Capitolo 22

474 17 2
                                    

Cathleen's POV

Guardammo Rosalind rientrare nella residenza per poi avviarci verso il camper, entrambe silenziose. Nella mia mente la frase da lei sussurratami: "abbiate cura l'una dell'altra". E poi quel "anche io ho un'innamorata che mi attende". Non so di cosa avessero parlato ma qualcosa era cambiato. Guardai Valeria e fu lei a spezzare il silenzio.

"Andranno a vivere in Italia..."

"Aspetta, andranno chi?"

"Rosi e la sua compagna di stanza, si sono innamorate e hanno deciso di andare a vivere lì...ma è magnifica questa cosa...". Si voltò a guardarmi, come a cercare una conferma sul mio volto sebbene io stessa fossi sorpresa da quella notizia.  M'imposi di non muovere un muscolo del viso ma nella mia testa la domanda era una: "e ora?" Mi rimbombò talmente nella mente quell'interrogativo che temetti di essermelo lasciato scappare dalle labbra. Ed in quel momento per nessun motivo al mondo le avrei fatto quella domanda. Lei e Rosalind avrebbero preso strade diverse, e se sulla sua strada Valeria avesse ipotizzato la presenza della sottoscritta, questa era una decisione che lei, e soltanto lei avrebbe dovuto prendere. Nemmeno ebbi il tempo di soffermarmi su quelle riflessioni che sentii la sua mano sfiorare la mia, e le sue dita intrecciarsi alle mie. Giungemmo al camper e con mia sorpresa Valeria mi chiese se mi andasse di guidare. Ne fui felice e presi il suo posto.

"E ora Cath punta a sud!"

"Vuoi tornare a casa?"

"Ma neanche morta, ho voglia di mare bambina mia, ti andrebbe di passare la domenica in Cornovaglia?" 


Valeria's POV

Non appena le feci quella proposta mi guardò con un sorriso così luminoso che fui tentata di abbracciarla, ero certa che avrebbe accettato, ma il vederla così felice era contagioso. Ci sarebbero volute quattro ore di viaggio per raggiungere St. Ives: la perla della Cornovaglia,  luogo che mi fece conoscere Rosalind e dove entrambe scappavamo per passare weekend meravigliosi da vere e proprie fidanzate, sebbene il più delle volte fummo scambiate per madre e figlia. Sorrisi ripensando ai momenti vissuti in quella località, sorriso che a Cathleen, seppur impegnata a far manovra per uscire dal parcheggio, non sfuggì.

"A cosa pensi Val?"

"Al luogo dove andremo tesoro mio, St. Ives, sono sicura che te ne innamorerai". 

Appena finii quella frase fu lei a sorridere, e a me cogliere la palla al balzo per rivolgerle la stessa identica domanda. Sollevò la mano dal cambio e cercò la mia per portarsela poi alle labbra posandoci un bacio.

"Te lo dirò quando saremo a St. Ives mia incantevole compagna di viaggio".

"Sono ancora la tua professoressa, modera la confidenza", le dissi scherzando, ma io stessa stavo dimenticando questo aspetto, sempre che ormai questo avesse ancora importanza.

Misi su un po' di musica e tirai fuori dalla borsa il cellulare per cercare in rete il sito del ristorante Two Ladies sperando che esistesse ancora, e mi si allargò il cuore quando lo trovai. Non dimenticherò mai la sorpresa che ebbi il giorno in cui varcai la porta di questo locale insieme a Rosalind, e la stessa sorpresa ci tenevo che a provarla fosse Cath. Composi il numero e dopo alcuni secondi mi rispose una donna, e riconobbi la voce di Evelyn, la titolare.      La cosa che mi sorprese, nonostante fossero passati non meno di dieci anni, fu che anche lei riconobbe la mia. Scambiammo due frasi di convenevoli e poi le chiesi se per le 9pm il tavolo fosse disponibile, la sua risposta fu affermativa. La salutai dandole conferma per quell'ora.

"Wow hai un tuo tavolo riservato, devi essere una cliente speciale". 

"Una decina di anni fa ci venni con Rosi, fu lei a farmi conoscere St. Ives e quel ristorantino, certo ci tornammo diverse volte ma mai mi sarei aspettata che la titolare riconoscesse la mia voce dopo tutti questi anni". 

"Sai mia bellissima prof, io non so che percezione tu abbia di te stessa, ma ti assicuro che tu non passi inosservata, però a volte ho l'impressione che tu di questo non sia consapevole, anche io tra dieci o vent'anni riconoscerei la tua voce tra mille altre".

"Ma per favore Cath, le due cose non sono paragonabili bambina mia, con lei non sono mai stata a letto, della mia voce tu conosci ogni tonalità, è che ne sono sorpresa tutto qui".

"Magari lei lo avrebbe voluto, è che ti ripeto, tu non ti rendi conto Val..."

"Sì ok me lo hai già detto, non passo inosservata, ma questo non significa che ogni cristiano che incontro voglia portarmi a letto". Ridacchiò e mi accarezzò la mano. 

"Sono una cristiana fortunata allora". 

Scoppiai a ridere per quella scemenza, che poi era comunque la verità; questa ragazza era piombata nella mia vita come un meteorite destinato a lasciare un impatto su quella corazza emotiva che inconsapevolmente mi ero costruita dopo aver lasciato la casa di Rosalind dieci anni prima. Fortunata sentivo di esserlo anche io, ogni minuto passato con lei era come un balsamo destinato ad ammorbidirla quella mia corazza. 

La prima ora di viaggio la passammo a cantare a squarciagola l'intera colonna sonora del film The Commitments che avevo nella playlist, e che lei da brava dublinese conosceva a memoria. Della professoressa e della sua allieva non v'era davvero più traccia, nè tanto meno della differenza d'età. Talvolta la ragazzina tra le due ero io, e giocare a provocarla ogni tanto mi divertiva molto. 

"Tesoro io sento il bisogno di dormire un po', quando sei stanca svegliami che ti do il cambio alla guida". 

Mi chiese se volessi andare a riposare sul letto ma le dissi di no, preferivo starle accanto piuttosto che confinata là dietro. Inforcai il paio di occhiali da sole che avevo nel cruscotto, mi tolsi i sandali, sollevai le gambe sul sedile e mi appoggiai alla portiera. Ma non socchiusi gli occhi, la mia attenzione, da dietro le lenti scure, era tutta rivolta a lei e alle reazioni che avrebbe avuto. Non passò nemmeno un minuto che da ineccepibile guidatrice con gli occhi rivolti alla strada il suo sguardo iniziò ad alternarsi tra il nastro di asfalto, totalmente rettilineo e scarso di traffico, ed i miei piedi. 

Trattenni a stento un sorriso divertito e lasciai che passassero una decina di minuti, ed immancabilmente avvertii il contatto delle sue dita sfiorarmi prima un piede e poi l'altro, mi accarezzò entrambe le piante con la delicatezza di una farfalla, timorosa di svegliare quella finta dormiente della sottoscritta. Uno sguardo alla strada e uno a studiare la mia espressione, che da attrice improvvisata si divertiva un mondo a stuzzicarla. In realtà stavo stuzzicando me stessa, quel gioco di seduzione eccitava di converso anche me, e rimasi un filo delusa quando, forse perchè soddisfatta da quel fugace contatto con le mie estremità, smise di accarezzarmele. Lasciai che un piede andasse a sfiorarle la mano che teneva poggiata sul cambio e la sentii ridere.

"Professoressa mi permette di dirle che lei è una grandissima stronza e che non ci si prende gioco degli allievi?" 

Risi anche io e mi tolsi gli occhiali. 

"E quindi preferisce tornare alla formalità dei ruoli miss Flanagan? La avverto però, se dobbiamo riavvolgere il nastro del nostro rapporto lo riportiamo a zero". Finsi un'aria seria e mi sorrise. "Come non detto Val, ma se andiamo a sbattere la colpa sarà tua". Sollevai il piede e con lo stesso le accarezzai la guancia.

"Si Valeria, sei davvero una stronza". Me lo sussurrò con un soffio di voce, e subito dopo ci posò un bacio.

Sì, un po' stronzetta in effetti lo ero, ma era il sintomo che la mia corazza a poco a poco si stava ammorbidendo, e l'unguento era la mia bellissima bambina dai riccioli di rame e gli occhi di smeraldo.







Non doveva accadereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora