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Toni's pov

Ansia.
Avevo imparato a convincerci.

L'ansia da prestazione, oppressione, preparazione.
L'ansia che condannava la mia vita, il buco nel petto che sentivo ogni volta che ricordavo un pensiero negativo, e la tachicardia che costantemente sentivo rimbombare nelle mie orecchie.

Non sarebbe stato un problema, se questo non avrebbe condizionato la mia intera vita.
Dormire poco, sentirsi sempre stanchi, svegliarsi presto oppure dormire troppo.

Non avevo uno stile di vita regolare, e di questo ne ero certa.
Ne ero certa perché tutti gli altri non sembravano condurre uno stile di vita così strano, potevano riposarsi ed evitare di ingoiare pasticche per facilitare il sonno.

E quel pensiero che fantasticavo, solo io lo sapevo.
Quel pensiero di farla finita, concludere le preoccupazioni e la continua sofferenza.
Solo io ero a conoscenza di quanto ogni giorno lottassi, sentendo un vuoto nel petto quando pensavo alla morte, per poi sorridere pensando che ci fosse qualcosa di migliore.
Soltanto io sapevo quanto Los Angeles mi stesse salvando, quanto con il suo paesaggio, le sue palme e le sue stelle estremamente luminose mi stavano mantenendo in vita.

Forse, non poter più vedere le stelle ma essere una parte di loro, mi metteva preoccupazione.
Forse, non poter più godere di Santa Monica sarebbe stato un peccato, perché un paesaggio così bello non poteva essere dimenticato.

In tutto questo, ancora una volta, soltanto io me ne preoccupavo.
Soltanto io tenevo alla mia salute, mi chiedevo come stessi o cosa mi stesse succedendo.
Solo io ero stata in grado di chiedere aiuto, supplicare perdono ai defunti e chiedere disperatamente una mano.

Non arrivò, e di questo ne ero certa.

Sii consapevole del tuo destino, ed aiuta te stesso finché potrai cambiarlo.
Finché quest'ultimo ti darà la possibilità di fare scelte e non azioni.

Ma perché nessuno se ne accorgeva? Perché nessuno notava le mie occhiaie sotto agli occhi, i miei tic nervosi, le mie unghie corte ed i miei occhi spenti?
Perché era così difficile chiedermi come stessi, starmi vicino facendomi provare felicità?

E se il problema fossi io?
Le pudiche anime non sono fatte per il pianeta Terra, e di questo ne ero più che consapevole.

Ma allora?
Che cosa stavo aspettando per dare vita ad una tragedia, che forse si rivelerà in futuro una buona scelta?

La risposta è il terrore del rimpianto.
Il rimpianto di non averci perlomeno provato, senza aver lasciato il tempo trascorrere.
Non avevo atteso la persona della mia vita ed ero stata semplicemente troppo impaziente.

Era una promessa che da adolescente mi feci: sii paziente ed attendi il futuro, di qualsiasi tipo esso sia.

Attendi le giornate di sole, sbuffa e prepara un ombrello per quelle di pioggia, quelle che preferisci.
Le giornate in cui ti svegli con quell'odore pungente, di cui puoi scorgere la terra, che avvolge l'aria prima di un temporale.
Quell'umidità che sale durante la stagione estiva, l'afa che ti opprime ed una passeggiata sotto la pioggia con il proprio ombrello.
A casa osservi il paesaggio fuori dalla finestra, noti come le grandi gocce di pioggia sporchino il tuo vetro e si congiungono per la troppa mancanza.

Forse, le lacrime di cui il cielo ci rende partecipi, vogliono farci intendere questo.
Si dividono facendoci capire quanto il dolore si riversi su noi stessi, come quando sei stanco e noti gli sfoghi sul tuo viso.
Forse il dolore non fa male soltanto a noi stessi, ma anche alle gocce di pioggia che devono dividersi a causa del nostro dolore.

Ed eccomi qui, nel posto in cui potevo capirmi e tornare ad essere ancora una volta quella che ero.
Non era una cosa positiva, ma forse mi mancava.
Mi mancava essere l'unica che riuscisse a comprendersi.

𝘈𝘳𝘦 𝘺𝘰𝘶 𝘭𝘰𝘴𝘵? «𝙘𝙝𝙤𝙣𝙞»Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora