3.11 Morte termica

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"E questa sarebbe la festa degli studenti in scambio?"

Dalle pareti bianche e arrugginite di un capannone pulsava una musica dai toni gravi e costanti, le vibrazioni cupe s'impiantarono nel cervello di Will e lo scossero fino a intorpidirglielo. Il terreno limaccioso, coperto da steli marroncini e flosci, tremava sotto ai suoi piedi. Luci al neon prima rosse, poi blu e infine rosa lampeggiavano scontrandosi sui vetri delle strette finestre.

Will si strinse nella sua camicia azzurra e calciò via una lattina di birra nascosta tra l'erba secca; il liquido residuo schizzò fuori e s'impasto con la melma fangosa che gli ricopriva la punta delle scarpe. A sua discolpa, Kresimir e Safiya non avevano specificato che la loro idea di festa era un rave improvvisato in mezzo alle sterpaglie.

"Che hai detto?" alla musica assordante si unì anche l'urlo di Theodore.

I rumori si attutirono per qualche secondo.

"Non. Mi. Sembra. Il. Posto. Per. Una. Festa."

"Eh, già, proprio da perderci la testa."

Quando fecero il loro ingresso, il ritmo martellante lasciò il posto a uno squillo di sirena. La dj alla console, una ragazza dai capelli ricci e biondi, sberciava qualcosa al microfono, ma il cantante che declamava versi tra un beat e l'altro la sovrastava.

Will rimase pietrificato davanti al portone. Il suono acuto gli scosse le viscere. Il grattacielo in cui viveva su Titano esplose davanti ai suoi occhi. La voce del cantante si trasformò in un rombo di aereonave. Le urla d'incitazione della tipa alla console si confondevano con l'ambiente circostante. Il cadavere di Dakarai abbandonato sul ciglio della strada lo guardava con occhi vuoti. Intorno a lui, gente che ballava l'una appiccicata all'altra, il pavimento di brecciolina era bagnato di birra e chissà cos'altro. Una bomba che esplodeva. Fece un respiro, ma l'aria non gli restituì che un forte odore di alcool mischiato con il sudore della gente che ballava in pista. Si appiattì contro il muro, i pori delle braccia e della fronte trasudavano calore. Theodore gli urlò che andava a prendere qualcosa da bere, prima di sgomitare tra la gente, i neon che li coloravano prima di rosso, poi di verde.

Guardò il telefono. Un messaggio. Siamo qui. Mittente: Safiya. Alzò lo sguardo.

Il drop partì dopo un secondo di silenzio, in cui si alzarono le ovazioni della maggior parte dei presenti, i soffitti alti e spogli si riempirono del loro vociare collettivo. Saltarono nello stesso momento, all'unisono, le vibrazioni del pavimento divennero più forti.

Le mani si arpionarono al muro, la schiena aderiva alle pareti umide. Era tutto troppo. Troppa luce, troppa musica. Lui odiava la musica. E non amava avere troppa gente intorno.

Sentì una mano poggiarsi sulla spalla. Sobbalzò.

"Siete arrivati, finalmente."

Safiya sorrideva. Indossava un tubino aderente arancione fluo, il materiale lucido assorbiva il riflesso delle luci stroboscopiche, e degli anfibi dal plateau così alto che Will dovette alzare il mento per guardarla negli occhi. Arrossì. Sicuramente, era molto più appropriata di lui, che sembrava essersi vestito per andare al matrimonio di qualche parente. Kresimir, dietro di lei, era ingolfato in una felpa grande almeno due taglie in più della sua e dei jeans sformati. Gli rivolse un cenno distratto con la testa, poi tornò a bere il suo bibitone azzurro fosforescente. Teneva gli occhi puntati verso la dj, che per fortuna aveva deciso di chiudere la bocca e di limitarsi a schiacciare pulsanti a caso sulla console.

"Tutto bene?"

"Non lo so."

Scoppiò nella solita risata sibillina, una mano premuta sulla bocca. "Non lo sai?"

Kepler 442-BDove le storie prendono vita. Scoprilo ora