1.1 Saturno

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Un mese prima

Will sentì le palpebre farsi sempre più pesanti. Chiuse il libro che stava leggendo -Gasdinamica - il dito indice infilato tra le pagine e si alzò dal letto. Lanciò un'occhiata alla finestra, sigillata a causa dei depuratori d'aria installati ai lati delle ante e i suoi occhi parvero ridestarsi dal torpore.

Il pianeta Saturno era un gigante che incombeva su di lui, gli enormi anelli si stagliavano nel cielo come tante linee concentriche ben definite. Si avvicinò alla libreria accanto alla finestra e ripose il tomo nello spazio vuoto tra "Ascensione: osservazione diretta di un soggetto su Titano" e "Guida all'ascensione per principianti". Entrambi riportavano a caratteri cubitali il nome di Cassandra Gascon.

Con le spalle, si appoggiò a uno stipite della finestra: il cielo di Titano da quell'altezza era a portata di mano, un'immensa coltre scura punteggiata di stelle luminose che si estendeva proprio a un palmo dal suo naso. Intorno a ognuna di loro orbitavano chissà quanti pianeti. Non osava neanche immaginare quante forme di vita vivessero e brulicassero in ognuno di essi. In fondo, anche Titano da un altro punto dell'Universo non era che un barlume di luce e nient'altro. Se aguzzava la vista poteva scorgere, in un piccolissimo punto lontano del cielo, il fioco baluginio del Sole, avvolto dal buio cosmico. Da qualche parte, in quella matassa di nero e astri, si trovava anche la Terra.

Quando era piccolo, mamma Cassandra gli raccontava storie della buonanotte ambientate sul suo pianeta natale. Avevano vissuto su Alicante, una città che si trovava a sud di uno Stato chiamato Spagna, durante tutto il suo primo anno di vita. Nella mente di Will aveva assunto i contorni di un luogo ameno, popolato di dettagli che trasudavano avanguardia. Su Alicante gli esseri umani non avevano bisogno di respiratori o di depuratori per integrare l'ossigeno, né di coltivare le piante all'interno di giardini idroponici.

A cinque anni, Will sgranava gli occhi quando le parole di sua madre si soffermavano sull'enorme distesa di acqua che si poteva vedere a est di Alicante: il Mare. Su Titano non esisteva nulla del genere, solo qualche bacino artificiale necessario a rifornire le città e null'altro. Il resto erano tappeti sconfinati di ghiaccio e roccia nera.

Ogni notte, invece di dormire, rimaneva con il naso incollato al cielo, a sognare a occhi aperti di poterci tornare, per ammirare l'azzurro del mare insieme a Cassandra e a Jeanne, l'altra sua madre. Ma gli anni erano trascorsi e aveva smesso di pensarci. La vita era rimasta circoscritta su Titano, a quasi un mese di viaggio interplanetario dalla Terra. Cinque giorni se prendeva in considerazione i veicoli militari, ma erano preclusi ai civili.

Il flusso dei suoi pensieri venne interrotto da un bip cadenzato che proveniva dall'ingresso dell'appartamento. Si scostò dalla finestra e percorse tutto il corridoio, per poi precipitarsi in soggiorno, vicino all'entrata. Un click automatico annunciò che qualcuno aveva appena sbloccato la password che teneva chiusa a chiave la porta. La voce metallica dell'A.I. 2.0 trillò con tono monocorde, "Bentornata a casa, signora Gascon."

Con un gesto della mano, Will aprì la porta: dall'altra parte, comparve il volto pallido e stanco di sua madre Cassandra. Alcune ciocche di capelli castano chiaro le ricadevano davanti agli occhi.

"Giornata pesante?" Si scostò da un lato per farla passare.

Cassandra emise uno sbuffo di sollievo. Schiacciò il pulsante sul petto per disattivare la tuta termoregolatrice e si sfilò il respiratore dal naso. Inspirò aria a pieni polmoni, un verso di soddisfazione.

"Oh, non ne hai idea. Ho perso la cognizione del tempo in laboratorio. Stavamo svolgendo alcuni test e in un attimo si sono fatte le undici. Incredibile!" Volò verso il salotto e sprofondò sul divano bianco. Cassandra si tolse gli occhiali e li sfregò contro un lembo della maglia; Will avvertì un debole gorgoglio che proveniva dal suo stomaco.

Kepler 442-BDove le storie prendono vita. Scoprilo ora