Gaps can't be filled up

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- Harry


Ingoiai un altro goccio di birra, mentre il tempo scorreva e il mio corpo continuava a bruciare lentamente. Ogni singola parte di me era in fiamme, piena di dolore, un dolore che continuava a restare aggrappato alle ossa. E avrei potuto bere ancora, sperare che l’alcol potesse attutire solo per qualche istante, il graffiante senso di colpa che rimaneva fermo nel petto. Ci provavo, a modo mio, a massaggiarmi il petto, credendo che da un momento all’altro, quella strana sensazione che si era impossessata di me, avrebbe deciso di lasciarmi andare.


“Andrà meglio.” Provavi a sperare, invano. Non andava mai meglio. La sensazione di leggerezza sul petto, la sensazione di non avere nessun dubbio, ripensamento, pentimento, era solo qualcosa che la nostra coscienza elaborava per auto convincerci  di stare meglio. Era qualcosa di momentaneo, che durava un attimo. Perché, dopotutto, il dolore non svaniva, il dolore restava.


Girai la bottiglia mezza vuota fra le mani, pensando che anche io, come essa, avevo l’anima mezza vuota, o forse, un po’ di più.
Come li riempi, certi vuoti? Mi chiedevo spesso, ma senza avere mai una risposta vera e propria.

“I vuoti non possono essere riempiti.”
Pensavo. “Loro possono solo crescere.”

E crescevano, interrottamente, strappandomi il respiro. E lei lo aveva capito, che qualcosa, dentro di me, non andava. A volte mentivo, a volte  preferivo restare in silenzio e sperare che lei, all’improvviso, mi incoraggiasse a sputare tutte le parole, tutta la verità che, per paura, non le avevo mai detto.

Lei mi consumava, completamente. Ma oltre lei, anche le cose che tenevo dentro.

“Che stai facendo?”  Una voce squillante apparve nella mia testa. Pensai che fosse frutto della mia immaginazione, invece, c’era davvero qualcuno vicino a me. Trovai la forza di girarmi, confuso e distrutto dai pensieri.

“Perché sei qui, Chloe?” Trovai il coraggio di chiederle. Con quale forza, stavolta?

“Ti cercavo.” La sua risposta mi colpì velocemente. La bottiglia ancora fra le mie mani, i vuoti ancora da colmare. Ma in una frazione di secondi, mi diede una spinta sulla spalla, furiosa come non l’avevo mai vista. Aveva la rabbia e la delusione negli occhi, e nessuno, in quel momento, sarebbe riuscita a calmarla.

“Ti ho fatto qualcosa, per caso?” Non sapevo il motivo del suo gesto, tantomeno della sua rabbia. Ma lei continuò a guardarmi, seria, come se volesse farmi capire con uno sguardo, qualcosa.

“Quali sono le tue intenzioni?” Andò dritta al punto.

“Scusa?”

“Chicago.” Strinse i pugni, cercando di non esplodere. “Cosa vuoi fare, eh? Partire, trasferirti lì e lasciare tutto quello a te più caro, e che ami di più, qui?”

“Come sai di Chicago?” Mi alterai immediatamente, lasciando la bottiglia di birra sulla panchina. Chloe fece uscire un sospiro dalla bocca, arrabbiata con il mondo, con me.

“Rispondi a quello che ti ho detto.” Era determinata, sicura di quello che stava dicendo.

“Non c’è niente da dire. Resterò a Chicago per un po' di tempo.” Ribattei, nascondendo il dolore dentro qualche frammento della mia anima.  Mi colpì nuovamente sulla spalla, odiandomi intensamente. Come potevo  non darle ragione?

“Perché le stai facendo questo?” Ora il suo tono era diverso, era pieno di malinconia. “Tu pensi sempre a te stesso, ai tuoi interessi. Non pensi a lei, a come potrebbe sentirsi dopo una notizia del genere. Pensi che Lil, dopo aver saputo la verità, accetti la tua scelta? Credi che ti guarderà negli per occhi per poi prometterti “Va bene, vai. Io sarò qui ad aspettarti.”” Sputò con odio, le mani sul viso, la rabbia che cresceva dentro di lei. “Non è così, Harry. Lei non aspetterà, non stavolta. Ti ha aspettato per troppo tempo, anche quando non avrebbe dovuto.”

“Non sono cose che ti riguardano.” Tagliai corto, convincendomi che fosse così. Chloe continuava ad urlarmi contro, a ripetermi che le cose non sarebbero andate come pensavo. Una parte di me, sapeva che aveva ragione. Sapeva che quando avrei guardato Lil, e avrei lasciato fuggire le parole dalla mia bocca, tutto il mondo intorno a noi avrebbe iniziato a sgretolarsi. E con il mondo, anche lei.

“Stamattina, l’ho sentita per telefono. Ed era così…diversa, felice. Felice perché sa di averti accanto sempre, in ogni istante. E tu? Tu vuoi solamente guardare i tuoi interessi, e non t’importa, se alle tue scelte, qualcuno soffrirà. Non è vero?”

Ripensai al giorno prima, alla risposta che le avevo dato quando mi disse che le cose  sarebbero andate in modo diverso se non ci fossero stati i pezzi del nostro passato. E se avessi potuto, avrei vissuto nuovamente ogni attimo con lei. Dall’inizio, fino ad ora.

“Tu non puoi sapere come mi sento.” Sbottai alla fine, fulminandola con uno sguardo minaccioso. Lei rise, ad alta voce, mentre la gente che passava si gustava la scena e cercava di capire.

“E a come si sentirà lei, ci pensi?” Ci ho pensato, tante volte. “Hai continuato a starle accanto, per poi fare cosa? Per poi decidere di abbandonarla un giorno qualunque, abbandonando anche tutto quello che c’è stato, e  che c’è tutt’ora. Sei ricoperto di sbagli, Harry. E continuerai ad averne.”

Mi alzai di scatto dalla panchina. “Dovresti pensare più alla tua vita, che alla mia. Ai tuoi sbagli, sempre se ne hai, visto la tua perfezione. Cosa vuoi, Chloe? Vuoi avvelenarti ancora per quel biglietto, per le mie maledette risposte che ti fanno innervosire? Non ti conviene, sappilo. Ma credo che tu debba tornare da mio fratello, farti i cazzi tuoi e pensare alla tua relazione, ai tuoi problemi.”

“Lei ti ama.” Mi bloccò prima che potessi continuare a parlare. Sentii lo stomaco intorcinarsi. “E proprio per questo, dovresti pensare prima di fare qualunque cosa tu abbia nella testa.”

“Hai finito?” Le chiesi acidamente. Lei fece no con il capo, ed io respirai affondo.

“Merita di sapere la verità, lo sai.”

“Avresti potuto dirgliela tu, no? Perché non lo hai fatto?”

“Perché è compito tuo.” Rispose, la malinconia ancora nei suoi occhi. Feci cadere la bottiglia a terra, ma il rumore del vetro che si rompeva contro l’asfalto, fece storcere la bocca a Chloe. Risi per non piangere, perché il solo pensiero di dover dire la verità a Lil, mi faceva mancare l’aria. Deglutii più di una volta, pensando alle parole giuste da dire a Chloe, a quelle che avrei dovuto dire a Lil.

“Aspettare non cambierà nulla. Peggiorerà solo le cose.” Disse, ma non risposi. Le sue parole erano contornate di verità, non potevo ribattere in nessun modo. Aspettare, in alcuni casi, poteva essere giusto. In altri casi, non lo era affatto.

“Non vi siete visti per niente oggi?”

“No.” Risposi con decisione. Chloe annuì soltanto.

“Hai giustamente preferito restare in questo parco, bere birra e  pensare a Chicago, invece di andare da lei per dirle la verità.”

“Gliene avrei parlato in questi giorni.” Mi giustificai subito. Giorni che, probabilmente, si sarebbero trasformati in settimane.

“Con quale coraggio la guardavi negli occhi? Con quale coraggio…la baciavi, amavi.” E guardandola, capii che anche lei, come me, stava provando un dolore immenso ed inspiegabile. Sentii il cellulare squillare, e Chloe, sentendo quel suono, mi guardò.

“Non rispondi?” L’espressione seria, la mascella rigida. Scossi la testa, guardando i piccoli pezzi di vetro a terra.

“Ovviamente.” Disse, perdendo forse qualsiasi tipo di speranza con me. Speranza, pensai. La speranza che Lil, nonostante il dolore che le procuravo, non aveva mai smesso di avere. Sprofondai nei ricordi.

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