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Appena toccai la terra ferma vidi qualcosa che non andava, -potevano sapere da dove eravamo partiti giusto?- domandai correndo verso Stephen, -non è lo stesso posto tranquilla- mi avvertì facendomi annuire, -c'è qualcosa che non mi torna- ammisi guardandomi intorno, -potrebbe essere lei magari?- continuai interrompendo ancora la sua discussione con gli altri, -è qui per controllare- rispose ma continuai a fissarlo, -dai Jasmine non è il momento- continuò girandosi ma rimasi sempre nella stessa posizione, -Stephen che cos'è successo?- chiese proprio la gallina correndo verso di lui, -un altro passo e fai la fine dei quttro- la avvertii, -io non capisco perché ce l'hai con me?- rispose lei mettendosi la mano sopra al petto, o per meglio dire, sopra alle tette che quel vestito poco adatto per una sparatoria alle sei di mattina mostrava, -sarà che sei una gatta morta e lo continui a toccare anche quando quelle cazzo di mani devono stare ferme?- risposi nervosa, -oh ma io non ci provo- rispose facendo la finta colpita, -si ed io sono la regina dell'universo- ribattei già stufa, -Jasmine- mi richiamò ancora Stephen, -basta, sempre Jasmine, Jasmine, Jasmine visto che vi piace tanto stare insieme prego, mi tolgo dalle palle- urlai iniziando a camminare, -vai a piedi?- chiese di nuovo, ma non risposi mettendomi le mani tra i capelli.
Uscii dal porto quando la sua macchina si mise davanti a me; -so che sei gelosa, ma oramai- parlò, -cosa oramai, che sei vecchio?- ribattei facendolo ridere, -non so quanto lo puoi pensare visto quello che dicevi prima- mi rinfacciò, -dai sali e ne parliamo- continuò, -muoviti, o scendo e ti prendo a forza- continuò ma rimasi lì ferma appoggiata al finestrino. Sbuffò aprendo la portiera, scendendo e mettendosi accanto a me, -lhai voluto tu- mi avvertì prendendomi in spalla e facendomi sdraiare sui sedili posteriori. -Lei è una puttana che lavora per me, c'è sempre perché è molto popolare, oggi era lì per una semplice coincidenza- spiegò, -e tu sei Sokolov, se qualcosa ti da fastidio, risolvi il problema- dissi sicura, -ma lei non mi da fastidio, la vedo si e no due volte a settimana, ti ripeto, lhai vista ad una festa, e oggi per puro caso- insistette, -mi da fastidio che lei non ti dia fastidio- continuai ma mi sorrise guardandomi dallo specchietto, -perché dovrebbe darmi fastidio qualcuno di cui non mi interessa?- domandò ma non gli risposi più.

Ritornammo a casa.

-Come mai siete già qui?- ci chiese Diego uscendo dal bagno mezzo addormentato, -perché ci stavano per ammazzare- risposi io andando a lasciargli un bacio, -avete litigato?- continuò indicandomi, -si, è così tanto ovvio perché tua madre esagera- rispose lui, -io sono esagerata? Scusa un attimo ma mi da fastidio se una donna ti tocca le braccia e il petto, giusto?- ribattei guardando mio figlio, -ah, non mi interessa, questi sono proprio affari vostri- continuò rientrando nella sua stanza, -magari lo fa ogni volta che vi vedete- continuai ma scosse la testa, -mai lo fa, quella volta sara stata ubriaca, ha un pó la voce da gallina è vero, ma è una brava persona, che non ci prova con me- disse sicuro avvicinandosi, -ubriaca o meno se fossi stata io al tuo posto? Tu avresti ucciso chiunque si fosse comportato con me come lei fa con te- urlai in risposta, -quindi non prenderla alla leggera, soe che tu non fai niente ma mi da fastidio comunque- continui entrando in stanza, -cosa vuoi che faccia allora, la devo uccidere?- chiese ma scoppiai a ridere, -no, perché non merita tutta questa attenzione una persona che davanti alla famiglia ci prova con te, e tu cretino che glielo lasci fare- finii sbuffando prima di uscire in balcone.

-Mamma- mi svegliò Karine visto che mi ero addormentata sul divanetto in terrazza, -che ore sono?- domandai con ancora gli occhi chiusi, -non lo so, ma Papà è appena uscito sbattendo porta, e tu sei stanca visto che avete finito di urlare da neanche cinque minuti- spiegò facendomi sorridere, -sono proprio vecchia- mi presi in giro, -per niente visto che litigate come due ragazzini- mi rinfacciò facendomi sorridere, -com'è stata la serata?- le chiesi facendola annuire, -te lo spiego dopo però, ora dormi- mi rispose uscendo poi dalla stanza, -ti prendo qualcosa da mangiare?- continuò facendomi annuire subito, -scusa tesoro se ti sto disturbando- parlai, -noi eravamo ancora sveglie, poi abbiamo cucinato la lasagna che voleva tanto provarla- spiegò facendomi annuire, -te ne porto un pezzo aspetta- continuò mentre io annuii. Sbuffai e pensai a tutto quello che era successo finché mia figlia non mi posò il piatto sul comodino, -ora vai che mi sembra di avere la cameriera- le ordinai spingendola fuori mentre rideva.

Mangiai ma dopo aver finito mi passò completamente il sonno, così uscii in giardino per godermi l'aria fresa delle sette. -Scusi signora Sokolov se la disturbo, ma il Vor ha detto che non poteva uscire- mi parlò un uomo richiamando la mia attenzione, -gli dica che quello che dice se lo può infilare nel culo- gli risposi ma poi sbuffai, -anzi, lasci stare, glielo dirò io direttamente- lo avvertii tirando fuori il telefono e chiamandolo, -adesso un tuo uomo mi dice le cose al posto tuo?- domandai appena rispose, -oggi proprio non ti vado giù, quindi perché mai parlarti?- rispose, -mh, interessante- ragionai aspettando qualche secondo prima di rispondere, -perché mai parlarti- ripetei sentendolo sbuffare, -forse puoi usare quella bocca di merda che hai per dire che è vero, se la questione riguarda il tuo essere maschio va bene, facciamo saltare in aria anche mezzo mondo, quando invece centro io chissene frega, tanto anche se è puttana non mi devo preoccupare- conclusi ma non ricevetti risposta, -ecco perché non mi devi parlare, perché non sai neanche cosa dire- conclusi mettendogli giù. -Il tuo caro Vor non è il mio capo- urlai quando sempre lo stesso uomo di prima venne verso di me, che ero seduta in veranda, -in realtà mi ha chiesto di passarle il telefono visto che lei non risponde- mi avvertì facendomi annuire, -scusa- parlai prima di sentire quella voce che in quel momento non sopportavo, -torna in casa- disse sicuro, -no- gli chiusi in faccia ripassando il telefono all'uomo vestito di nero, -è insopportabile- lo informai ma non batté ciglio, -gli risponda per favore- parlò prima che rientrassi in casa.
Indossai il costume prima di uscire ancora a farmi un bagno in piscina. Era passata un'ora fino a quando non lo vidi venire verso di me, che ero ancora dentro l'acqua, incazzato nero, -non fai mai quello che ti dico- disse mettendosi davanti agli scalini con le mani in tasca, -dovresti saperlo da anni ormai- gli risposi, -ma se ti dico che devi entrare in casa, tu entri in casa- insistette ma lo trucidai con lo sguardo. Uscii dalle piscina ed andai faccia a faccia con lui, -e da quando credi di potermi comandare?- domandai curiosa, -da quando non ti sopporto più, non riesci a capire che mi devi ascoltare, entra in casa non voglio fare scenate con i nostri figli che dormono, entra- ripeté questa volta urlando.
Lo guardai negli occhi il tempo necessario per capire; gli sorrisi leggermente prima di rientrare in casa. Quando aprii la porta della camera scoppiai a piangere, così mi chiusi dentro, e poco dopo iniziai a spaccare tutto; specchi, vasi, vestiti, profumi, anche le finestre e le sedie fuori dal balcone: sfinita e in lacrime mi addormentai senza accorgermene sul letto.

Because I don't let you go 3 || Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora