Capitolo 74 - Metterci le mani sopra

2.6K 88 14
                                    

Caiden

Mi sono ritrovato a non chiudere occhio per tutta la notte. Continuavo a pensare e a ripensare alla telefonata ricevuta da Ward. Mi sono chiesto più volte se potesse essere successo qualcosa o se malauguratamente potesse aver scoperto delle ragazze. È stato principalmente questo a tormentato per tutta la notte e, adesso che è mattina, ancora mi preoccupa. Quando inizio a vedere le prime luci dell'alba e capisco che non c'è più speranza di riuscire a dormire, decido di alzarmi ed iniziare a prepararmi in tutta calma.

Presto sento il trambusto provenire anche dalla stanza di Hayley e capisco che deve essersi svegliata. Ci incrociamo per la prima volta oggi, mentre ci sediamo a tavola a fare colazione.

Oggi stranamente tutta la famiglia è riunita, nessun padre occupato con il proprio lavoro. Già di per sé la situazione non è una delle migliori, adesso si è aggiunto anche l'astio di Hayley nei miei confronti. Lei, che di solito era quella che riusciva sempre a far interagire tutti e a strapparmi qualche parola a tavola, ora è seduta in silenzio. Non parla con né con me né con nessuno, ha deciso solamente di lanciarmi occhiate infuocate. Mi sentirei offeso, se non fosse per il fatto che si trattano delle stesse occhiate che le sto lanciando io. Grace ci ha sicuramente notati e ci mostra un'espressione preoccupata, mentre cerca di capire cosa sta succedendo tra noi.

«Basta!» urla all'improvviso David, battendo con forza la mano sul tavolo. «Cosa sta succedendo tra voi due?» domanda irritato, pretendendo velocemente una risposta.

«Nulla» risponde mia sorella, concedendoci una piccola tregua, almeno davanti a suo padre.

«Non c'è bisogno di mentire. Se ti ha fatto qualcosa, puoi dirlo apertamente senza farti problemi» continua verso sua figlia. Hayley fa per parlare, ma la interrompo e la precedo.

«Non le ho fatto niente» ribatto innervosito dal fatto che ha subito pensato al fatto possa essere stato io a farle un torto.

«Peccato che le tue parole per me valgono poco».

«Allora non so che dirti. Pensa quello che vuoi» concludo portando la mia sedia indietro e alzandomi. «Ti aspetto in macchina». Anche se abbiamo litigato e ha deciso di voler fare la capricciosa, non sono così stronzo da rovinare la routine in macchina che avevamo appena iniziato ad avere ogni mattina.

L'aspetto seduto direttamente al volante e in pochi minuti arriva al mio fianco. Probabilmente neanche lei era molto contenta di restare un minuto di più seduta a quel tavolo. Quando entra non mi parla e per non peggiorare ogni cosa, neanche io dico qualcosa, perciò, nel tragitto rimaniamo entrambi in silenzio. Presto ci ritroviamo al solito parcheggio della scuola e spengo il motore. La sento aprire lo sportello e iniziare a scendere, ma io non la seguo.

«Tu non vieni?» domanda, rivolgendosi a me per la prima volte da stamattina.

«No» rispondo solo. «Vengo tra poco» aggiungo dopo, per cercare di non farle venire troppe domande. Lei annuisce e in poco tempo cammina raggiungendo all'entrata la sua migliore amica. Splendida come sempre, io mi limito a guardarla da lontano. E mentre riavvio il motore e faccio marcia indietro per uscire dal parcheggio, spero tanto che nessuna delle due sia coinvolta con quello che dovrà dirmi Matt Ward a breve.

Quando arrivo alla capanna, mi rendo conto di non aver mai avuto questa agitazione nemmeno prima di dover combattere. Sono sempre più preoccupato di prima, ma anche più deciso a scoprire e farla finita con i misteri. Entro deciso e mi guido verso il suo ufficio, dove sempre si fa trovare. Busso più volte e al suo "avanti" entro con un groppo in gola

«Wright, ti aspettavo», mi saluta sorridente, alzandosi dalla sua comoda sedia in pelle.

«Sono venuto il prima possibile. Di cosa volevi parlarmi?».

EnoughDove le storie prendono vita. Scoprilo ora