Capitolo 76 - Guardarla allo stesso modo

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Nel momento in cui mi vede, si blocca subito. Sembra ricollegare me alla spinta di prima e, dunque, spalanca gli occhi, mostrandomi uno sguardo apparentemente dispiaciuto.

Mentre lo fisso, inizio a darmi una spinta per alzarmi, ma inaspettatamente mi si avvicina Cameron a darmi una mano. Senza fare troppe cerimonie, mi faccio aiutare e finalmente mi ritrovo in piedi.

Ho Caiden di fronte a me, ma stento a riconoscerlo. Ha quasi un'area terrificante, respira a fatica e immagino stia ancora cercando di controllarsi per non tornare a picchiate Scott, in questo momento poggiato ad una panchina, con il naso gocciolante.

«Laila, stai bene?», mi domanda Cameron, poggiandomi una mano sulla spalla. Lo guardo e uno strano senso di imbarazzo mi colpisce. Dopo quella specie di bacio, non ci siamo parlati faccia a faccia e adesso, vederlo che si preoccupa per me, mi mette in soggezione. Per non parlare poi della frase detta da Scott, era riferita a noi due? Come farebbe a saperlo?

Riporto lo sguardo su Caiden, senza rispondere e lo vedo ancora furioso. In questo momento mi sta fulminando, o per la precisione, sta fulminando di più Cameron al mio fianco. Per un attimo penso che voglia urlare qualcosa, magari tornare a tirare qualche pugno, ma sorprendendomi, decide di allontanarsi.

«Caiden» sento il bisogno di richiamarlo. Lui non mi ascolta, continua imperterrito per la sua strada. Decido quindi di seguirlo, mi distacco da Cameron e gli corro dietro. Cercando di non badare troppo al bruciore, lo inseguo fino al parcheggio, dove sale in tutta fretta nella sua auto. Prima che possa partire, faccio il giro del cofano e mi ritrovo ad aprire lo sportello del passeggero.

«Scendi» ordina non appena mi siedo sul sedile.

«No» dico risoluta. «Non partire, voglio parlarti».

«Non abbiamo nulla da dirci, adesso scendi» dice ancora, mentre con le mani tremanti gira la chiave nel nottolino.

«Fermati, sei troppo agitato, non puoi partire in queste condizioni» cerco di farlo ragionare. Lui, come suo solito, non mi ascolta e parte lo stesso. Non so dove abbia intenzione di andare, ma non sembra lucido abbastanza per raggiungere ogni luogo. Ha ancora le mani tremanti e il respiro irregolare

«Fermati, Caiden, ti prego. Parliamo un momento». Lui scuote la testa contrariato e continua a guardare la strada. Ad un certo punto inizia ad aumentare ancora di più la velocità con cui viaggiamo ed io comincio seriamente ad essere spaventata.

Lui dal canto suo abbassa il finestrino, come se non riuscisse a respirare, e con una mano si massaggia all'altezza del petto. Concentrandosi sul suo malessere, la presa sul volante non è salda e di conseguenza l'auto comincia a non proseguire dritta. Terrorizzata, mi allungo io e, afferrando il volante, cerco di farci ritornare nella corsia. Nello stesso momento, gli urlo ancora di fermarsi e fortunatamente questa volta mi ascolta. Ci accostiamo su un lato della strada e ci fermiamo.

Tiro subito un sospiro di sollievo, ma dura ben poco, al mio fianco Caiden è completamente fuori di sé. Respira affannosamente e trema tutto, come se stesse avendo un attacco di panico.

«Caiden», lo richiamo spostandomi dal mio sedile e girandomi verso il suo. «Ehi, guardami», gli avvolgo il viso tra le mie mani e cerco di attirare la sua attenzione su di me. «Respira» continuo, lasciando che mi stringa forte i polsi con le sue mani. Appena vedo che inizia a respirare più tranquillamente, mi tranquillizzo.

«Ecco, così» dico accarezzandogli la guancia, asciugando la piccola lacrima che gli è sfuggita.

«C-che cos'era?» chiede con voce ancora tremante.

«Hai avuto un attacco di panico, ma è passato adesso, stai tranquillo», lo rassicuro, mentre lui continua a guardarmi negli occhi ancora spaventato. Anche una volta passato, io non mi stacco, rimango ancora al suo fianco. Ad un certo punto lui sospira forte e chiude gli occhi, poggiando la testa al sedile.

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