Capitolo VII - Parte 1

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CAPITOLO VII

Nei giorni seguenti io ed Eton parlammo diverse volte, anche da soli, ma non alludemmo alla mia fuga dal pozzo.

Una sera, prima di andare a dormire, scribacchiai della mia esperienza con Eton su un foglio, disegnai una mappa grossolana di quella zona della città e tracciai il percorso che si doveva fare per raggiungere il giardino con minuzia, perché paranoicamente temevo che Eton oltre ad essere un ladro, avrebbe potuto anche essere un pazzo. Ripiegai il pezzo di carta, lo sigillai e lo lasciai in custodia di Janelle.

«Se domani non sarò più in giro, consegna questo scritto a una persona adulta di cui ti fidi» le dissi.

«Che cos'è?» domandò Janelle «cosa hai intenzione di fare?»

«Niente. non ti preoccupare, ma promettimi che farai questo per me, se sarà necessario.»

«Sì, ma...»

«Bene, non aprirla» mi raccomandai «devo assolutamente scoprire una cosa stanotte.»

Quella sera finsi di addormentarmi, ma mi addormentai sul serio. Il giorno dopo Janelle mi domandò: «quindi, cosa hai dovuto fare ieri?»

«Ascolta Janelle, conserva la busta che ti ho dato. Dovevo indagare su una cosa ma ho avuto un imprevisto, questa notte sarà la notte che dovrò fare qualcosa di importante. Conserva quel messaggio.»

La seconda notte mi addormentai di nuovo, ma mi risvegliai in tempo per sgattaiolare via prima dell'alba. Raggiunsi il luogo che cercavo accolta dalle prime luci; il giardino incolto era decorato dalla rugiada mattutina, il cancello era sbarrato ma trovai un modo per eludere la sua protezione.

Mi avvicinai al pozzo, mantenendomi all'erta. Mi accucciai all'entrata tenendo le orecchie ben aperte, dal fondo non proveniva alcun rumore. Mi affacciai dal bordo e illuminai l'interno del pozzo: dall'esterno sembrava un pozzo diroccato ma in realtà non era profondo, era l'entrata di un tunnel.

Ero indecisa sul da farsi, sarei dovuta scendere giù? Il cielo era di un limpido colore violaceo e il bianco delle nuvole era pervaso da venature di tonalità rosate, gli uccelli canticchiavano allegri, non mi sarebbe dispiaciuto aspettare lì all'aperto finché Eton non fosse emerso dal tunnel, ma l'ebbrezza di esplorare un posto nuovo e sconosciuto era più stuzzicante.

'Che importa?' pensai. Mi calai nel buio in compagnia della mia torcia, mi batteva il cuore e sentivo la paura che mi scorreva nelle vene.

Camminai a lungo, un paio di volte mi sfiorò l'idea di tornare indietro ma non cambiai idea. Potevo già essere a metà strada, perché tornare indietro a quel punto? Perché rinunciare prima di aver scoperto dove portava? Dopotutto, il percorso era stato tutto in un'unica direzione, senza svolte. Fino a che sarei stata certa che non mi sarei potuta perdere avrei proseguito.

Il lungo tunnel si interruppe ai piedi di una scala, mi arrampicai ed accostai l'orecchio alla botola alla quale portava. Dal lato opposto non proveniva alcun suono, provai a sollevarla con i palmi di entrambe le mani ma era pesante e si aprì di uno spiraglio, la richiusi.

Poi, come se qualcuno stesse solo attendendo un segnale, la botola si spalancò di colpo. Quasi rotolai giù dalle scale per lo spavento.

«Tu? Sei qui? Non ci posso credere!» due braccia mi afferrarono per le ascelle tirandomi su. Era Eton e sorrideva.

«Giacché sei qui, vorrei invitarti a colazione» aggiunse in fretta, con il tono di chi non si capacita di che cosa sta succedendo.

«Non vedo nessuna colazione,»

«Perché devo ancora prepararla, non vedi che sono ancora in tenuta da notte?»

Fu allora che mi accorsi che era in pigiama. «Oh», mi voltai verso il muro dove erano accatastate tremila cose «Vestiti allora.»

NishyanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora