1.6 Ganimede

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"La misteriosa razza aliena ha attaccato nell'ordine: Caronte, Titano, Encelado, Rea e le basi spaziali internazionali di Armstrong 2023 e Gagarin Space, rispettivamente in orbita su Urano e Nettuno. Tra queste, solo Caronte e Gagarin sono stati in grado di respingere l'attacco, seppur con ingenti perdite. Per le altre basi, purtroppo, non c'è stato nulla da fare. Al momento le truppe terrestri sono partite verso i restanti pianeti sotto assedio, mentre i profughi convergono sulle due basi principali di Giove: Ganimede e Io. Ma ora l'approfondimento del nostro inviato sull'osservatorio scientifico di Marte, Emily Wong. Emily, ci sono ipotesi su chi potrebbe essere il mandante?"

Il video si increspò e Will avvertì una leggera interferenza nelle comunicazioni. Il volto di una giovane giornalista, il filtro di bellezza le conferiva lineamenti distesi e un colorito lucente, comparve subito dopo sullo schermo. "Eccomi, Emily Wong, in collegamento da Marte. Secondo il calcolo di rotta rilevato dai nostri satelliti, è possibile che gli alieni invasori provengano da un sistema planetario addirittura più lontano di Eltanin, sistema che, come ci teniamo a ricordare, detiene il record come il più lontano mai visitato dall'essere umano..."

Premette il pulsante "indietro" e la pagina su galactic net "www.Solarsystemnews.net" sparì dal suo telefono. I primi due giorni di viaggio, il solo sentire pronunciare il nome "Titano" nei notiziari e vedere le varie riprese che lo raffiguravano com'era prima - pieno di vita, di persone, immagini colorate che riprendevano il via vai delle macchine in strada - in comparazione a ciò che ne era stato dopo l'invasione, avvolto dal fuoco e dagli incendi, gli faceva salire le lacrime agli occhi. La mente volava verso sua madre, gli amici, la casa. Immaginava di essere ancora lì insieme a loro. Il satellite stesso popolava ogni notte i suoi sogni; erano così intensi che la mattina, appena sveglio, era convinto di trovarsi ancora lì, nella sua stanzetta dalla quale poteva vedere Saturno ogni volta che voleva. Ma poi l'illusione spariva e sopraggiungevano la delusione e la tristezza.

Dopo la prima settimana di vagabondaggio nello spazio, invece, il notiziario, i sogni e i ricordi che sbiadivano pian piano destavano in lui solo una gran rabbia. Gli avevano tolto tutto: la possibilità di riunirsi alla sua famiglia, la possibilità di laurearsi e diventare ingegnere insieme a Theodore, la possibilità di scoprire perché sua madre fosse così interessata all'Ascensione. Ogni giorno, però, accedeva alla pagina online del notiziario. E ogni volta, si rendeva conto che il numero di basi annientate aumentava sempre di più; appena si figurava un nome nuovo da aggiungere alla lista infinita di pianeti e persone inghiottite dalla voragine della distruzione, la rabbia e la frustrazione crescevano in lui. 

Ganimede si profilava all'orizzonte sempre più nitido: aveva l'impressione che, se si fosse sporto da uno dei tanti oblò dell'astronave, sarebbe stato perfino in grado di toccarlo.

I corridoi monotoni e tutti uguali dell'astronave ormai gli bruciavano gli occhi, identici tra loro e asettici. Passeggiava tra i cunicoli stretti, le gambe che formicolavano, il pavimento che scricchiolava sotto i suoi piedi. Avrebbe voluto calpestare un suolo più morbido di quello, sentire alle orecchie un suono meno artificioso del freddo tintinnio del metallo. 

Ogni tanto, però, si soffermava a guardare il paesaggio proiettato dall'osservatorio centrale: Ganimede aveva occupato l'intero campo visivo e dall'invetriata non si riusciva a intravedere nient'altro se non le luci della città che lo avvolgevano. I giorni scorrevano, Ganimede rimaneva sempre immutato nelle sue prospettive: non erano in atto né manovre di virata, né di atterraggio. Dalla sala comando tutto taceva, eppure non erano ancora sbarcati. La vista sullo spazioporto si scontornava nitida davanti a loro. Era una piattaforma di metallo a forma di mezzaluna, da cui si poteva intravedere il profilo di qualche edificio tozzo. A volte, rimaneva impalato a osservare le astronavi da guerra che partivano da lì per recarsi nei territori sotto attacco, alle spalle si lasciavano solo la scia fumosa del loro motore, una leggera linea bianca che divideva il cielo nero sopra di loro. Loro invece rimanevano lì, a ristagnare, in attesa di chissà che cosa.

Kepler 442-BDove le storie prendono vita. Scoprilo ora