Cathleen's POV
Che cosa rimane di un amore se non c'è la condivisione? Di tutte le parole meravigliose e gli irripetibili momenti vissuti insieme in questi tre mesi, non dovrebbe farne parte anche il condividere ogni aspetto, segreti compresi? Cosa significa per lei amare me? Farmi da tutrice o da sorella maggiore?
Mi ritrovai nel mio vecchio appartamento svuotata di energie con in testa mille pensieri e con l'immagine di lei che fuori dal college mi guardava mentre sfrecciavo via in macchina. Via prima di sentire la sua voce chiamarmi. Distesa sul mio letto riuscii solo a mandare due messaggi, uno a mia madre e l'altro a mio padre per far loro sapere l'esito positivo dell'esame. Già, l'esame. Sarebbe dovuta essere una giornata di gioia immensa. Spensi il cellulare per non essere raggiunta da nessuno e incredibilmente riuscii perfino ad addormentarmi un paio d'ore; troppo poche per darmi sollievo. Quando mi svegliai scesi dal letto con i morsi della fame e andai in cucina, tirai fuori dalla borsa alcune provviste comprate lungo la strada e provai a cucinarmi qualcosa. C'era silenzio, troppo silenzio, ed i pensieri che tornavano ad affastellare la mia mente; cosa ero per lei, oltre ad essere quella sua allieva sfacciata che una mattina di tre mesi prima le si era piazzata davanti facendole gli occhi da cerbiatta? Sì a suo modo mi ha amata, ma di un amore materno, al netto delle volte che si è concessa a me come amante. Protettiva al punto da tenermi segrete le confidenze di mia madre, non esattamente una persona qualunque. Decisi di accendere il cellulare per ascoltare un po' di musica e mi accorsi di avere due messaggi non letti; uno di mio papà e uno di Pauline.
"Brava la mia piccola, sono orgoglioso di te, ci sentiamo più tardi. P.s. Perché hai il cellulare spento da ore? Lascialo acceso per favore! Baci. Papà".
Sorridevo ogni volta quando in coda al messaggio si firmava "papà", ma lo faceva con tutti, anche con coloro che lo avevano in rubrica e che quindi ben sapevano chi fosse il mittente; alla fine di ogni messaggio lui si firmava come Patrick o come Pat, a seconda del grado di confidenza che aveva con il destinatario dei suoi messaggi.
Lessi poi quello di Pauline.
"Flanagan sei scappata via subito stamattina, volevo farti sapere che per stasera abbiamo organizzato un party in un locale per festeggiare il diploma, ci sarà un po' di gente, sarai con noi? P.s. E accendi una buona volta il tuo telefono, lo sai che odio scrivere messaggi lunghi!".
Il solo pensiero di starmene in casa da sola a rimuginare sulle ventiquattr'ore precedenti mi fece sembrare quella proposta una vera e propria benedizione. Una bella serata moderatamente alcolica in compagnia e con un po' di musica. Le chiesi a che ora e dove, e la sua risposta fu immediata.
"The Lazy Lion, 9pm".
Decisi di chiamare mio padre ma senza dilungarmi sulla situazione tra me e Val, volevo solo sapere come stesse.
"Tesoro mio finalmente...è da stamattina che provo a chiamarti! Quindi l'esame è andato come volevi?"
"Sì papà, ancora non conosco la valutazione finale ma il sorriso soddisfatto di tutti i membri della commissione mi fa stare tranquilla".
"Bene tesoro, anche Valeria sarà felicissima e immagino che uscirete a celebrare l'evento"
"I miei compagni hanno organizzato un party per festeggiare e mi unirò a loro"
"Ah..ok...fantastico amore...passa una bellissima serata e salutami Val...ti voglio bene"
"Te ne voglio tanto anche io papà, ciao"
Una delle doti di mio padre era quella di non addentrarsi in domande che riguardassero la mia vita più strettamente privata, fin da ragazzina, al contrario di mia madre, mai capitò che mi chiedesse come andasse con questo o quell'altro ragazzo con cui ogni tanto mi vedevo più di frequente. Non per disinteresse ma per una discrezione che era uno dei tratti del suo carattere, oltre ad essere uno dei motivi che in quel momento mi spinsero a chiamarlo.
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Non doveva accadere
RomanceQuando Valeria, 30enne italiana docente di storia medievale incontra lo sguardo dell'allieva irlandese 19enne Cathleen, ogni suo proposito è destinato a crollare come un castello di carte al primo soffio di vento.