1.23 Phobos

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La scena si era bloccata giusto un attimo dopo che il proiettile, un dardo composto di una tecnologia che non aveva mai visto prima, era stato sputato fuori dalla pistola di uno degli alieni, il cui viso coperto di una spessa lastra nera si trovava di fronte a lei. Era sul punto di centrare un soldato della Congrega, aveva la bocca spalancata e gli occhi pullulanti di terrore, il volto del panico impresso nel tempo. Il fucile era sollevato a mezz'aria, pronto a rispondere allo sparo, ma sarebbe stato del tutto inutile: sarebbe morto, il colpo lo avrebbe raggiunto ben prima che lui fosse stato in grado di prendere la mira. Era stata una fortuna, per lui, che lei fosse nelle vicinanze.

Raccolse il proiettile sospeso nell'aria con cautela, lo strinse tra pollice e indice e se lo portò vicino all'occhio: era piccolissimo, aveva la grandezza di un tappo di una touch-pen, sottile e leggerissimo. Non appena avvertì una debole scossa elettrica attraversarle il corpo, lo buttò a terra per la sorpresa: forse sarebbe stato molto meglio lasciarlo lì.

Si avvicinò al nemico, pose le mani sul suo petto e applicò una leggera pressione. Quello precipitò a terra senza opporre resistenza, rigido nella medesima posizione con cui era rimasto bloccato nel tempo.

Raggiunse il soldato della Congrega che stava per essere colpito e si rese conto che le forze le venivano meno: presto avrebbe dovuto mollare la presa. Chiuse gli occhi e, nel momento in cui prese a fare respiri più profondi, i rumori di sottofondo tornarono, le voci delle urla dei soldati ripresero a ronzare nelle sue orecchie, la presenza dell'uomo di fianco a lei sembrò tornare alla vita. Con il braccio lo afferrò per l'addome e cominciò a correre. Respirò ancora una volta e, di nuovo, rumore e odori scomparvero. Il tizio risultò molto più leggero di quanto si aspettasse, considerato che indossava una tuta spaziale massiccia. Se lo caricò in spalla e riprese a correre fino a un muretto più riparato, in cui c'erano altre tre persone che si nascondevano per evitare che una pioggia di spari li inondasse. Accasciò il soldato lì di fianco a loro e, nel riprendere la sua corsa, riavviò il tempo.

"Quella è una Venus!" sentì esclamare da dietro le sue spalle, ma non si guardò indietro per una seconda volta.

Con la coda dell'occhio riuscì a scorgere il volto familiare di Jamila. In quel momento non era rimasto più nulla della donna aggraziata e a modo che presenziava alle Assemblee. Combatteva contro uno dei nemici a corpo a corpo, si scagliava su di lui come una furia, il volto spiritato e simile a quello di un felino a caccia che non a quello di un essere umano. Si muoveva sinuosa e disinvolta, ma i calci e i pugni che tirava sembravano avere una consistenza d'acciaio: erano pesanti, grevi, ma non per questo poco studiati.

Nel momento in cui quello riuscì a puntarle l'arma addosso, la donna allargò le braccia e le distese, per poi battere bruscamente le mani: da sotto ai piedi del suo avversario, si aprì una voragine nera, dalla quale era impossibile intravedere il fondo. Riuscire a non precipitare nel baratro fu impossibile per lui. Sparì dalla sua vista e venne risucchiato dal vortice di antimateria e vuoto. La pozza si richiuse in sé stessa e sparì anche l'alieno, di lui era rimasto solo il riecheggio delle sue strilla di terrore.

Continuò ad avanzare, notò che intorno a sé quegli smidollati della Congrega avevano ripreso a combattere con molto più ardore rispetto a quando erano appena sbarcati, segno che i poteri di Jabari stavano facendo effetto. In pochi minuti, tra i resti dei palazzi e le strade martoriate della città, erano più le uniformi nere che quelle rosse a decorare la terra, i corpi dei soldati mutilati e senza vita, rottami di astronavi identiche a quelle che avevano devastato qualche mese prima su Titano dispersi tra la sabbia rossa.

Richiuse di nuovo gli occhi, il suo respiro rallentò e tutto di nuovo si cristallizzò nel tempo.

Safiya rimase a guardare quel fermo immagine fossilizzato tra le pieghe del suo stesso potere, i primi nemici che scappavano verso le vie fuga, una delle loro navi sospese nel cielo, bloccata nel secondo prima di saltare in aria.

Kepler 442-BDove le storie prendono vita. Scoprilo ora