1.17 Congrega

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Non appena fu abbastanza lontano dalla stazione di Solar Fields da non riuscire a scorgere neanche la figura abbozzata di Caspar, Will iniziò a correre, inseguito da chissà quali spettri che avevano iniziato ad affollargli i pensieri. Le parole velenose che aveva sputato addosso all'uomo, lo sguardo ferito che gli aveva dedicato poco prima di fuggire, i singhiozzi soffocati che gli era parso di udire in lontananza. Tanti, troppi pensieri cominciarono a ronzargli per la testa, come tante api che brulicavano incessanti intorno al suo cervello. A volte, Will poteva sentirle perfino pungerlo. Ma le ignorò, così come ignorò qualsiasi altra cosa fosse accaduta qualche minuto prima. Aveva fatto la sua scelta, anche se questo avrebbe significato convivere per sempre con la colpa di aver voltato le spalle al suo stesso padre.

Sulle prime, riuscì a scacciare via i cattivi pensieri o, perlomeno, provò a farlo nei primi frenetici minuti di corsa, diretto ovunque, basta che fosse lontano da lì. Ma non appena il paesaggio attorno a lui gli divenne sconosciuto e fu costretto a rallentare, le api tornarono a pungergli il cervello, martellanti. Will adesso poteva avvertire l'eco delle sue stesse parole rimbombargli contro ogni angolo della sua scatola cranica.

Sei patetico. Puntura

Non sei mio padre. Puntura.

Si prese la testa tra le mani e chiuse gli occhi, come se il buio contribuisse a far sparire più in fretta il peso delle sue colpe. Non servì a nulla. Fu nell'oscurità della sua mente, che i pungiglioni lo colpirono con maggior veemenza, tutti in maniera contigua. Sei patetico; non sei mio padre; stai lontano da me.

Aveva la mente ancora avvolta nel buio, quando avvertì un dito affondare nel suo avambraccio. Sbarrò gli occhi e si ritrovò davanti a lui un uomo canuto e con gli occhiali, che aveva tutta l'aria di essere parecchio preoccupato per la sua salute. Will notò subito che indossava un camice bianco su cui sopra vi era affissa una targhetta dorata. "Prof. B. Hobbes". Di sicuro era uno scienziato in pausa pranzo che lavorava alla stazione di ricerca energetica della colonia.

"Si sente bene, giovanotto?"

"Io..." era come se una pallina di catrame gli fosse rimasta incastrata in gola, impedendogli di continuare a parlare. Si guardò intorno: aveva appena varcato la soglia della città, intorno a lui poteva vedere le prime case e i prefabbricati di Solar Fields. Blocchi di cemento bianco, disposti con ordine in fila indiana, sconfinavano davanti ai suoi occhi come una grossa linea tratteggiata, in contrasto con il verde brillante del prato che le circondava. Di tanto in tanto, tuttavia, lembi di sabbia rossa emergevano dal suolo. Poteva vederla depositata, polverosa e fastidiosa, sui muri delle case e per le strade dei viali alberati. Sui tetti di tutte le costruzioni intravedeva il riflesso dei pannelli solari che sembravano brillare al contatto con la luce.

L'uomo continuava a osservarlo, uno sguardo accigliato che gli deformava il volto. "Io..." riprese a balbettare. "Mi deve portare dall'Ambasciatore Blake. Ho appena scoperto di essere un Asceso."

L'altro, per tutta risposta, emise una risatina nevrotica. Lo prese sotto braccio e gli sussurrò a bassa voce. "Senta giovanotto, a me lei pare in stato di shock. Si sieda un attimo e si calmi."

"Non sono vaneggiamenti i miei!" Esplose esasperato e, con un gesto brusco della spalla, si scrollò di dosso il braccio dell'uomo. "Mi serve solo che chiami qualcuno..."

"Mi dica il suo nome, magari se cerchiamo nell'elenco..."

"Non ci sono nell'elenco!" lo interruppe ancora, questa volta in maniera ancora più secca della precedente. "Senta, è una storia complicata. Ho... ho scoperto solo ora di aver ereditato dei poteri, ma non so da chi. Sono stato adottato e..."

B. Hobbes parve spazientirsi. "Beh, mi scusi, ma di solito i ragazzi adottati che hanno un membro Asceso in famiglia sono monitorati e..."

Si ammutolì. Lo sguardo in cagnesco che gli aveva lanciato Will parve fargli cambiare idea. "Va bene, adesso vado a cercare qualcuno." Gli puntò il dito contro "Non si muova di lì."

Kepler 442-BDove le storie prendono vita. Scoprilo ora