Capitolo 42

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Tessa'POV

"Mamma posso giocare anche io a quel cartoon dove stavi giocando tu?"

"Non è un gioco Tim, lo uso solo per chiacchierare con una mia amica che abita in Irlanda...sai dov'è nata la mamma...lei vive lì tesoro".

"Ha dei bambini?"

"Sì amore mio, ha due ragazzi già grandi e poi una bimba della tua età che si chiama Erin".

"E non la vedi da tanto?"

"Da tantissimi anni tesoro mio...da tantissimi anni...senti ma perché non continui a fare il pupazzetto che mi hai promesso con quel pezzetto di argilla che ti ho dato prima?"

Spensi il computer del laboratorio e tornai al tornio per mettermi a dare forma ad un vaso da giardino ordinatomi da un cliente. Nella mente sempre lei, mai scomparsa del tutto. Come dimenticare d'altronde l'unica persona a cui vorrei essermi legata per la vita e a cui sono stata strappata. Timothy l'unico dono di un destino che avrei voluto diverso ed accanto ad Eileen; lo osservavo intenerita e fiera mentre con una spatolina levigava il suo pupazzetto. Squillò il telefono, mi pulii una mano e guardai il display: mio marito Jeff.

"Dimmi...sì sto lavorando...ok starai a cena fuori anche stasera...ciao e a domani".

"Chi era mamma?"

"Tuo padre tesoro...tornerà tardi...o forse domani..."

Undici anni di un matrimonio giunto ai titoli di coda, un marito sempre più assente ed una stanchezza fisica e mentale che a quarantacinque anni ero stufa di sentirmi addosso. Accesi il tornio e lasciai che l'argilla umida girasse tra le mie mani con la stessa dolcezza con cui fino a pochi minuti fa immaginavo di accarezzare Eileen.

"Sei triste mamma?"

"No amore mio, con te vicino non sono mai triste..."

"Però un po' lo sei...io lo so..."

"Sì Tim, un pochino a volte lo sono ma mi basta guardarti e mi passa tutto tesoro"

"È perché pensi a quella tua amica che vive in Irlanda?"

A quella domanda rischiai di rovinare la perfetta circonferenza che stavo accuratamente dando a quel vaso. Spensi il tornio e mi voltai a guardarlo.

"Cosa ti fa pensare che sia triste per questo amore?"

"Ogni volta che finisci di chiacchierare con lei diventi triste...io ti vedo".

"È vero Tim, ho bellissimi ricordi con lei, siamo cresciute insieme, io poi sono venuta in America con i nonni e come ti dicevo non l'ho mai più vista".

Mai negare l'evidenza ad un bambino; lui aveva perfettamente colto il motivo dei miei cali di umore, e qualunque cosa mi avesse chiesto, pur con tutta la delicatezza del caso, avrei risposto in modo sincero; di caricarmi sulle spalle anche il disagio di mentire a mio figlio non lo avrei sopportato.

"Le volevi bene come lo volevi a papà?"

Non fu la forma al passato con cui mi chiese se volevo bene a suo padre a farmi drizzare le orecchie; che io e mio marito comunicassimo ormai a monosillabi ad un bambino sveglio come lui non era certo sfuggito. Quello che mi sorprese fu il suo accostare su una specie di bilancia affettiva anche la figura di Eileen.

"Sì Tim..."

"A me piacerebbe giocare con Erin..."

Mi alzai dallo sgabello e lo andai a stringere tra le braccia; sapevo benissimo che il suo desiderio non fosse tanto il poter giocare con una bambina a lui sconosciuta, quanto quello di vedermi felice potendo incontrare la mia amica amatissima.

Non doveva accadereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora