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Toni's pov

Non mi sono mai piaciute l'apatia, l'indifferenza ed il menefreghismo.
Piuttosto, ho sempre pensato che quest'ultime si manifestassero in un momento di totale sconforto, dal quale puoi risalire in superficie dopo un evento piuttosto traumatico.

Non ero indifferente nei confronti di Melanie.
Si, probabilmente la stavo illudendo, ma le menzogne ci aiutano a sopravvivere.
Non era colpa sua se non riuscivo a provare niente, e non sarebbe stata di certo neanche la mia.
Piuttosto, la colpa è dell'apatia che governa questo mondo.
Gli apatici hanno il controllo, per il semplice fatto che soltanto la sofferenza può portarci a sprofondare nell'abisso.
Chiunque sia apatico, ha la possibilità di avere una vita felice.

-"La stai illudendo." Carl disse, mentre mi osservava tirare pugni al mio sacco da boxe.
-"Non è così." sbuffai, interrompendo le mie azioni e voltandomi verso la sua direzione.

Lui sollevò le sopracciglia come se non credesse a ciò che stessi dicendo, oppure come se fosse palese che stessi sbagliando.

-"O almeno, non è la mia intenzione." mi corressi, sfilando i miei guantoni.
-"Oh beh, Toni.
Non so che cosa tu abbia intenzione di fare ma lei...non sta giocando." mi rispose, incrociando le braccia.
-"Nemmeno io sto giocando." dissi dopo aver chiuso la bottiglietta d'acqua da cui avevo precendente bevuto.
-"Non ho intenzione di lasciarla e neanche di giocare con i suoi sentimenti."
-"Bene, ne sono contento.
Ma sai che la verità sale sempre a galla, no?"

Mi soffermai a riflettere, osservando un punto indefinito della stanza mentre Carl mi passava un panno.
-"Non se sei un buon mitomane." sospirai.
-"Non lo sei, Toni. Accettalo.
Non sei un buon mitomane e lo sai meglio di chiunque altro, non so davvero come lei non se ne sia ancora accorta."
-"Okay Carl, stai andando fuori dagli schemi.
Io e Melanie stiamo insieme e ci amiamo, per te dovrebbe essere sufficiente sapere questo.
Non mischiarti troppo nella vita altrui, ti preoccupi troppo per gli altri."

Odiavo chi si intrometteva troppo in vite che non gli appartenevano.
Nel senso che sì, desideravo da sempre qualcuno pronto ad ascoltarmi e che si interessasse alla mia vita, ma sapevo che Carl non lo era affatto. Voleva soltanto un po' di dramma per arricchire la propria esistenza.
Adoravo invece parlare di me stessa a chiunque mi dimostrasse interesse, a chiunque insistesse per sapere quali fossero i miei sentimenti o problemi, oppure che semplicemente mi obbligasse a parlare pur di farmi stare meglio.

Se solo avessi trovato una determinata persona, probabilmente le sarei caduta ai piedi come se fosse una regina che domina il mondo.
Le sarei caduta ai piedi come se fosse la mia regina.

Una cosa che forse avevo imparato era quella di non avere standard troppo alti.
Nel senso che avrei dovuto capire chi fossero le persone di cui fidarmi e non aspettarmi della bontà provenire dall'anima di qualcuno: non ci credevo più.

Non credevo più che esistesse un'anima buona e pura oltre alla mia nel mio mondo, e per quanto avrei speso ore a parlare di questa concezione di vita, ormai non mi andava più.
Mi sarebbe davvero piaciuto parlarne con qualcuno che lo avrebbe capito, che mi avrebbe capita, ma come ho già detto avevo smesso di avere aspettative, basse o alte che fossero.

Speravo che in questo modo, la sopravvivenza, risultasse meno pesante da trasportare sulle spalle.

-"Bene, abbiamo finito." conclusi, asciugando la mia fronte.
-"Devi recuperare metà allenamento, ricordi?"

Alzai gli occhi al cielo, non capendo perché ci fosse bisogno di così tanta prevenzione: ero sicura che avrei vinto qualsiasi fosse stato il mio tipo di preparazione.
Avevo una strategia, e non c'era bisogno di preparazione fisica.

-"Sto apposto, coach.
Lo recupero quando non ho da fare." sorrisi.
-"Topaz...ti scaverai la fossa così." sospirò
-"Per Melanie, immagino.
Sbaglio?"

-

Tornai a casa più stanca del dovuto quella sera.
A malapena riuscivo a tenere gli occhi aperti e sentivo in qualche modo il mio cuore più stanco.
Forse era quell'eccessiva ansia seguita da sensi di colpa a scaturire così tanta stanchezza.
Mancanza di energie, vuoti di memoria, fiato corto e poca concentrazione.

Odiavo l'ansia in qualsiasi sua forma: mangiarsi le unghie, torturare il proprio labbro inferiore, sospirare di continuo cercando di placare il veloce battito cardiaco, e scrocchiare le dita di ripetutamente.

Ma chi lo avrebbe mai capito? È soltanto un po' d'ansia.
L'ansia e le preoccupazioni le hanno tutte, Toni. Perché preoccuparsi?
Perché preoccuparsi di essere diverso dagli altri quando la tua vita va esattamente come sarebbe dovuta andare?
Mi lamento sempre troppo: è tutto così perfetto qui, credo.

-"La perfezione fa schifo." dissi a me stessa, mentre con un dischetto pulivo il leggero trucco che quella mattina avevo applicato.
-"Forse è per questo che dovresti cominciare a rovinare un po' di cose." sospirai, gettando i dischetti all'interno del cestino.

Quando andai a letto, mi ricordai di dover rispondere ai messaggi che durante quella giornata avrebbero dovuto in qualche modo arricchirla.
Se da giovane amavo passare ore su ore su uno schermo, adesso provavo una sorta di rifiuto nei suoi confronti: non volevo vedere nulla che riguardasse il mondo virtuale. Era troppo perfetto.

Tra i vari messaggi e notifiche, il messaggio di mia madre spiccò tra esse.

Mamma
M: Tuo padre chiede di te. Quando torni a Riverdale?

Sorrisi un po' pensando ad un Denny nel totale panico, senza sapere cosa sua figlia stesse vivendo.
Poi, mi ricordai che a chi interessa davvero, non chiede agli altri tue informazioni.

T: Quando mi sposerò potreste venire voi qui
M: Denny e Los Angeles non si vogliono poi così bene, Antoinette
T: È solo che non me la sento di tornare a Riverdale, te l'ho già spiegato

Mia madre non rispondeva, come se stesse rileggendo più volte il messaggio.
Come se stesse provando ad interessarsene, sperando poi che fosse così.
Non vedevo davvero l'ora di trovare qualcuno che non mentisse all'interno del pianeta.

M: Va bene, riferirò
M: Buonanotte Toni

Mi rifiutai di rispondere.
Non avevo di certo voglia di rispondere ad un qualcosa di così apatico ed inutile.
Non avevo proprio voglia di rispondere, probabilmente.

Mi convinsi a dormire ed ad ignorare ciò che mi circondava, mettendomi sotto le coperte e spegnendo la luce presente sul mio comodino.

Domani sarebbe stato un altro giorno, me lo ripetevo spesso.
Il giorno seguente sarebbe stato meglio, era un giorno in meno di sopravvivenza, un giorno in meno che mi separava dalla mia futura felicità, se mai ce ne fosse una.
Credo che ci sia un giorno decisivo per tutto all'interno della propria vita.
Un giorno che pone fine a tutte le sofferenze, fisiche e mentali.

Poi, però, mi ricordavo che dovevo far finta di non provare interesse sull'argomento.
Dovevo fare finta che non stessi male, che la sofferenza non prosciugasse le mie energie e che, in qualche modo, mi vedevo in splendida forma.

In qualche modo potevo ancora guardarmi allo specchio e sentirmi bella, farmi una doccia per il puro scopo di avere una buona igiene personale, oppure sorridere e non riconoscere il mio passato.

La realtà è che, forse, avrei da tempo dovuto smettere di avere speranza.

La speranza è l'ultima a morire, dicono.
E forse è vero.

È vero perché anche quando dici non averla, quando poi le cose non vanno positivamente, ci stai male.
È vero perché nonostante sia convinta di non averne, dentro di te avrai sempre quella piccola lampadina che illumina il tuo umore al solo pensiero che un qualcosa di positivo accadrà.

La speranza è l'ultima a morire, ed io l'avrei uccisa con le mie stesse mani.

Nota autrice
giorno 37 ed ancora non mollo, tiè

𝘈𝘳𝘦 𝘺𝘰𝘶 𝘭𝘰𝘴𝘵? «𝙘𝙝𝙤𝙣𝙞»Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora