2.7 Ascensione

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Se si guardava alle spalle, erano tante le porte che Will aveva deciso di spalancare e che, giunto a quel punto, avrebbe voluto sbarrarsi dietro per sempre. Se avesse saputo che tutte le decisioni da lui prese lo avrebbero portato su Marte, bloccato in una struttura della Congrega dimenticata dal Mondo a condurre interrogatori sui prigionieri di guerra, non avrebbe mai tradito suo padre. Nessun prestigio o senso del dovere avrebbero sostituito la mancanza di Caspar nella sua vita. La possibilità di conoscerlo meglio era stata la porta che più aveva rimpianto di aver distrutto sotto il peso delle sue scelte avventate.

Aveva deciso di prendersi le sue responsabilità d'Asceso per un mucchio di motivi. Per dovere verso la Congrega, prima di tutto. Per non sentirsi in difetto verso sua madre Jeanne. Per provare sulla sua pelle l'ebrezza di varcare la soglia dell'Olimpo. Per la gloria; anche quello gli era sembrato un motivo più che onorevole, all'inizio. Perché ogni volta che pensava a ciò che aveva lasciato su Titano, giungeva alla conclusione che chi glielo aveva strappato via doveva pagare.

Vendetta, della più spicciola e cruda, nessun sentimento nobile di reale amor di patria lo aveva sospinto a fare quel passo azzardato. Ma, tanto, la Congrega non andava troppo per il sottile quando si trattava di rinfoltire le schiere del proprio esercito, perciò nessuno se ne sarebbe dispiaciuto.

Non era stato in grado neanche di farsi fautore di quell'ideale -becero, sì, ma pur sempre un ideale- perché nel momento in cui quei nemici se li era trovati davanti agli occhi e li aveva visti in carne e ossa, spaventati quanto lui, umani quanto lui, non era stato capace neppure di riversare su di loro tutto l'odio e la rabbia che provava.

Dopo la caposquadra degli alieni, erano passati a mettere sotto torchio anche gli altri prigionieri. Il giorno e la notte avevano assunto lo stesso sapore ferroso del sangue che, immancabilmente, finiva per scorrere per il più futile dei motivi.

Si iniziava dapprima con le domande, ossessive e continue, che in cambio ricevevano solo risposte mute o, al più, qualche frase enigmatica sputata a forza in quella lingua aliena che non sapevano decifrare. Accadeva sempre che qualcuno andasse in escandescenze a causa dei silenzi prolungati, o forse per la pressione, per la guerra, per la lontananza dalla propria famiglia o chissà che altro. Poco importava. Qualunque fosse il motivo, quel qualcuno rivedeva nei prigionieri l'archè di tutte le sue sofferenze: era solo dopo essere giunti a quella macabra epifania che iniziavano i pestaggi, brutali scoppi improvvisi. Oliver Blake si era sfogato sulla vecchia, ma non era stato il peggiore tra loro, né il più efferato. Era solo stato il primo ad aver dato il via alle danze.

Al secondo turno di interrogatori la sorte si accanì su un alieno che, dopo ore e ore di bombardamenti incessanti fatti dei soliti cinque quesiti ripetuti a nastro per ore, un disco rotto che aveva assunto i connotati di una melodia sgraziata, era stato preso a pugni sulla schiena da un sergente dell'Unità Segreta, fermato da Shu appena in tempo. Lo stesso leitmotiv si era ripetuto anche con altri due prigionieri.

La situazione era giunta a un clima così teso che perfino il tenente Mikhajlov aveva perso le staffe e aveva tirato uno schiaffo contro una di loro.

Tra tutte le scene a cui era stato costretto a sottostare, quella era stata l'unica a destare in Will un senso di nausea scomodo, inopportuno date le circostanze, che gli aveva scosso le viscere fino a provare ribrezzo verso lo stesso tenente. Paradossalmente, quello fu il gesto meno spietato. Non c'erano stati pugni, non calci, nè sputi. Uno schiaffo, al confronto con tutto ciò di cui era stato testimone, non era nulla. Quello che lo raccapricciò fu che la reazione spropositata di Mikhajlov fosse scaturita da un pianto isterico a cui si era abbandonata la donna poco dopo aver visto uno dei suoi compagni tornare in cella con le unghie tutte sollevate.

Si era accasciata a terra, contro il pavimento sporco e freddo del suo bugigattolo, e aveva iniziato a singhiozzare. Una reazione umana, la prima che avevano registrato da parte loro. E Mikhajlov aveva agito in quel modo non per sadismo, né per scherno, ma per farla cedere in modo definitivo.

Kepler 442-BDove le storie prendono vita. Scoprilo ora