1.11 Alafia Gun

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La sala del Consiglio Habitat di Venere si apriva in una struttura circolare, ampi vetri trasparenti la circondavano. Attraverso di essi, il profilo di Alafia Gun, la città-Habitat principale del pianeta, spiccava ben visibile. Grandi palazzi di vetro, simili a massicce colonne di cristallo, sorgevano dal suolo rossiccio, nelle terrazze di ogni edificio il fogliame verde di piante lussureggianti protendeva dalle balaustre. Su alcuni di essi, delle composizioni di edere reticolari ne circondavano interamente il perimetro, avvinghiate alle pareti come tanti piccoli arpioni di vegetazione. Tra i giardini che prosperavano alla base dei grattacieli, Safiya poteva distinguere anche il rosa dei fiori degli alberi di ciliegio e il viola dei cespugli di ortensie.

Il Sole, alto nel cielo, rifletteva i suoi raggi attraverso la curva trasparente della cupola difensiva che schermava l'intera città contro le violente radiazioni solari.

Venere in principio era ricoperto da uno strato atmosferico denso e corrosivo. Il pianeta era rovente e inospitale, a fare da padroni gli enormi vulcani attivi. L'anidride solforosa di cui era composto aveva impedito l'osservazione diretta da parte delle sonde terrestri per lungo tempo e lo aveva sottoposto a un effetto serra naturale e perenne. Nonostante i processi di terraformazione avessero garantito la diluizione della pellicola, ciò non era stato sufficiente affinché esso fosse considerato fuori pericolo per quanto riguardava l'esposizione ai raggi UV. Di conseguenza, i Venus avevano adottato come soluzione definitiva quello di racchiudere le città dentro enormi cupole che avevano lo scopo di incanalare l'energia solare e, al tempo stesso, evitare che quest'ultima provocasse danni irreversibili alla vegetazione e alle persone: gli Habitat.

Safiya aveva sempre trovato affascinante quell'idea. Nonostante, dopo aver raggiunto l'indipendenza dalla Congrega, i Venus avessero avuto l'occasione per dedicare ogni sforzo al miglioramento dell'atmosfera del pianeta, avevano preferito non farlo: gli Habitat erano subentrati nell'identità culturale, la società si basava su di essi e lasciarseli alle spalle sarebbe stato come rinnegare il loro stesso essere.

"Sorella Safiya, vedo che sei già qui."

Distolse lo sguardo dalle pareti vetrate. La sua attenzione venne catturata da un uomo al centro della stanza, la mano poggiata su una lunga scrivania a forma rettangolare dietro la quale erano affilate cinque poltrone dall'alto schienale. Quei posti, esposti agli occhi di tutto il resto del Consiglio, erano riservati agli Ascesi. Il resto della camera, invece, era disposto ad anfiteatro, con le sedute che dal basso si estendevano verso l'alto, in senso circolare. Su ogni posto campeggiavano, visibili anche da lontano, dei pulsanti. Durante l'Assemblea, sarebbero serviti a tutti i Capi Habitat per prenotare il proprio turno di parola, anche se, nei momenti più concitati, nessuno li usava mai.

Safiya sorrise e fece un inchino di reverenza. "Fratello Jabari, sono contenta di vederti."

L'uomo le prese le mani, le portò davanti ai loro occhi intrecciandole tra le sue. Era molto più vecchio di lei, la barba rigogliosa che ricopriva le guance e il mento mostrava già qualche pelo bianco, eppure, Safiya riusciva ancora a cogliere una luce di impetuosità che lo rendeva più giovane.

"Mi hai fatto preoccupare. Appena ho saputo che eri stata coinvolta nell'attacco, ho convocato subito l'Assemblea."

Già, l'attacco. L'unica cosa che Safiya riusciva a ricordare di quel giorno era il fragore dei droni e delle esplosioni che aveva spazzato via il centro di ricerca. Le pareti erano saltate in aria e lei era stata sbalzata via.

Si era tirata fuori dalle macerie per puro miracolo, incapace di formulare un pensiero coerente che non fosse quello di voler uscire da lì, l'aria che a poco a poco diventava più rarefatta. Aveva pensato solo a correre e a salvare quanti più civili poteva. Si ricordò di quel ragazzo, Will, la voce strozzata che chiamava la madre. Ma lei già sapeva che Cassandra Gascon non c'era più. L'aveva vista sparire davanti ai suoi occhi, inghiottita dalle fiamme.

Kepler 442-BDove le storie prendono vita. Scoprilo ora