2.2 Camp Perseverance (pt. 1/3)

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Fu come inabissarsi nei fondali più reconditi di un Oceano. Quando Will pensava alle oscurità abissali, le immaginava proprio così. Uno spazio in cui il nero e il silenzio erano universali, imperanti e assordanti. In questo, le profonde vastità acquatiche e lo spazio celeste erano molto più simili di quanto il senso comune pensasse.

Dai pensieri di Donnel non avvertiva alcun impulso, neanche la benché minima percezione di un guizzo logico. Nuovi ricordi erano stati generati nel poco tempo in cui era rimasto incosciente e adesso venivano proiettati nella sua stessa mente, ma essi erano svuotati di qualsiasi personalità. Erano come diapositive scattate per errore, in cui per sbaglio il soggetto non era altro che un dettaglio sulla strada di poco conto, oppure una figura che si sovrapponeva alla fotocamera mossa e distratta. Non erano il frutto di un sistematico ragionamento, ma registrazioni casuali e irrazionali.

Ricordava ancora, invece, quelli che aveva visto quando era entrato in contatto con lui la prima volta. Donnel aveva un bell'intelletto, rapido e vivace: i colori dei suoi ricordi erano dinamici, di un'esuberanza sferzante.

Quello più intenso, che più gli era rimasto impresso, era stato il momento della sua nascita: ricordava ancora il sorriso della madre appena bagnato dalle lacrime, prima di essere preso in braccio da uno sconosciuto dottore in mascherina. Rimase a pensare così a lungo al frammento della vecchia personalità dell'amico, che presto quel ricordo si smaterializzò davanti ai suoi occhi.

All'inizio non si trattò che di una scintilla, un breve passaggio che, dalla mente di Will, venne estrapolato per catapultarsi in quella di Donnel. L'immagine venne proiettata per pochi, brevissimi attimi, prima che essa sparisse in maniera definitiva. Il ragazzo strinse i denti, si passò la lingua sulle labbra e provò a rifare di nuovo la stessa cosa.

Si concentrò sui dettagli della reminiscenza, sulle urla della madre, sul pianto disperato che il bambino aveva emesso non appena lei aveva compito la sua ultima, dolorosa spinta; quelle urla sgraziate non poi così lontane da quelle che aveva sentito poco dopo averlo accidentalmente obliato. Chiuse gli occhi e lasciò che il ricordo continuasse a fluttuare avanti e indietro nella sua mente all'infinito, come se così facendo, per osmosi, anche Donnel sarebbe stato in grado di ricordarselo.

Quando riaprì gli occhi, vide che il ricordo generato dalla sua stessa mente si era posizionato nella lunga sequela che sfilava all'interno dello stesso inconscio dell'infermo. Questa volta, tuttavia, non si dissolse.

I suoi occhi si allargarono, colmi di sorpresa. Non immaginava che fosse in grado di poter fare una cosa del genere. Aveva ricreato un'imitazione di una vecchia rimembranza di Donnel e l'aveva sostituita a quella che aveva cancellato. Fece un passo indietro -seppur metafisico-, affascinato e turbato al tempo stesso.

Era un modo per mettere una toppa a quella situazione, ma in fondo sapeva anche lui che si trattava di una memoria finta, artefatta. Avrebbe potuto formare e manipolare la mente di Donnel come preferiva, creando ricordi che non appartenevano realmente a lui, ma che erano solo il frutto di una sua speculazione.

Avrebbe potuto sostituire i suoi momenti più tristi con ricordi più gioiosi, edulcorati dalla triste realtà. Ma così facendo, quanto sarebbe stato "autentico" il Donnel frutto delle sue sperimentazioni? Una persona era composta di istanti tristi, utili a farlo crescere, seppur dolorosi. Assopendoli, il ragazzo non sarebbe mai stato lo stesso di prima. Sarebbe stato un golem, un'anima strappata da qualcun altro e inserito in un involucro che non era più il suo. A quel punto, forse era meglio non averli più, i ricordi.

Rabbrividì, spaventato da ciò che il suo stesso nuovo potere era in grado di fare. Si chiedeva come avesse fatto Caspar in tutti quegli anni a convivere con una forza simile e come, soprattutto, la cosa non gli fosse sfuggita mai, neppure per una volta. O, almeno, questo era quello che aveva percepito all'apparenza. Chissà quanti aspetti spaventosi sul suo conto gli aveva taciuto suo padre.

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