3.3 Jiuquan

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Scesero sulla Terra al quinto giorno di combattimenti. Dopo aver azionato il dispositivo anti-rilevamento, l'astronave atterrò nella stazione spaziale di Jiuquan senza correre il rischio di ricevere alcun colpo nemico. Oliver era stato lì diverse volte, l'ultima in veste di rappresentanza insieme a Violet Van Leeuw. Quel genere di ispezione istituzionale andava ben oltre la sua carica di diplomatico, ma quel giorno il Generale Marshall si era sentito poco bene e lo aveva pregato di andarci al posto suo: "Non mi fido di nessuno, se non di te."

Per Oliver quella dichiarazione valeva più di mille riconoscimenti o investiture. Aveva guardato negli occhi il Generale e aveva visto in lui un padre illustre che concedeva la sua benevolenza al figlio prodigio. E Violet Van Leeuw lo amava come un fratello maggiore, grata che avesse abbandonato qualsiasi cosa pur di seguirla. Se un giorno avesse avuto il coraggio di rivelarle che quella decisione dipendeva da una questione strategica, solo per arraffare più prestigio possibile, lei si sarebbe rifiutata di crederlo, ingenua e gentile com'era.

Violet era troppo buona per quel mondo di squali. Aveva amato la sorella fino alla prostrazione, e quella in cambio l'aveva trattata come pedina per i suoi giochi di potere. Aveva riposto tutte le sue speranze in Oliver, e lui l'aveva resa vedova di un Gerarca decaduto.

Scesero davanti a un piazzale distrutto, sgomberato dai detriti e dalle polveri solo per fare spazio alla loro nave, le cime delle montagne li osservavano oltre la fitta nebbiolina. Il settore dedicato alle telecomunicazioni era tutto ciò che rimaneva del centro di ricerca, insieme a qualche pezzo di metallo arrugginito appartenente a un satellite mai lanciato in orbita. Sospirò e l'eco del suo fiato gli tornò indietro.

"Si sta bene qui," gli aveva confessato Violet il pomeriggio, dopo l'ispezione ufficiale alla base più importante presente sul pianeta. Dopo giorni fatti di discorsi magniloquenti sulle vittorie spaziali raggiunte dalla Congrega, avevano deciso di visitare i dintorni. Il resto di ciò che li circondava era appestato da un vago odore acre di sostanze chimiche e il cielo era ricoperto da una spessa coltre di nebbia. Ma, sulle montagne, potevano ancora ammirare l'azzurro del firmamento, rischiarato dal Sole, e godere dell'aria pulita. "Le montagne sono gli unici spazi di bellezza eterea che la Terra ancora conserva. Un giorno anche Proxima diventerà così."

"Non puoi saperlo," le aveva fatto notare Oliver, "tua sorella è assennata, non ridurrà il pianeta che ama a una pattumiera."

"Forse Blanche no, ma chi ci garantisce che dopo..." Lasciò la domanda in sospeso, la condensa del suo fiato si sollevò in una densa nube bianca sulle parole non dette. "Sai che in questa regione esistono delle montagne tutte colorate? Le chiamano Montagne Arcobaleno. Un giorno vorrei tanto andare a vederle. Su Proxima non esiste nulla del genere."

L'aria era più pesante quel giorno e il cielo più grigio. Soldati in uniforme nera marciavano di guardia, incessanti, dandosi il cambio per il turno. Dalla città di Jiuquan giungevano scoppi lontani, segno che la città a valle resisteva ancora. Era un concetto che né Anatolij, né Oliver afferravano fino in fondo: la Terra era un corpo morente, la Congrega era distrutta e i comandanti rimasti non si erano ancora organizzati in maniera compatta. Ma avevano deciso di mandare in avanscoperta la loro carta vincente: il Capitano Alistair Liu aveva pronunciato un comunicato a reti unificate la sera precedente, in cui invitava la popolazione a resistere. Lo conosceva bene: non era un uomo virtuoso, era gretto e avido come tutti gli altri. Ma la reputazione e la fama di quell'uomo avevano risvegliato una scintilla di speranza persino tra la popolazione civile. Si combatteva tra i grattaceli delle metropoli all'avanguardia e le viuzze martoriate dei paesini di campagna. In pianeti che erano stati dati per spacciati, alcuni gruppi ribelli erano insorti e avevano avuto la meglio sul loro esercito regolare. A Marvis, una ex rifugiata della base spaziale di Armstrong era riuscita a liberare le strade dai droni rimasti: "Per il futuro dei nostri figli," gridava nelle riprese che la ritraevano in testa alla marcia trionfale.

Kepler 442-BDove le storie prendono vita. Scoprilo ora