L'interprete - Parte senza titolo 105

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Un interprete che non ha umanità, non ha sensibilità o che non abbia empatia, come può definirsi un interprete? Stiamo parlando di sociopatia, dove l'empatia non conta niente?

Un drammaturgo, che scrive la sua passione la sua partitura alla ricerca della natura umana e scendendo negl'abissi della psiche fa emergere perle di rara bellezza da trasformarle in partiture, da diventare patrimonio e da essere prezioso tanto che migliaia di persone vogliono interpretarlo... no, facciamo un passo indietro, perche queste persone vogliono interpretarlo?

È questo il problema di fondo, perché vogliono interpretarlo? È la fama la notorietà di un talento asettico? O si ambisce alla sociopatia? un ossimoro in arte...

L'interprete senza umanità che interprete è? Cosa sa lui della natura umana per dare spessore e potenza a quella nave che solca i mari, dell'Uomo, c'è da chiedersi: è egli stesso un uomo o una donna?

Se certi drammaturghi sapessero in che mani le loro opere o composizioni sono finite, si rivolterebbero nella tomba, ma cosa ci si può aspettare da una contemporaneità «amatoriale» di teatro amatoriale diventato istituzione, che non sa cosa sia la vera natura umana, quella terra che fa paura al sempliciotto, e spaventa l'amatore... c'è da chiedersi tante cose e prima di tutte, esistono veramente interpreti oggi giorno?

La vanità dello spettacolo cresce viziati di sorta, allontanandosi dal senso stesso dell'arte e quindi definirsi artisti o interpreti sono solo parole vuote.

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