La mattina successiva pioveva a dirotto, scesi alla stazione di Swindon dirigendomi alla fermata del bus che mi avrebbe portata al college. Mi si affiancò una macchina e mi sentii chiamare, era lei.
"Prof è bagnata come un pulcino, salga!"
Non me lo feci ripetere due volte, ero davvero zuppa, mi sedetti accanto a Cathleen a cui venne spontaneo stamparmi un bacio sulla guancia. Le sorrisi ma al tempo stesso mi interrogai sul tempismo di quel soccorso.
Vestita di un maglioncino di cashmere e di un gonnellino che le lasciava a malapena scoperte le ginocchia non potei fare a meno di posare lo sguardo sulle sue cosce nude.
"Da dove spunti angelo mio, semplice meravigliosa coincidenza?".
"Beh proprio coincidenza ad esser sincera no, mi sono informata sull'orario dei treni in arrivo da Reading e ho immaginato che i suoi piedini scendessero da questo treno, a farmi decidere di passare a prenderla è stato il cielo di stamattina".
"I miei piedini ti ringraziano Cath, sei stata davvero molto gentile".
"Adoro quando mi chiama Cath.." mi disse con quel sorriso e quegli occhi verdi che erano in grado di stregarmi.
"A che ora ha lezione prof?"
"Niente lezioni stamattina, solo roba d'ufficio e poi volevo cercare alcuni testi nella library...perchè...?".
"Perfetto".
"Perfetto cosa Cathleen...?"
"Non può andare in ufficio in queste condizioni, telefoni e dica che ritarderà un po' ".
"Dove vorresti portarmi?". Domanda retorica quest'ultima, nello stesso momento in cui la formulavo era come se già conoscessi la risposta.
"A casa mia prof, giusto il tempo di farle asciugare i vestiti, sembra un..."
"...un pulcino bagnato, sì me lo hai già detto tesoro".
Mi sorrise, ebbi la netta sensazione che avesse già pianificato tutto, acquazzone compreso.
Presi il telefono dalla borsa e chiamai in ufficio per dire che avrei ritardato.
Nel giro di dieci minuti arrivammo davanti a casa sua: villino con giardino in una zona appena fuori dal centro.
Aprì la porta di casa e la seguii fino al piano di sopra dove c'era la sua camera da letto.
Spalancò l'armadio tirando fuori una vestaglia di ciniglia rosa ed un paio di ciabattine di raso bianche.
"Si tolga quella roba prof".
Iniziai a spogliarmi e a passarle ognuno degli indumenti zuppi: maglia, camicetta, e dopo essermi seduta su una sedia mi sfilai gli stivaletti e di seguito i pantaloni.
Mi guardava silenziosa, così come silenziosa ero io. Mi abbassai i collant e fu in quel momento che si offrì di aiutarmi. Si inginocchiò davanti a me e fu lei stessa a sfilarmi le calze.
Lo fece lentamente, operazione a cui fece seguire una carezza su una delle mie piante nude.
Ebbi un brivido, la guardavo ed il suo viso aveva il rossore tipico di chi sta provando emozione.
"Ha i piedi gelidi prof.."
Non le risposi, anuii e continuai a guardarla, si sollevò il maglione e dopo avermi fatto aderire entrambe le piante sul suo ventre caldo me li coprì sotto quella coltre di lana.
Ero vicina al paradiso, e al tempo stesso sentivo che la diga che mi ero prefissata di porre tra me e questa ragazza si stava pericolosamente crepando.
Senza dire una parola mi scoprì i piedi, e mi infilò lei stessa le ciabattine. Mi disse di attenderla e che sarebbe andata a mettere i miei vestiti nell'asciugatrice.
Mi infilai la vestaglia e mi parve di entrare in un nido caldo, uscii dalla camera per andare a cercarla e quando la vidi rimasi di sasso. Era davanti all'asciugatrice con i miei collant tra le mani appoggiati sul suo viso. Rimasi a guardarla senza essere vista e tornai in camera ad aspettarla.
Avevo ancora i capelli umidi e ad alta voce le chiesi se avesse un phon. Mi raggiunse e la vidi paonazza in viso, rovistò in un cassetto e me lo porse.
Morivo dalla voglia di chiederle il motivo di quello stato di vera e propria eccitazione sessuale.
Mi misi davanti allo specchio e iniziai a godermi quel getto d'aria calda, ma la guardavo attraverso il riflesso, e solo il cielo sapeva in quel momento quanto la desiderassi, così come lei desiderasse me. Si offrì lei stessa di spazzolarmi i capelli.
Adoravo la sensazione di sentirmi come una bambola tra le sue mani e la delicatezza con cui faceva scivolare la spazzola tra i miei capelli. Socchiudevo gli occhi per poi riaprirli e tornare a guardarla attraverso lo specchio.
E poi, senza più curarmi delle conseguenze le chiesi di farmi una promessa.
Mi guardò e annuiì:
"promettimi che quello che sta per accadere rimarrà tra queste mura".
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Non doveva accadere
RomanceQuando Valeria, 30enne italiana docente di storia medievale incontra lo sguardo dell'allieva irlandese 19enne Cathleen, ogni suo proposito è destinato a crollare come un castello di carte al primo soffio di vento.