86 Capitolo 5

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Camilla

"Bene, siamo arrivati dove lavoro"
Guardo il palazzo di fronte, tutto grigio e deprimente.
"Papà, fa veramente schifo il posto dove lavori"
"Lo so, ma non ho altra scelta se non lavorare in questa fabbrica e questo dovrai fare anche te"
"Cosa?"
"Il mio capo ha detto che cerca personale, cerca di fare una buona impressione" "Ma io non voglio lavorare qui"
"Te vuoi solo, lo sai che bisogna sacrificarsi per avere?"
Resto in silenzio e scendo dalla macchina.
Non ha tutti i torti, anzi ha perfettamente ragione, non pensavo di risultargli così egoista nella mia complicità, ma anche se lo fossi, non mi piace essere stata eticchetata così da lui, quando è il primo ad essere stato egoista. Farò una buona impressione e mi farò assumere solo per dire che non sono così, sono diversa da ciò che lui pensa, anche se alla fine questi soldi mi serviranno solo per spese mediche visto che sto posto mi farà venire la depressione a vederlo semi abbandonato, ci vorrebbe proprio una ristrutturazione sia fuori da questo edificio sia dentro di me. Sarò pure ordinata fuori e terribilmente disordinata dentro, però sono una persona obbiettiva.
Sono più obbiettiva che realista, per tutte quelle volte che dico 'non ce la posso fare, non ce la posso fare' e poi mi fisso finché non ce la faccio e non ci credo ancora. Sono sempre stata una persona che capisce le cose troppo tardi, ho capito tardi cosa facesse davvero male.
Tipo ora ripenso spesso al passato e a tutte le persone con cui ora non parlo più, la prima è mia madre, perché mi ha lasciata qui?
Perché non mi ha portata con sé?
Questo mi rende ancora così tanto triste, la mia vita dopo che lei è andata via di casa si riassume così : solitudine.
All'asilo avevo una tenda giocattolo e avevo un'amica, stavo spesso nella tenda con lei.
Stavamo lì dentro a nasconderci dal mondo e ci tenevano compagnia.
Non mi sentivo sola, non si sentiva sola.
Era il nostro fortino quella tenda,
ascoltavano musica e stavamo sdraiate la dentro,
forse parlavamo tanto o forse non parlavamo affatto,
non ricordo.
Passavamo le giornate al parco,
passavamo le giornate andando in bici,
mi ricordo a Natale,
con quei cappelli stupidi,
con delle stupide lucine che si illuminavano,
ridevamo come matte.
Mi ricordo a capodanno,
i nostri genitori guardavano la TV,

i botti fuori,
noi ancora gattonavamo.
Avevo 6 anni quando ci siamo divise,
la mia mente l'aveva completamente dimenticata.
A 6 anni avevo due nuove amiche del cuore, una delle due era veramente insopportabile. Mi ricordo che un giorno a casa sua guardai per la prima volta Toy Story, con il tempo ho capito come poteva sentirsi davvero un giocattolo anche solo per uno sguardo mancato. E così mi sentii sempre con le persone : un giocattolo che non veniva manco calcolato. Mi ricordo un suo compleanno : aveva ricevuto dei giochi fantastici, i quali io non avrei mai avuto.
Da piccola non ricevevo mai cosa volevo veramente, oppure spesso ciò che desideravo tanto si scopriva essere una delusione più totale, con il tempo ho iniziato a non desiderare più nulla e a emozionarmi sempre meno facilmente.
Con l'altra amica mi ricordo il suo carattere particolare, a casa sua giocavamo a DragonBall e alla Nintendo e a casa mia invece voleva giocare con le barbie. Io delle mie Winx sceglievo sempre Stella, solo perché aveva i capelli biondi come lei. Lei a scuola, era quella popolare, io ero solo l'amica della popolare. A quel tempo non parlavo, causa di una radicale timidezza, mi sentivo una stupida a non riuscire ad aprire bocca, quando per gli altri era così semplice parlare male. E allora che inziai a sentirmi sola, sono cresciuta con il nodo dell'odio legato alla gola e pure loro se ne andarono via dalla mia vita.
A 13 anni scoprì che tutto ciò che avevo creduto era falso, le persone non restano mai e se sei diverso il mondo ti è radicalmente contro e io ero diversa da tutti, ero diventata il giocattolo difettoso : mi ero innamorata di una ragazza e non mi stupiva il fatto che fosse una lei, mi stupiva il fatto che prima di allora non mi fossi mai presa neppure una cotta per nessuno.

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