3.9 Il migliore dei mondi possibili (parte 1/2)

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Oliver Blake, incatenato con delle manette contenitive a un letto da campo, era rimasto tutta la notte sotto una rigida sorveglianza. Le bende che avvolgevano il fianco ferito dal colpo di Akash macchiate di rosso. Conciato in quel modo, assomigliava a un prigioniero ripugnante e insulso, uguale a tutti gli altri. Tuttavia, si ostinava a guardare tutti loro con le sopracciglia incurvate verso il basso, lo sguardo che si spostava dal soffitto fino al pavimento. Le labbra fremettero solo nel momento in cui Blanche Van Leeuw irruppe nella stanza in cui lo avevano rinchiuso, il giorno seguente alla sua cattura. A uno sguardo più attento, Kresimir si rese conto che la gamba sinistra della donna si muoveva in modo più rigido rispetto alla destra, partiva in ritardo e restava stesa in aria, come se una ferita recente le impedisse di piegarla.

Le faceva da seguito una squadra più raccolta di soldati, alcuni nell'uniforme grigia e leggera della Nuova Frontiera, altri invece nelle corazze pesanti color verde scuro della Congrega. Kresimir trasalì quando, tra loro, notò Berthold, pallido e con le guance scavate. Dall'ultima volta, aveva perso parecchio tono muscolare; la bassa statura e la corporatura magra gli conferivano un'aria fragile che in passato non gli apparteneva. Gli occhi scuri vagavano tra i superstiti della squadra del Capitano Liu, si fermarono su Kresimir e Madeleine, ma poi proseguivano oltre. Più il tempo passava, più essi si spostavano a scatti. Chiunque cercasse, non era lì.

La Signora della Guerra si avvicinò al Capitano Liu e quello si mise sull'attenti. La baldanza di qualche ora prima era sparita. L'uomo al cenno della donna, partì con il resoconto senza far trapelare alcuna inflessione emotiva. "Abbiamo ispezionato la zona da cima a fondo, mia Signora. Non ci sono tracce della scorta della Vedova Marshall."

La testa scattò in direzione di Blake. "Credo dovrai spiegarci parecchie cose."

L'uomo sollevò appena lo sguardo, strinse i denti per il dolore, o forse per le manette che sfregavano contro la carne viva. "Lo avete sentito il nostro valoroso Capitano, no? Non è rimasto più nessun ostaggio. La mia unità è morta. Potete anche uccidermi."

"Non ancora, Blake." Si era messa davanti a lui, lo sovrastava in tutta la sua altezza. "Che n'è stato di Violet?"

"Si è lasciata morire." La bocca era rimasta semichiusa, un impeto di pronunciare altro, qualcosa che Blake non disse mai. Abbassò il mento e deglutì. "Vorresti usare il tuo potere contro di me, non è così?"

"Te lo meriteresti." La sua voce era ferma. "Ma non preoccuparti, troveremo altri metodi per farti parlare."

"Ma davvero?" I visi dei due erano distanti una spanna l'uno dall'altra. Blake sorrise con aria di sfida e il presunto pentimento che Kresimir gli aveva letto fino a qualche secondo prima, sparì del tutto. Si protese verso di lei. "Conoscendoti, forse so anche cos'hai in mente. Come ai vecchi tempi, Blanche?"

La punta di uno scarpone s'infranse contro la sua mandibola. Oliver cadde per terra, Kresimir vide schizzare sangue dalla sua bocca. Ma Van Leeuw continuò a pestarlo sotto ai suoi scarponi, senza neanche prendere la mira. Lo colpiva ovunque, le sopracciglia contratte, ma il resto del viso ancora, terribilmente, inespressivo. Quando il suo calcio colpì la ferita che gli era stata medicata alla meno peggio, l'ex Ambasciatore si lasciò sfuggire un urlo di dolore.

Nessuno osava muoversi. Gli occhi di tutti erano fermi su quella scena, ignobile, gratuita, ma nessuno intervenne, la paura che l'ira di quella donna si scatenasse contro qualcun altro era evidente nel respiro sospeso di ognuno di loro. Madeleine, accanto a lui, si lasciò scappare un verso di protesta, simile a un mugugno di nausea, ma non fece nulla di più.

Fu solo quando il corpo dell'avversario si raggomitolò in posizione fetale, rosso e immobile, che Blanche si decise ad arrestare la sua furia. Blake, in uno spasmo finale, sollevò appena il capo, la faccia ricoperta da uno spesso grumo rosso. Si fermò a pochi millimetri, poi si lasciò di nuovo cadere. Tutte le volte che provava a immettere aria, dalla sua bocca fuoriusciva un gorgoglio cupo. A Kresimir venne in mente Akash che agonizzava e la flebile compassione che aveva provato nei confronti di quell'uomo venne meno. Odiava ammetterlo, ma forse era stata una sorta di giustizia neutrale a ridurlo in quel modo.

Kepler 442-BDove le storie prendono vita. Scoprilo ora