Capitolo 22

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Gabriel cavalcò per quattro chilometri con la luna piena ad illuminargli la via. Il ragazzo arrivò presso un boschetto di betulle e si inoltrò al suo interno, proprio come aveva visto nella sua visione, fino a raggiungere una piccola radura.

Si avvicinò ad un tronco di un albero e vi legò le briglie del cavallo, e una volta assicurato l'animale gettò Goe a terra. Non che volesse fargli male apposta, ma non aveva scelta, Goe aveva continuato a dimenarsi per tutto il viaggio, e se, Gabriel, non avesse attinto continuamente all'energia esterna per fare forza sulla braccia per tenerlo immobilizzato e alle gambe per mantenere l'equilibrio cavalcando, non sarebbe stato in grado di trasportarlo in sicurezza. Gettarlo a terra era l'unico modo per scendere da cavallo senza farsi squarciare la gola nel processo.

Toccato terra, Gabriel afferrò la corda con cui era stato legato Goe e iniziò a trascinarlo verso un albero un po' distante dal cavallo.

All'improvviso Goe vece forza sulle gambe riuscendo a mettersi in piedi; Gabriel capendo subito di non avere più la situazione sotto controllo, si portò il braccio sinistro davanti al viso mentre Goe gli si lanciava addosso azzannandolo con ferocia.

Gabriel sferrò un calcio verso un ginocchio di Goe che lasciò la presa.

Il calcio di Gabriel fu abbastanza forte da allontanare Goe ma senza nuocere troppo al suo corpo, nonostante le rune ancora attive sulle gambe che gli conferivano una forza superiore, ma lo stesso Goe era diventato molto più forte a causa della possessione e le due forze si controbilanciavano o almeno questo era quello che Gabriel sperò in cuor suo.

Gabriel non perse tempo, diede un forte strattone alla corda che legava ancora Goe, avvicinandolo ad un albero per poi legarlo ad esso.

Per fortuna la corda con cui era legato il ragazzo era abbastanza lunga e una parte era lasciata libera; i guerrieri avevano usato l'estremità in più della corda per controllare i movimenti di Goe e impedirgli di avventarsi contro uno di loro, strattonando la corda, all'occorrenza, potevano mantenere un certo controllo sulla situazione già precaria.

Gabriel usò l'estremità in avanzo della corda per assicurare l'amico ad un albero.

Una grossa nuvola, lontana, stava iniziando a coprire la luna e presto la poca luce a disposizione sarebbe venuta meno, Gabriel prese i cristalli della padronanza dal suo zaino e si accorse che solo uno era inciso con le rune. Il ragazzo ricordava che nella visione c'erano quattro fuochi.

Il ragazzo, abbastanza pragmatico per la sua età, non si fece prendere dal panico e agì subito, usò il sangue che usciva copioso dal suo braccio ferito e vi incanalò l'energia che non aveva più bisogno di essere inviata a braccia e gambe; con il dito indice sporco di sangue e pregno d'energia iniziò ad copiare le rune sui tre cristalli che ne erano privi.

Ogni volta che finiva di incidere le rune su un cristallo questo si illuminava per una frazione di secondo, segno che l'incisione era riuscita bene.

Ben presto i cristalli erano pronti così anche i fuochi che avrebbero tenuto al sicuro lui, Goe e il cavallo.

I fuochi sacri avrebbero tenuto lontani gli spiriti vendicativi, ma senza una vera e propria barriera, eventuali animali avrebbero comunque potuto avvicinarsi, ma Gabriel non se ne preoccupò, perché nella visione non c'erano altri pericoli tranne quelli tenuti lontani dai fuochi.

Gabriel fissò il braccio ferito, una parte di carne era sollevata proprio a formare un'arca dentaria di un animale feroce.

Il ragazzo si avvicinò ad un piccolo rivolo d'acqua, forse una sorgente perché l'acqua sembrava davvero molto pulita e scorreva.

Si lavò bene lo squarcio al braccio, ma il sangue continuava a fuoriuscire, alla fine decise di strappare parte della sua tunica e fare delle bende e con molta pazienza si fasciò il braccio cercando di far aderire i lembi di carne lacerati. Fu un lavoro lento e meticoloso; la ferita non gli faceva male, Gabriel non si domandò il perché, anche se lo scoprirà solo il giorno dopo quando l'adrenalina avrebbe lasciato il suo corpo.

Il sangue sembrava essersi fermato, soddisfatto decise di accendere un fuoco per tenersi al caldo mentre attendeva di trasformarsi.

Sapeva bene, come lo sapevano tutti del resto, che gli spiriti vendicativi si riproducevano in questo modo, ferendo altre creature e inviando in esse, attraverso la ferita, parti di se stessi che in quattro o cinque ore sarebbero cresciuti fino a formare un nuovo spirito vendicativo che avrebbe preso il controllo del corpo ospite, parassitandolo.

Mancavano cinque ore prima che lo spirito fosse maturo, poi sarebbe iniziata la sua prova. Gabriel lo aveva visto nella visione, prima di aiutare Goe doveva guarire se stesso, anche se non aveva capito che sarebbe successo in questo modo.

Gabriel si mise seduto a terra con gambe incrociate, prese della carne secca dallo zaino e iniziò a mangiare con calma mentre in una mano teneva un cristallo con la runa purificazione. Le cinque ore passarono in fretta, ben presto la ferita alla mano iniziò a bruciare e il dolore a salire lungo il braccio e su al busto e da lì a diramarsi verso le gambe e la testa.

Quando il dolore arrivò alla testa, l'occhio si attivò illuminandosi e simboli runici iniziarono a vorticare dentro di esso. Una voce, nella sua mente, ripeteva come un mantra mostro, mostro... Ma Gabriel non riusciva a capire cosa volesse dire. Pian piano il suo corpo iniziò a trasformarsi ma più lentamente del dovuto, sembrava proprio che il suo occhio azzurro stesse rallentando la trasformazione. Gabriel non capiva cosa avrebbe dovuto fare per fermare la possessione, udiva solo lo spirito dentro di lui dire mostro, ma quando la confusione sembrava impadronirsi di lui, l'occhio gliel'ho mostrò quello che aveva bisogno di sapere. Gabriel vide una scena di quello stesso giorno dove Goe lo chiamava mostro. A quel punto fu facile capire, quale fosse la cosa da guarire, era il non sentirsi accettato, il sentirsi diverso dagli altri. Gabriel non lo aveva mai confidato a nessuno ma anche prima che l'occhio si attivasse aveva avuto episodi di premonizioni anche se per piccole, in più sapeva cose che gli altri non sapevano. Gli veniva così senza fatica, tutto da solo. All'inizio Gabriel non si era reso conto di queste sue doti, ma con il tempo capì che non erano normali, o almeno per dei bambini. A volte poteva prevenire un temporale, anche se il cielo era azzurro. In un'altra occasione si era ritrovato a passare davanti ad un albero e ogni volta sentire un forte mal di pancia, la cosa andò a vanti per una settimana, fino a che l'albero cadde sopra una casa distruggendola, per fortuna al suo interno non c'era nessuno in quel momento, e altre cose simili. Gabriel non si era mai confidato con nessuno, perché una parte di lui, una piccolissima parte, aveva iniziato ad non amare questo suo lato che lo rendeva diverso dagli altri, e come disse Goe un mostro.

"Mostro!... mostro!..." continuava ad urlare lo spirito.

«Non sono un mostro!» ribatté, Gabriel, in un impeto di frustrazione contro questa voce ossessiva che lo metteva difronte a ciò che lui stesso aveva sempre pensato di sé. «Io sono chi sono,» realizzò all'improvviso, «sono diverso sì, come può essere diverso un erborista da un guerriero, e la mia diversità non è una anomalia è un dono che posso mettere a servizio del villaggio.»

La frustrazione lo aveva costretto ad affrontare questo suo dubbio portandolo alla ragione, o meglio alla realizzazione che quello che aveva appena detto fosse vero, il disagio oppressivo fu sostituito da una leggerezza che lo sorprese, come se si fosse liberato di un peso enorme, aveva realizzato che non c'era nulla di sbagliato in lui.

Quando Gabriel si accettò, la presa dello spirito vacillò e si indebolì, Gabriel colse il momento per attivare il cristallo tra le mani che iniziò a purificarlo. Un forte dolore venne da dentro di lui, lo spirito stava lottando, ma era già vulnerabile perché non aveva più nutrimento, non cerano ferite a cui aggrapparsi, questo Gabriel lo aveva capito bene.

All'improvviso le rune sul corpo di Gabriel si illuminarono di azzurro come la luce del cristallo mentre purifica o del suo occhio quando è attivo, lo spirito urlò di dolore, le sembianze di Gabriel tornarono alla normalità e lo spirito vendicativo venne espulso dal corpo del ragazzo, mentre lo spirito vendicativo tentava la fuga nella notte fu colpito dalla luce irradiata dall'occhio di Gabriel e morì così come sarebbe morto alla luce del sole.

Gabriel, mantenne la posizione seduta, aveva consumato tutta l'energia interna, doveva recuperare prima dell'esorcismo di Goe. L'energia iniziò ad affluire verso l'ombelico di Gabriel e a riempire il Dantian. 

LA FINE DELL'ERA OSCURADove le storie prendono vita. Scoprilo ora