TERZA PARTE- Gemini

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Le labbra di Cassandra avevano il sapore di aroma artificiale alla ciliegia, lo stesso di un olio per le labbra che utilizzava da anni. Erano dipinte di una leggera sfumatura di rosa, la luce del salotto si rifletteva su di esse e le rendeva lucide e piene. Petali di ciliegio si posarono sulla bocca di Jeanne, poi sulle sue guance, lasciavano dietro di loro tracce rosate. Quando affondò la testa sul suo petto, esse sfiorirono sul tessuto in poliestere del pigiama. Jeanne odiava la consistenza oleosa e i profumi stucchevoli, ma non ne cancellò i segni, né fece in modo di dimenticare il retrogusto dolciastro sulla punta della lingua. Al contrario, sperava che quella sensazione che le riportava alla mente ricordi lontani, tutti legati a sua moglie, rimanesse intrappolata con lei il più a lungo possibile. Lasciò che la bellezza onirica di trovarsela lì dopo mesi di lontananza la seppellisse insieme al vago sentore che tutto quello non fosse reale.

Cassandra sembrava esserci davvero, la persona che stava baciando era lei; poteva toccarla con il solo flettere delle dita; se con il naso si immergeva nell'incavo della sua spalla, poteva respirarne il profumo agrumato, ma non troppo forte, semplice, come lei. Poteva immaginarla mentre trascorreva le serate seduta sul divano a leggere un libro, gli occhiali che scendevano lungo il dorso del naso, una palandrana pesante per proteggerla dal freddo. Leggere, lavorare, studiare, per non pensare a lei, sempre lontana da casa.

Come poteva dubitare di una percezione che affiorava con una tale potenza?

Le fasciò la schiena con le braccia e la spinse verso di lei, i capelli castani le accarezzarono le guance. Un fioco singhiozzo sepolto dal suo abbraccio le accarezzò le orecchie.

"Sono qui, adesso." Le soffiò a un palmo dal naso.

Non riusciva neppure a percepire la presenza di Caspar, che pure si trovava a pochi metri da loro. C'era solo Cassandra, le sue braccia sottili che le circondavano l'addome muscoloso.

Da quanto non la vedeva? Forse erano passati addirittura anni. Aveva perso la cognizione del tempo, a stare sospesa nello spazio.

Già, il tempo.

Il tempo le aveva mescolato le idee. In che posto si trovava? La persona per cui stava piangendo, la donna che teneva stretta nel timore che svanisse, era sua moglie?

Ma il calore bruciava il petto su cui Cassandra l'aveva baciata, la commozione le inumidiva gli occhi stanchi. Non poteva ignorare l'amore che provava per la persona che in quel momento stava abbracciando.

Per lei, quello era sufficiente. Si trovava su Kepler 442-B, una Titano parallela. O una Terra parallela, non aveva ancora capito in che modo i pianeti si traslavano in quel nuovo mondo. Forse aveva vissuto lì da sempre, o poteva darsi che era finita in un Universo alternativo. Le persone, però, restavano le stesse. Si sentiva legata al Caspar di quella realtà. Amava la donna che le accarezzava i capelli ramati.

"Mi sei mancata."

"Anche tu. Mi è sembrato di morire, tutti questi mesi lontana da te."

Alzò la testa e scorse di nuovo il viso di sua moglie, gli occhiali un poco appannati, le guance rosse di commozione. "Ci hanno detto che i vostri radar hanno subito un malfunzionamento."

"Non ricordo molto di quei mesi." Ammise, mentre con la punta del naso le sfiorava la fronte. "Devo ammettere che sono ancora piuttosto confusa."

"Confusa? Credevi di vivere sulla Terra!" Caspar, da lontano, con la sua voce roca, ci tenne a ribadire che fosse ancora lì.

Storse il naso. Se l'intento era quello di rompere l'Idilio, allora ci era riuscito. Anche Cassandra si rabbuiò, gli occhi chiari saettarono verso il corridoio, le labbra per un attimo si assottigliarono fino ad assumere un'espressione circospetta. Incastonato in quel viso piccolo e rotondo, il suo cenno imbronciato assumeva dei contorni quasi teneri.

Kepler 442-BDove le storie prendono vita. Scoprilo ora