3.10 Novilunio

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Con la punta delle dita, Anatolij tracciò un percorso invisibile sul viso. Ogni pezzo di lui si reggeva in un insieme di elementi scomposti tenuti incollati tra loro in modo precario. Aveva lasciato che un medico militare gli ricucisse gli squarci, poteva ancora sentire la suola dell'anfibio di Blanche pestargli la carne, con la furia di chi desiderava cancellare ogni traccia. La punta dell'ago che lo punzecchiava, più che aggiustarlo, gli dava l'impressione che volesse deturparlo ancora di più.

Buttato nella sua prigione angusta, uno sgabuzzino così minuscolo da non essere neppure in grado di distendere le gambe, si sentiva vicino a Violet più che mai. Per quanto l'idea lo disgustasse, nessuno dei due era mai stato progettato per compiere grandi imprese.

Maksym. Lui sì che avrebbe potuto fare la differenza. Lottava perché mosso da un sentimento nobile, perché era un Condottiero, qualcuno in grado di muovere le redini della storia. Oliver ci aveva provato, ma non trovava una motivazione migliore per le sue azioni se non la vanagloria. Era un mercenario che si vendeva al miglior offerente.

Lui era ancora vivo. La testa di Maksym, invece, era esplosa in mille pezzi.

Un fruscio sfregò contro la porta oltre la quale era stato rinchiuso. Avvertì un sospiro che ruppe la penosa solitudine della sua prigionia. Rimase con il capo sollevato, in attesa che qualcuno facesse irruzione nella stanza, che lo massacrasse, che gli portasse via un'altra parte del suo Io. Dall'altro lato, però, il misterioso carnefice esitava a entrare.

Scosse la testa. "Qualunque cosa tu voglia farmi, falla e basta."

Udì un altro sospiro. Poi, una voce ovattata. "Cos'è rimasto, lì dentro, di Oliver Blake?"

Deglutì. La voce di Blanche suonava vicino a lui, gli sembrava di poterla toccare con mano. Era reale, non era un'allucinazione. Doveva aggrapparsi a quella sensazione per non impazzire. Si trascinò verso di lei, il formicolio che avvertiva alle gambe si trasformò in un dolore che gli smorzò il fiato. Si appoggiò contro il metallo. Poteva quasi sentirla, la schiena di Blanche, premuta contro l'altro lato della porta, una sola lastra che li separava. Le mani di Oliver che le stringevano il collo fino a soffocarla; il calcio di lei che gli fracassava la mandibola. I corpi intrecciati. Le loro bocche che si univano e poi si separavano, come avevano fatto sempre, per anni.

Inspirò, ma dal naso non passava più aria. Ansimò con la bocca aperta, alla ricerca dell'ossigeno che sembrava sempre più diradato, i punti di sutura che tiravano la pelle.

"Vattene!" soffocò un colpo di tosse.

"No. Voglio che tu mi risponda."

"Non lo so. Lasciami in pace."

Rimasero in silenzio, ma poteva ancora sentire il lieve respiro dall'altro lato.

La voce dall'altra parte riprese a parlare, più stridula, cercava di trattenere le emozioni che tentavano di venir fuori. "Almeno tutto il resto era reale? O hai mentito anche su quello?"

Oliver strattonò il tessuto della sua uniforme ancora sporca, i residui della battaglia incrostavano le pieghe dell'uniforme nera. Una manica sugli occhi, a cancellare lacrime che nessuno avrebbe mai visto. Sapeva a cosa alludesse. Blanche si sforzava di vestire i panni della salvatrice benevola giunta dal cielo per portare pace e giustizia, proprio come aveva provato a fare lui in passato. Ma oltre quel nobile proposito, si nascondeva la smania di voler controllare qualsiasi aspetto la circondasse.

"Ciò che ho fatto, l'ho fatto perché per tutta la vita non ho avuto che un obiettivo: volevo che la Storia e il Tempo si ricordassero di me. Non volevo limitarmi a essere uno spettatore passivo, volevo diventare in grado di plasmare la realtà a mio piacimento. Anche tu vuoi la stessa cosa, vero? Ecco perché nulla potrà mai tornare più come prima, tra noi due."

Kepler 442-BDove le storie prendono vita. Scoprilo ora