Capitolo 38

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[Pov Denki]

Il biondo finì di stringere la benda di stoffa intorno al bicipite, lo sguardo rivolto oltre il falò dove suo figlio stava correndo insieme agli altri bambini della Tribù. Cresceva così in fretta, giorno dopo giorno, e con lui anche il senso di colpa nel negargli la verità sulle sue origini. Non conosceva nulla della sua vita, né dei nonni che si rifiutavano di accettarlo nella famiglia, sia di suo padre, Kirishima. Molti nel villaggio però chiacchieravano, riconoscevano in lui qualche tratto, ma per sua fortuna erano tutte supposizioni autoconclusive. Doveva essere Kaminari a dirlo, se Daiki lo avesse scoperto da qualcun altro il suo cuore sarebbe andato in frantumi. Uno scenario terrificante. Immaginava già la delusione negli occhi del suo cucciolo. Cucciolo? Ormai è un ragazzino.

Sospirò drizzando la schiena, la spina dorsale scricchiolò rumorosamente da sotto la pelle. La cerimonia di Izuku era stata faticosa ma del tutto eccitante. Gli piaceva prendervene parte tutte le volte che qualcuno di esterno tentava di entrare nella Tribù. Questa volta però si era lacerato con un grosso ramo sfuggito dalla sua visuale. Il sangue impregnava già la fascia appena cambiata, nonostante ciò, abbassò la manica in pelle sopportando il dolore.

Portò la mano verso il grosso tronco di Acero sul quale sedeva, e trangugiò un boccale di birra. Probabilmente qualcuno lo aveva dimenticato lì, la schiuma ancora fresca si appoggiò sul bordo del labbro superiore. Cercò di toglierla con la lingua ma una risata lo fece bloccare. Il suo cuore mancò un battito, e prima ancora di voltare il capo riconobbe il suo aroma, che travolgente gli incendiò le narici. Kiri.

«Scusami. È che sembri un vecchio con il pizzetto.» ammise tenendosi il palmo sul petto nudo.
«Molto spiritoso.» borbottò il biondo «E per la cronaca...»

Denki si alzò in piedi senza preoccuparsi dell'oggetto rotolato a terra. Il suo braccio si mosse da solo evitando i campanelli di allarme inviati dal cervello, e con il pollice eliminò un poco di schiuma rimasta sull'angolo destro della bocca di Eijiro. Il rosso sgranò lievemente le palpebre incastonando le iridi rubino nelle sue ambrate, una scossa si propagò dai polpastrelli fino allo stomaco, provocandogli un stretta.

«Ne avevi un po' anche tu.» si giustificò, e imbarazzato interruppe il loro contatto visivo.

In quei due mesi Kaminari aveva pensato spesso alla proposta di Kirishima, sul tentare di sistemare le cose e cercare di essere una famiglia insieme. Superare il passato doloroso che li separava, concedersi una seconda possibilità per essere felici, invece di continuare ad allontanarsi reprimendo i sentimenti che entrambi ancora provavano. Eijiro lo amava. Lo amava sul serio. Ora lo sapeva. Glielo dimostrava ogni volta che rispettava la sua decisione di mantenere una certa distanza tra loro, ogni volta che non invadeva il suo spazio, ogni volta che si prendeva cura di Daiki restando in silenzio, ogni volta che gli faceva trovare dei fiori nella stanza, ogni volta che gli sorrideva nel campo di addestramento. Lo dimostrava sempre. E Kaminari da parte sua, non poteva togliersi dalla testa l'immagine di Kirishima in ginocchio davanti a lui, mentre implorava il suo perdono. Credo sia arrivato il momento di dargli una risposta. Ho aspettato due mesi... E sinceramente... Più gli sto lontano più sto male. Credo... Credo che anche Mina lo vorrebbe, vederci finalmente felici...

«Eiji.» lo chiamò «Possiamo parlare un attimo? In privato.»
«Uh?»

Eijiro schiuse le labbra fissandolo un istante, notò l'esatto momento in cui le sue pupille cominciarono a brillare rendendo i suoi occhi ancora più belli. Le fiamme del falò già gli donavano diverse sfumature rossastre, creando anche ombre traballanti sul viso. Lo vide stringere la mandibola prima di scossare il capo, quasi tornato alla realtà. È carino quando fa così.

Bakudeku [Omegaverse] •The Alpha's bride•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora