era rimasto più tempo.

"Lo so che non puoi più cambiarlo, spero di riuscire a fare in tempo." Annunciò prima di camminare verso la porta, poggiò le sue mani su di essa e aspettò prima di entrare.
"Allora a presto, ci sentiamo domani." La ragazza salutò il padre poi entrò, sussultò quando mi vide, perplessa si chiese se avessi ascoltato quello che aveva detto al padre.

"Che ci fai qui?" Domandò ma io non risposi, la guardai senza dire niente, incapace di respirare o emettere un solo fonema.
Scrollai la testa e mi sedetti sul letto prima che lei potesse avvicinarsi di nuovo a me, ma, deludendo le mie aspettative, si distese sul letto per un attimo e poi trasalì di nuovo.
Scrutai il suo viso con un'espressione tetra e cupa, quasi senza emozioni, privo di sentimenti.
"Buon viaggio." Dissi l'unica cosa che mi venne in mente e mi alzai cominciando a risistemare la sua roba nella sua borsa.

"Che stai facendo?" Domandò forse incapace di capire che cosa intendevo dire con quella frase d'incoraggiamento. Mi fermai un attimo e spostai l'elastico dei boxer che sembrava bruciarmi sulla pelle, l'osservai con uno sguardo indifferente e le sorrisi.
"Sistemo le tue cose così andrai via più velocemente possibile."

"Che cosa intendi?" Chiese facendo finta di non capire le mie intenzioni.
"Devi andare via, adesso," dissi gettando un paio di mutande nella sua borsa "vestiti e ritorna a casa o non finirai di fare le valigie." Affermai sicuro di me, le posai la borsa vicino ai suoi piedi nudi come il resto del suo corpo avvolto da un lenzuolo candido.

"Non voglio andare via." Sussurrò cercando di non farsi sentire ma quando recepii le sue parole cercai di urlare il più pacatamente possibile.
"Allora smettila di scappare! Tu stai andando via da sola, non ti sto cacciando io!" Non riuscì a trattenermi per la troppa rabbia, sentii il mio viso avvampare di un forte colore rosso.

La ragazza afferrò le sue cose e si infilò in bagno, ci resto per mezz'ora e poi fuoriuscì pronta per andare via da casa mia.
"Me ne vado allora." Disse Hazel uscendo dalla porta senza aspettare una mia risposta o qualcos'altro.

Scese le scale di fretta e mentre continuavo a guardarla dall'alto delle mie scale.
"Ciao Luke." Urlò girando la maniglia, aprì la porta ma la voce di qualcuno la fermò.
"Tu sei Hazel?" Domandò mia madre impicciandosi nei miei affari, mi guardò e corrugò la fronte.
La mora annuì e scrutò la mia figura, incredula scuoteva la testa.

"Vuoi restare a pranzo?" chiese poi e sentii il mio cuore raggelarsi, lei osservò la mia espressione e anche se sapesse che mi sarebbe dispiaciuto averla tra i piedi per altre ore annuì e poi rispose.
"Sarei davvero lieta, grazie dell'invito." Disse sicura di se' e convinta di rendermi ancora più adirato.
Entrò di nuovo in casa e riuchiuse la porta dietro di se'.
"Ha bisogno di una mano in cucina?" Mi provocò la ragazza che non aveva nessuna voglia di mettersi davvero ai fornelli.

Scusate il ritardo come sempre, troppi compiti in questo periodo, spero vi piaccia! Commentate e votate in tanti! Mi piace tanto quando lo fate!

Ps. Non ho riletto e so bene che è molto corto, domani posterò il resto che sarà secondo il punto di vista di Hazel.

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