Capitolo XIX - Parte 4

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Vidi la spiaggia. Due uomini sbucarono da sotto un telo color sabbia, io sobbalzai.

«Sono amici» mi rassicurò Opne.

Gli uomini sfilarono via un telo identico ed enorme che era stato adagiato sopra una barca e la trascinarono in acqua.

Eravamo a riva e avevo già messo i piedi in acqua, quando uno dei due uomini sulla barca improvvisamente piombò nell'oceano sollevando un tripudio di schizzi.

«Brielle, corri alla barca» urlò Brennan «sali sulla barca!»

Nel momento stesso in cui lo disse, sbucarono diversi nemobai da tutte le direzioni. Io iniziai a correre verso la barca con tutta la forza che avevo nelle gambe, ma Opne e Brennan erano rallentati da Inaro.

Quattro nemobai ci correvano incontro, erano avvantaggiati. Sapevano usare la magia e noi avevamo un peso semimorto al seguito.

'Non devono parlare' pensai 'Se parlano siamo fregati'.

Infischiandomene delle direttive di Brennan, che mi urlava di salire sulla barca e di dirigermi a largo, virai in direzione di uno dei nostri assalitori.

«Arimar...» aveva iniziato a dire, ma prima che finisse di sputare la sua formula gli assestai un bel colpo dritto in viso con la sacca, gli schizzò del sangue dalla bocca.

Un sasso volante colpì un altro nemobai centrandolo in pieno. Brennan era dietro di me, Opne caricò Inaro sulla barca.

«Sali sulla barca!» urlò Brennan «per fortuna ci ha trovato un gruppo di imbecilli inesperti»

Io schizzai in direzione della barca. Brennan si sfilò la spada dalla cintola e stava per calarla su uno dei due nemobai in mezzo all'acqua.

«No!» urlai, mettendomi tra la spada e i ragazzi. Fu allora che notai che altri due nemobai, che credevo fossero fuggiti, in realtà erano ancora sulla spiaggia, distesi a terra e agonizzanti. Erano stati trafitti da frecce.

«Fortunatamente non mi hanno tagliato due dita come è successo a Rieldes» disse la persona che non conoscevo che era sulla barca. Era armata di arco e frecce «E posso ancora tirare d'arco.»

Io guardai sia lei che Brennan con sguardo supplichevole, i due ragazzi dietro di me approfittarono del momento, si alzarono in piedi e scapparono.

«Dovremmo aiutarli» dissi guardando quelli che erano a riva.

«Non credo proprio» commentò Brennan, mi sollevò di forza e saltò sulla barca.

Non avevo mai visto la morte di un uomo. Non pensavo che avrei mai assistito a un omicidio, figurarsi due. Opne e Brennan avevano dimostrato di essere capaci di tanta violenza, gli ero grata perché avevano protetto me e Inaro. Ma non riuscivo a capire come mi sentivo a riguardo. Non mi sembrava giusto, ma l'alternativa mi sembrava peggiore. Se ci avessero preso, il nostro destino sarebbe stato segnato da molte sofferenze. Eppure, non lo sentivo giusto.

Aenios avrebbe finito quello che aveva iniziato con Inaro, ad Opne e Brennan sarebbe toccata la stessa sorte. Non mi piacque l'idea, ma accettai quello che era successo come qualcosa di necessario per la nostra sopravvivenza. Anche se non ero io ad aver scagliato quelle frecce mi sentivo egualmente responsabile. Se fosse toccato a me, l'avrei fatto? Non potevo dirlo, non lo sapevo. Quale era la differenza tra noi e loro se ci uccidevamo a vicenda? Mi ripetevo che noi lo facevamo per proteggerci, che era stata legittima difesa. Ma fino a che punto le nostre azioni si potevano considerare difesa? Brennan e Opne avevano difeso loro stessi, me e Inaro. I nemobai non ci avrebbero mai permesso di andarcene. C'era altro modo? Qualsiasi spiegazione provavo a darmi, la sorte di quelle persone continuava a perseguitarmi. Sperai che li avrebbero trovati in tempo per salvarli, ma non riuscivo a immaginare quanto Aenios potesse essere clemente con loro.

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