3.1 Passato, Presente, Futuro

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Era qualche centimetro più alto rispetto all'ultima volta che lo aveva visto, il viso meno paffuto e dolce, le guance incavate e i lineamenti un po' più spigolosi. Erano i segni di un progressivo passaggio dall'adolescenza alla vita adulta.

La somiglianza con Caspar risaltava in modo impressionante, l'unico elemento fisionomico che li distanziava era il naso schiacciato, di chiara eredità materna. A guardarlo negli occhi, leggermente infossati, avrebbe potuto scambiarlo facilmente per lui. Quelli di Will, però, erano di una tonalità più calda e scura. I capelli erano del medesimo colore di quelli di Cassandra, invece: castano chiaro. Li portava rasati ai lati e tenuti stretti da una coda. Jeanne all'inizio non aveva affatto approvato quel taglio. Il giorno in cui si era presentato a casa conciato in quel modo, aveva storto il naso: "ti fa sembrare un teppista della peggior specie." 

Cassandra aveva subito preso le difese del figlio. "Dai, Jeanne, che sarà mai! Va di moda quest'anno, e poi ha diciotto anni. Sarà pur libero di sperimentare qualcosa di nuovo." Alla fine, dovette cedere e accettare che il rigore militare le aveva indurito i gusti personali. Aveva dimenticato quanto fosse importante per un ragazzo di quell'età esprimersi attraverso la ricerca di uno stile personale. Lei, a diciotto anni, era stata costretta a portare i capelli tagliati in un orrendo taglio a caschetto, senza avere la possibilità di controbattere.

Era cresciuto. Tanto. Non era lo stesso ragazzino che aveva abbracciato forte allo spazioporto prima d'imbarcarsi in quella missione maledetta, poteva intravedere la leggera peluria che iniziava a ricoprirgli le guance e il mento. Ma rimaneva comunque suo figlio. Il bambino che vinceva i primi premi per i progetti scientifici, che collezionava statuette di Ascesi famosi e invitava a casa i pochi amici che aveva per giocare alla Console VR. Il batticuore marcava il ritmo del suo respiro. Gli era mancato perfino più di quanto le fosse mancata sua moglie. L'aspetto poteva averlo ereditato da Caspar e Cassandra, ma il cipiglio perplesso che aveva assunto quando se l'era ritrovata davanti le ricordava più il proprio che quello degli altri due genitori. Il modo in cui si era posizionato, un piede davanti, uno indietro, con i fianchi allineati, era quello che assumeva sempre anche lei quando rimaneva in piedi. 

Era sua madre. Era sempre stata sua madre. Lo aveva fatto salire a bordo dell'astronave che comandava per mostrargliela, lo portava all'osservatorio ogni domenica mattina per guardare le stelle insieme.

"Ciao, Will." la mano tesa verso di lui fremeva.

Will attendeva qualcosa, un cenno o una parola di più. Cercava nel viso di Jeanne un dettaglio che avvalorasse qualcosa, forse la conferma che quella fosse davvero lei. Se glielo avesse chiesto, non avrebbe saputo cosa rispondergli. Qual era la Jeanne che Will aspettava con trepidazione?

Entrambi i braccioli dello zainetto che portava in spalla caddero, il tonfo della cartella risuonò attorno all'ingresso.

"Ci sei anche tu?"

Jeanne si stava per precipitare ad abbracciarlo, ma si fermò all'improvviso. Non l'aveva accolta con l'entusiasmo che si aspettava.

Ruotò la testa in direzione degli altri due genitori. Appena si soffermò su Caspar, indugiò qualche secondo in più.

"Ci siete proprio tutti." un mormorio, emerso appena in tempo perché i primi singhiozzi non gli lasciassero più abbastanza fiato per parlare.

Jeanne fu incapace di muoversi. Sotto il suo sguardo atterrito, Will si era accasciato in ginocchio ed era scoppiato a piangere. Su due piedi, non avrebbe saputo distinguere se fosse commosso o disperato.

Will continuava a singhiozzare, anche quando Caspar si era chinato su di lui e aveva iniziato a massaggiargli la schiena, il palmo della mano che faceva su e poi giù lungo il dorso.

Kepler 442-BDove le storie prendono vita. Scoprilo ora