Alla 𝑪𝒍𝒆𝒗𝒆𝒍𝒂𝒏𝒅 𝑯𝒊𝒈𝒉𝑺𝒄𝒉𝒐𝒐𝒍 il penultimo anno della 𝑡𝑟𝑖𝑎𝑑𝑒 𝑖𝑛𝑓𝑒𝑟𝑛𝑎𝑙𝑒 è cominciato.
In una scuola in cui gli studenti provengono da buone famiglie e in cui il velo dell'apparenza nasconde i segreti e le vite di tutti...
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Stare fermo in un angolo, lì impalato fuori dalla sua stanza, a guardare Ginevra piangere scossa dai fremiti e stretta dalle braccia di Adam mi ha trasmesso una sensazione di formicolio in tutto il corpo.
Lui la stringeva, non io.
Lui si è accorto di cosa le stava succedendo, non io.
Lui l'ha salvata, non io.
Non io.
Questo, per me che sono sempre stato il 'soldato' di Ginevra, lì al suo fianco pronto a proteggerla e a scattare in qualsiasi momento contro chiunque pensasse di porterle fare del male, è l'ennesima conferma di quanto io sia inutile nonostante provi con tutte le mie forze a non esserlo.
Ho provato a tenerla al sicuro, ma non sono stato abbastanza.
Janette si siede al mio fianco, posando il suo capo su una mia spalla. I suoi capelli lunghi mi solleticano l'avambraccio scoperto dalle maniche corte. Ho caldo e, forse, visto che fuori ci sono dieci gradi non è molto normale.
«Si è lasciata abbracciare da Adam».
Anche lei è rimasta a bocca aperta davanti a quella scena.
«Chissà se si farà ancora toccare da me che non l'ho salvata, invece».
Mi odio.
«Non cominciare».
«Se non lo avesse scoperto Adam, Ginevra sarebbe ancora con Hans», le sussurro, con voce piatta. Questa è la cosa che più mi devasta.
«Ross». Janette mi ammonisce con voce sommessa mentre prende una delle mie mani nelle sue. «Abbiamo tutti delle colpe in questa storia. La cosa importante è che qualcuno se ne sia accorto e che sia tutto finito, adesso; conta che d'ora in poi lei starà bene. Non ha senso pensare a come sarebbero andate le cose altrimenti».
«Credi alle favole se pensi che starà bene», le rispondo acido. «Non starà bene finché quello stronzo avrà ancora respiro».
Tendo spesso ad arrabbiarmi sin da quando sono bambino; è sempre stata una cosa che odiavo, e una che non sono mai riuscito a controllare.
Alla minima cosa, io scatto. Adesso, che questa non è una minima cosa, sento la mia rabbia riaffiorare a ogni mio respiro, anche quando c'è silenzio.
Mi alzo in piedi, spostando Janette a lato, e mi sgranchisco le gambe camminando per la sala d'attesa, irrequieto.
Mio padre era l'unico capace di far sparire la mia rabbia con un solo sguardo. Con lui non potevo mostrarla, o mi avrebbe affossato.