Capitolo 50

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Eileen's POV

Quella giornata al mare fu qualcosa che da troppo tempo mi mancava, era come se ognuno dei miei sensi fosse moltiplicato per mille; i colori, il dolce e rilassante rumore delle onde che schiumavano infrangendosi sul bagnasciuga e le grida gioiosa dei molti bambini presenti, i profumi; ad ogni soffio di brezza me ne arrivava uno diverso; quello della vegetazione che faceva da corona alla piccola baia, quello meraviglioso e preponderante del mare. Spaziavo con lo sguardo da un punto all'altro di quella spiaggia lasciandomi catturare da ogni minima cosa: la coppia di anziani che galleggiano placidi chiacchierando a mezz'acqua, due ragazzotti con maschere e pinne, famigliole e bambini. E poi la mia Tessa, distesa ad occhi chiusi accanto a me. Mi soffermai a guardarla lasciando che i miei occhi ne scrutassero ogni angolo: il suo ventre piatto e la pelle ambrata, così diversa dalla mia, molto più diafana, il suo seno che, sebbene coperto dal bikini, faticava a nascondere il rilievo dei suoi capezzoli, il piccolo ciuffo di peli pubici che facevano capolino dalla mutandine del suo costume. E più la osservavo più la desideravo . Le sfiorai una mano e dopo aver aperto gli occhi mi sorrise per poi intrecciare le sue dita alle mie.

"I nostri figli cosa stanno facendo Lin?"

Già, i nostri figli. Assorta com'ero nel godermi ogni aspetto di tutto ciò che mi circondava di loro mi ero totalmente dimenticata. Detti uno sguardo verso la riva e li vidi impegnati a cercare qualcosa tra i ciottoli.

"Stanno giocando sul bagnasciuga tesoro, credo stiano cercando conchiglie"

"Quindi non possono vederci nel caso volessimo accarezzarci un po'..."

Quella domanda ebbe l'effetto di un dejavu che mi riportò alla mente un episodio. Mi voltai a guardarla sgranando gli occhi e la vidi sorridere.

"Non siamo più quelle due pazze Tessa"

"Quindi ricordi anche dove ti feci quella proposta usando le stesse parole?"

Fu la stessa identica domanda che mi fece una mattina di trent'anni prima dentro la chiesa di St. John, poco distante dal nostro quartiere. Pioveva a dirotto quella mattina, stavamo tornando da scuola e andammo a ripararci dentro quella chiesa. Ci sedemmo su una piccola panca nella zona più buia in attesa che smettesse di piovere. Alcuni fedeli seduti sulle lunghe panche della navata centrale e le sue parole sussurrate in una delle mie orecchie.

"Non c'è tanta gente Lin..."

"Non è l'ora della messa cuore mio"

E poi una delle sue mani che dopo essersi posata su una delle mie ginocchia iniziò a scivolare sotto la mia gonna, e quella sua identica domanda: "quindi non possono vederci nel caso volessimo accarezzarci un po'". E ci accarezzammo l'una l'intimità dell'altra solo per il gusto di farlo nel luogo dove certi atti sono massimamente proibiti, come due amanti complici e clandestine.

"Come potrei dimenticare il mio unico orgasmo in una chiesa tesoro...te l'ho detto, eravamo due pazze...non dormii quella notte per il timore di qualche punizione divina, e andai a confessarmi il giorno dopo...senza avere però il coraggio di dire al prete dietro la grata di aver fatto sesso in una chiesa, stetti sul vago parlando di atti contro natura e me la cavai con dieci ave Maria".

"Sei ancora così religiosa Lin?"

"No tesoro mio, sono credente, ma senza tutta quella paccottiglia dogmatica...già l'aver usato quel termine mi pesò da morire, ma era così che siamo cresciute, con quei concetti assurdi...io e te eravamo la dimostrazione della diversità meravigliosa che sa regalare la natura, altro che andarle contro".

Mentre esprimevo quel pensiero con lo sguardo rivolto al mare sentii nuovamente una mano di Tessa prendere la mia a lei più vicina per portarsela alle labbra posandoci un bacio. La guardai e aveva gli occhi lucidi.

Non doveva accadereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora